Thailandia dopo le esplosioni, i militari: «Tutto sotto controllo»
Thailandia Il ruolo della monarchia e degli oppositori in un paese contraddistinto dalle tensioni sociali. La polizia riapre strade e invita i turisti a uscire dagli alberghi. Sulle indagini: «Crediamo sia stata una rete guidata da un pianificatore»
Thailandia Il ruolo della monarchia e degli oppositori in un paese contraddistinto dalle tensioni sociali. La polizia riapre strade e invita i turisti a uscire dagli alberghi. Sulle indagini: «Crediamo sia stata una rete guidata da un pianificatore»
Nel giugno 2006 la monarchia thailandese ha festeggiato i 60 anni di regno di re Bhumibol, la più longeva tra le monarchie esistenti. Milioni di persone andarono ad ammirare la cerimonia, vestite rigorosamente di giallo, il colore della corona. Ad assistere alla cerimonia ufficiale dei festeggiamenti c’era tutta la famiglia reale, con moglie e figli, l’esercito e l’allora primo ministro Thaksin Shinawatra. Il re era da solo, circondato dai militari. Il principe Maha Vajiralongkorn, figlio ed erede al trono, ma per niente amato, era seduto distante da lui. Presente anche la favorita dei thailandesi, la principessa Chakri Sirindhorn. Il primo ministro Thaksin osservava e venne ripreso dalle telecamere mentre guardava, annoiato, l’orologio. Da lì a poco sarà deposto da un golpe. Nel 2014 sua sorella ne subirà un altro, il dodicesimo dal 1932.
Nelle immagini del sessantesimo anniversario – secondo molti osservatori delle vicende thailandesi – si rappresentò il paese attuale: un re protetto dai militari, con un problema di successione e una parte del paese (rappresentato da Thaksin) completamente separato. Queste fratture nella società, oggi retta da una giunta militare e con una legge di lesa maestà che serve per assicurare il controllo, potrebbe saltare da un momento all’altro, anche alla luce della serie di bombe esplose nei giorni scorsi.
Come ritengono analisti del Guardian, «molti in Thailandia sono nervosi per quello che riserva il futuro e hanno buone ragioni. I militari difendono i propri interessi ma le loro forme di controllo possono solo sopprimere più sciogliere le tensioni della società. E non si può sopprimere per sempre. Prima o poi il paese dovrà far fronte a queste sfide». Gli attacchi che hanno colpito alcune zone turistiche della Thailandia sono dunque un segnale. Sono state colpite zone simbolo, compresa la residenza della monarchia, per quanto sia il re sia la regina vivano da tempo in ospedale, gli attacchi sono stati effettuati nel giorno del compleanno della regina e pochi giorni dopo il risultato del referendum che ha sancito la modifica costituzionale con la quale i militari si assicurano ancora più controllo.
Si ripeterebbe dunque lo schema visto negli ultimi anni: monarchia, esercito ed elite urbane, contro le camicie rosse di Thaksin, a rappresentare quegli strati sociali rurali che richiedono un proprio spazio nella gestione del potere politico ed economico. Non ci sono buoni e cattivi, naturalmente: Thaksin per quel poco che è stato al potere ha dimostrato di non essere propriamente democratico, nonostante la propria campagna populista fatta di promesse (come ad esempio un sistema sanitario più equo). La giunta militare sembra avere le idee chiare: è stato un sabotaggio interno. I primi arresti però sono ambigui, perché secondo i media locali tra i due fermati a seguito degli undici ordigni dei giorni scorsi ci sarebbe anche Prapas Rojanapithak, ex camicia gialla, dunque facente parte del gruppo politico più vicino a re ed esercito, nonché estensore della Costituzione del 2007.
Prapas però avrebbe anche firmato un documento insieme ad altri 90 accademici delle regioni meridionali del paese contro il colpo di stato che depose proprio Thaksin. L’ex attivista avrebbe negato qualsiasi legame con chi ha effettuato gli attacchi. La polizia segue un’unica pista e ritiene che tutti gli attacchi abbiano un unico mandante. «Crediamo sia stato il lavoro di una rete guidata da un pianificatore», ha detto il vice capo della polizia ma «non è ancora chiaro quale sia il movente», ha aggiunto, sottolineando che i responsabili non sono da ricercare tra i separatisti islamici del sud.
La situazione sta lentamente alla normalità: a Hua Hin e Phuket, le strade chiuse dalla polizia sono state riaperte. Vedremo: la Thailandia è un paese che accoglie decine di milioni di turisti ogni anno e che nasconde al proprio interne durissime battaglie politiche e una vicinanza impressionante con gli Usa: il paese venne usato durante la guerra con il Vietnam come base per i bombardamenti e anche in seguito il legame rimase solido.
Tanto che nel 2009 l’ambasciatore americano in Thailandia, Eric G. John, sottolineava che essendo uno dei pochi paesi alleati agli Usa nell’area «la Thailandia è cruciale per i nostri interessi», riferendosi forse anche alle prigioni dove sono stati interrogati i prigionieri di al Qaeda. Del resto il re thailandese è nato in Massachussets (e ha studiato in Svizzera).
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