Internazionale

Texas: Profondo Rosso

Le primarie in Texas inaugurano la stagione elettorale "mid-term". I repubblicani presentano un candidato ultraconservatore a governatore e suonano la carica per riprendersi il senato di Washington e "azzoppare" Obama.

Pubblicato più di 10 anni fa

 

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Con una popolazione di 26 milioni di abitanti, il secondo territorio  per estensione (più grande solo l’Alaska) e un economia pari a quella della Corea del Sud il Texas ha il suo peso nella politica americana; così le primarie tenute ieri nello stato della stella solitaria hanno in qualche segnato l’inizio effettivo della stagione elettorale di mezzo termine. Il Texas è profondamente  “rosso” (nel senso di conservatore) e comunque, col suo collegio elettorale forte di 38 voti, un contrappeso essenziale agli stati democratici delle coste e la roccaforte repubblicana più importante nelle elezioni presdienziali ,. Da questa “anti-California” parte la rincorsa dei repubblicani per riconquistare a novembre il senato e con esso la maggioranza bicamerale nel congresso che permetterebbe loro di vanificare gli ultimi due anni della presidenza Obama. Lo stato che fu base politica di Lyndon Johnson e’ da tempo diventato roccaforte inespugnabile dei Bush, non ha un governatore democratico da 20 anni e di recente ha visto semmai un estremizzazione ideologica con l’affermarsi della frangia oltranzista del Tea Party.

L’ethos texano si è affacciato  perfino agli Oscar quando il texano doc  Matthew McConaughey ha rotto il protocollo hollywoodiano, ringraziando Dio col suo inconfondibile accento sudista impastato di Paul Newman e Jerry Lee Lewis. Il premio che aveva appena ricevuto era per l’interpretazione di un cowboy di Dallas omofobo, razzista e xenofobo. Figura sicuramente familiare  ai texani che da 13 anni sono governati dal governatore Rick Perry, grande appassionato di Stetson e stivali d’ordinanza e le cui vedute su molti argomenti sono simili a quelle inzialmente espresse da Ron Woodroff, il personaggio di Dallas Buyers Club.  Quando due anni fa Perry ha “esportato” le sue posizioni anti-aborto, pro-pena di morte, anti-sodomia e ferventemente a favore delle armi da fuoco su scala nazionale,  si sono rivelate disastrose per la sua campagna presidenziale.

In Texas intanto rientrano nella media, anzi, con la fronda ideologica del Tea Party, gli ultimi anni hanno visto una deriva ancora più conservatrice. Ad esempio proviene da Houston Ted Cruz, il senatore iperconservatore che ha guidato lo “shutdown”,il boicottaggio che ha messo in ginocchio il governo federale tenendo il paese ostaggio della riduzione del debito e della spesa pubblica che sono i mantra conservatori. Quando è uscito Lone Survivor, per dire, l’apologia militarista di Peter Berg sulle eroiche azioni dei Navy Seals in Afghnanistan ha galvanizzato la destra, facendo incassi record negli stati rossi. Solo in Texas però  alcuni multisala hanno addirittura cancellato tutti gli altri film per programmare lo splatter patriottico a “reti unificate”.

In questo quadro sembrerebbe impossibile posizionarsi a destra dell’attuale governatore-cowboy eppure il vincitore delle primarie per succedergli, l’attuale procuratore generale dello stato,  Greg Abbot, c’è  riuscito. Abbot che da attorney general ha querelato il governo federale per evitare di applicare la riforma sanitaria di Obama al suo stato, ha scelto come protavoce nientemeno che Ted Nugent; parliamo dell’ex rocker del Michigan che è passato da metallaro a guitto della frangia reazionaria più estrema, inframezzando i reality TV in cui caccia selvaggina con un archibugio a crociate  feticiste pro armi da fuoco. Uno che un paio di anni fa si e’ presentatao sul palco imbracciando mitragliatrici e invitando “Obama, pezzo di merda ciucciati queste”, aggiungendo: “Hillary, cavalca una di queste, brutta troia” . Nella primaria texana a nome di Abbot, Nugent non ha tardato a farsi riconoscere definendo il presidente un “bastardo subumano”. Ciononostante (o probabilmente proprio per questo) Abbot ha vinto con larga maggioranza e sarà il candidato repubblicano a governatore. A novembre affronterà la democratica Wendy Davis  assurta a notorietà nazionale lo scorso giugno quando ha condotto un “filibuster” nel parlamento dello stato, tenendo la parola per undici ore per tentare di  bloccare un disegno di legge che avrebbe reso illegale abortire dopo venti d settimane di gravidanza. La legge poi è stata comunque approvata dalla maggioranza repubblicana e firmata da Perry che da allora schernisce Davis, madre single di due figlie,  che ha lavorato da cameriera per laurearsi ad Harvard, col nomignolo di “Abortion Barbie”.

Davis è per il controllo delle armi, per i diritti dei gay  e la depenalizzazione della marijuana – in altre parole per vincere in Texas avrebbe bisogno di un miracolo.  Eppure le aspirazioni repubblicane per una riscossa “texana” non sono assicurate. Intanto la fallita campagna presidenziale di Perry che come molti “compatrioti” minaccia periodicamente l’idea di una secessione dello stato dall’Unione, ha dimostrato che l’oltranzismo texano non è automaticamente applicabile su scala nazionale. In secondo luogo la “deriva demografica” che vede la componente ispanica della popolazione in crescita verticale come nel resto del quadrante sudoccidentale, gioca a sfavore dei conservatori. I latinos Tex-Mex continuano a mostrare una generale propensione democratica e sono stati una parte fondamentale della coalizione obamiana. È vero che votano in percentuali ancora molto inferiori alla media e non a caso una componente della strategia repubblicana, in Texas come altrove, è quella di applicare restrizoni più severe al diritto di voto per scoraggiare l’afflusso delle minoranze etniche. In sostanza anche nel Lone Star State si assistera negli anni a venire alla dinamica del “grigio contro bruno”, dove un élite bianca sempre più esigua ed anziana tenta di mantenere il potere dinanzi all’avanzata demografica e politica di giovani minoranze etniche. Una macrotendenza che richidera’  tuttavia tempi ben più lunghi di quelli a disposizione dei democratici per tentare di sventare la paventata “rimonta” repubblicana nelle elezioni di novembre.

 

 

 

 

 

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