Settant’anni fa, nell’estate del 1954, esordiscono ufficialmente i Browns – Bonnie, Jim Ed, Maxine – un trio country che, in breve tempo, scala la top ten del genere (diffusissimo nel Sud degli Stati Uniti), arrivando persino a contendersi le classifiche popular, restando in vetta per almeno un decennio, fino a quel Grand Ole Opry Favorites (1964, anno forse non caso della British Invasion e della Beatlemania) che a detta dei critici, resta l’album migliore e al contempo il vinile divisivo, anticipatore dell’inesorabile declino e del parziale oblio: i Browns, in quanto tali, nella formazione originaria faranno ancora sporadiche rentrée – quale modernariato revivalista – oltre il tardivo inserimento nella Country Hall of Fame and Museum nel 2015 a Nashville.
Già nel 2010, però, sui Browns esce un libro di Rick Bass che ne romanza le vicende, Nashville Chrome, un testo che, all’epoca, ottiene svariati riconoscimenti e iperbolici elogi da parte di giornalisti e studiosi e che solo alla fine del 2023 viene tradotto (dalle edizioni Mattioli 1881) con lo stesso titolo e con un lungo occhiello: «The Browns, la storia vera del loro successo e del loro leggendario sound». In realtà il tema biografico e l’aspetto musicologico vengono trattati – di proposito – con beneficio d’inventario, lasciando però che la fiction approfondisca le questioni psicologiche dei tre che durante la stesura del testo – durata ben cinque anni – l’autore incontra volentieri per capire e narrare quanto accade a un gruppo composto da un fratello e due sorelle, da una famiglia proletaria in una zona povera degli Stati Uniti, arrivati alla fama internazionale, per cadere nel dimenticatoio, forse in conseguenza di una serie di errori presenti fin dagli esordi.

INESPERIENZA
Bass in Nashville Chrome insiste su alcune ingenuità commesse dai Browns, i quali, giovanissimi, per inesperienza, s’affidano come manager al pescecane di turno, un po’ come fa, nello stesso periodo, Elvis Presley nella cieca fiducia al colonnello Parker. E proprio il re del rock and roll è la principale figura-ombra del romanzo: irrompe, «collega di lavoro», agli inizi delle rispettive fortune, ma si allontana dai Browns non appena la gloria e il denaro trasformano (in peggio) l’uomo e l’artista. La rottura fra il trio e il rocker, nel libro, è anche causata da Bonnie, eterna fidanzata che rifiuta di sposarlo, nel momento della transizione da «bravo ragazzo» a divo capriccioso, sempre più caricatura di se medesimo. Tra le altre ingenuità preoccupa anche la decisione frettolosa, nonostante le premure di Chet Atkins (eccellente chitarrista e accorto produttore), nello sciogliere il trio: Jim Ed prosegue la carriera in duo con la giovane Helen Cornelius, Bonnie vive felice in campagna con due figli e marito medico, solo Maxine cade in depressione, preda dell’alcol per lungo tempo: è ormai troppo anziana, una volta disintossicatasi, per esibirsi da solista (rifiutata dalla major Rca in modo brusco) o in gruppo, visto che gli altri due Browns si godono una serena quotidianità, grazie al sostegno delle loro famiglie, mentre Maxine resta sola dopo un matrimonio fallimentare.
Sin qui la finzione letteraria, ossia la ricerca della verità, tra fantasia e realtà, che per uno scrittore prescinde dai fatti nudi e crudi o dal loro andamento cronologico, suggerendo invece percorsi interiori e metamorfosi sofferte a rendere comunque Nashville Chrome plausibile e interessantissimo. Ma alla fine nasce spontanea la domanda: chi erano i Browns? In Italia mancano informazioni o ricordi diretti, anche perché, da un lato, le loro tournée europee toccano solo i paesi nordeuropei, dall’altro l’unico successo planetario – il brano The Three Bells (1959) – è una cover da Les trois cloches (1945) del cantautore Gilles Villard, ben nota al pubblico tricolore in altre significative versioni anche nella nostra lingua. Ancor oggi, nonostante il fil rouge che li lega a Elvis per molto tempo (senza mai collaborazioni reciproche su disco o in concerto), persino in America e nel resto del mondo, dei Browns si ricorda assai poco, magari a causa di uno stile sonoro in apparenza obsoleto, in realtà precursore delle vocalizzazioni a due/tre voci nel pop e nel rock dagli Everly Brothers ai Beach Boys, dai Sandpipers fino addirittura ai Beatles e persino a Crosby, Stills, Nash & Young. Quelle armonizzazioni perfette nel gioco di solismi e controcanti, vengono dunque prese a modello non solo dal Nashville sound ma anche da vocal group moderni (Lady A e Little Big Town) e soprattutto dal British beat: oltre Lennon e McCartney, anche gli Hollies, i Kinks, i Dave Clark Five, gli Herman’s Hermits, i Searchers, i primi Bee Gees.
Al di là del Nashville Chrome, la vera storia dei Browns, musicalmente parlando, inizia quando James Edward (1934-2015) e la sorella maggiore Maxine (1931-2019) – e in seguito la minore Bonnie (1938-2016) -, dopo alcune performance individuali a Pine Bluff, nel 1954 firmano un contratto discografico come duo canoro, guadagnando in fretta il riconoscimento nazionale e un posto come ospiti fissi nel programma radiofonico di Ernest Tubb grazie alla canzone autoprodotta Looking Back to See, che, a sua volta, raggiunge la top ten del country and western e rimane in classifica per l’intera estate 1954; il brano nell’immaginario da cowboy, sarà di nuovo un successo nel 1972, ripreso da Buck Owens e Susan Raye. Intanto nel 1955 con la diciottenne Bonnie, allora neolaureata, Maxine e Jim Ed diventano un perfetto trio che si esibisce per la prima volta al Louisiana Hayride di Shreveport, in Louisiana. Alla fine del 1955, i Browns appaiono al KWTO di Springfield (Missouri) ottenendo un altro successo fra i primi dieci con la languida Here Today and Gone Tomorrow ancor più popolare grazie alle apparizioni nell’Ozark Jubilee della rete ABC: per Maxine Brown si tratta della «nostra vera svolta». Il produttore Si Siman li vede e li pone sotto contratto con la Rca Victor nel 1956 (in contemporanea a Presley), favorendo a breve altre due notevoli hit con la ritmata I Heard the Bluebirds Sing e la romantica I Take the Chance, che in realtà è una cover dei Louvin Brothers che già prelude alla stretta armonia browniana.

NOMINATION
Nel 1959 il citatissimo The Three Bells – tre anni prima un successone per la grande Edith Piaf et Les Compagnons de la Chanson e nel 1976 con l’italiana Schola Cantorum – raggiunge la vetta nelle classifiche pop e country di Billboard Hot 100. La canzone arriva persino al numero 10 nella classifica r&b sempre di Billboard. Nonostante la semplice coincidenza del testo (riguardante la vita di un personaggio chiamato «Jimmy Brown») la registrazione vende oltre un milione di copie e ai Grammy Award 1959 viene nominata come Disco dell’anno e Miglior performance vocale mentre i Browns ottengono una nomination come Miglior gruppo. L’America celebra il trio sia in noti programmi tv, dall’Ed Sullivan Show all’American Bandstand sia attraverso nuovi 45 giri, da Scarlet Ribbons a The Old Lamplighter, entrambi con ottimi piazzamenti nelle hit parade pop e country. Nel momento in cui (1963) il trio si unisce al Grand Ole Opry le vendite dei dischi iniziano calare e Jim Ed decide di lavorare come solista (sempre per la Rca) mettendo rapidamente in ombra le ultime incisioni a nome The Browns – Big Daddy e I Will Bring You Water del 1968 – di fatto con la sola Maxine quale vocalist principale, con Jim Ed a fornire solo una voce di sottofondo. La reunion «inevitabile» avviene ad anni Ottanta inoltrati con qualche occasionale concerto, mentre un piccolo tentativo per riabilitarli giunge dallo special della Pbs Country Pop Legends, dove i tre intonano The Old Lamplighter e The Three Bells (visionabili in rete, mentre scarseggia ogni presenza televisiva antecedente).
Finalmente, il 3 giugno 2018, presso il Center for Performing Arts dell’Arkansas University a Little Rock, ai Browns, con la sola Maxine, viene conferito il premio «Lifetime Achievement Award» durante gli Arkansas Country Music Awards, insieme ai compagni nativi della zona Johnny Cash, Glen Campbell, Ed Bruce e Wayne Raney.

FUORI I DISCHI
Jim Edward, Maxine, and Bonnie Brown (1957)
Sweet Sounds by the Browns (1959)
Our Favorite Folk Songs (1961)
Grand Ole Opry Favorites (1964)
The Best of The Browns (1966)
Rockin’ Rollin’ Browns (1984)
The Three Bells (1993)
Family Bible (1996)
The Complete Hits (2008)