«The Big Sick», contro ogni pregiudizio
Al cinema Il film di Michael Showalter è diventato uno degli autentici successi dell’anno (50 milioni di dollari al botteghino Usa) e uno dei lungometraggi che meglio soddisfano le pulsioni dello zeitgeist
Al cinema Il film di Michael Showalter è diventato uno degli autentici successi dell’anno (50 milioni di dollari al botteghino Usa) e uno dei lungometraggi che meglio soddisfano le pulsioni dello zeitgeist
Acquistato per dieci milioni di dollari da Amazon, immediatamente dopo la prima allo scorso Sundance Film Festival e uscito a inizio estate, The Big Sick, di Michael Showalter, si è lentamente fatto strada come uno degli autentici successi dell’anno (50 milioni di dollari al botteghino Usa) e uno dei film che meglio soddisfano le pulsioni dello zeitgeist -una commedia romantica contro i pregiudizi (di razza e cultura), tratta dalla biografia del comico pachistano Kumail Nanjiani (il Dinesh della sitcom HBO Silicon Valley), che firma la sceneggiatura, insieme a sua moglie, Emily Gordon, ed è anche il co-protagonista. The Big Sick è prodotto da Judd Apatow e dell’universo apatowiano riflette molto bene il Dna generazionale, la tensione umanista e autobiografica, la centralità dei rapporti di coppia e dell’universo domestico, e l’amore profondo per il backstage della commedia stand up (anche se non nella dimensione nevrotica e dark esplorata da Apatow nel suo lavoro tutt’oggi più interessante, Funny People).
È un film, come molta produzione indie lanciata dal Sundance, che mette l’accento sull’attore e sulla sceneggiatura, piuttosto che sulla ricerca formale. Con echi autoironici che ricordano il tono e la voluta sgangheratezza della la bella sitcom di Louis C. K. Louie (ma meno «senza rete» del lavoro del comico newyorkese recentemente caduto in disgrazia), The Big Sick, introduce Kumail come un aspirante comico chicagoano, che di giorno fa l’autista per Uber e di sera cerca di farsi notare in un piccolo comedy club, dove la massima aspirazione è farsi invitare dal solito talent scout annoiato a un festival della commedia di Montreal.
A casa, la tradizionalissima famiglia di Kumail pensa che lui stia studiando per diventare avvocato e considera le velleità artistiche del ragazzo un semplice passatempo, da interrompersi una volta conseguita la laurea e dopo il matrimonio, a cui la mamma di Kumail lavora instancabilmente, invitando a cena, una dopo l’altra, una fitta galleria di bellissime ragazze pachistane. Lui tergiversa ma non dice mai di no, accumulando decine e decine di foto delle possibili mogli, in una scatola di sigari.
Si innamorerà invece di una ragazza magra, buffa e bianchissima, Emily (nel film interpretata da Zoe Kazan), con cui guarda La notte dei morti viventi e Vincent Price in The Abominable Dr. Phibes, che però ha paura di presentare ai suoi. Quando Emily scopre la scatola di sigari lo lascia. Ma poi finisce in coma indotto, causa un’infezione, e lui si ritrova al suo capezzale, insieme ai genitori di lei (Holly Hunter e Ray Romano). Imbarazzo, dolore, viltà, e ancora bugie, la doppia vita di Kumail non può che arrivare a un breaking point. Assorbita la lezione di Apatow, Nanjihani e Showalter non hanno paura di confrontarsi con i peggiori istinti umani, convinti però che, alla fine, sono sempre quelli migliori a vincere.
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