Racconti su commissione (3)

Anna Gruttadauria fa per passione e professione la maestra elementare, e mi ha commissionato per i suoi alunni un testo sui Quattro Elementi Naturali. Sabato 6 agosto ho pubblicato qui Acqua e Fuoco. Ecco Terra e Aria.
La signora Terra teneva sempre i piedi per terra. Era umile e pensava e parlava terra terra: «mi manca la terra sotto i piedi»… «non sta né in cielo né in terra»… Il suo colorito non era bianco, nero, ambrato, rosso, giallo – era terreo. Non era per niente ricca: il suo vasellame e le stoviglie, le piastrelle e i lavandini, il water e il bidet, erano di terraglia. I vasi? Di terracotta. La sua casa? Aveva un terrazzino. Non amava il mare che non sta fermo mai, preferiva la terraferma, anche se teneva una gran paura del terremoto. Dipingeva a tempera con pochi colori – i suoi preferiti erano la Terra di Siena e la Terra bruciata. Ogni anno pellegrinava in Terra Santa, e rivisitava tutte le strisce di terra contese da israeliti e palestinesi, le terre di nessuno. Era rimasta un po’ bambina, il suo gioco preferito era il girotondo, dove ci si dà la mano e si gira in cerchio fino a cadere recitando una filastrocca, sopra tutte quella che canta: «Giro giro tondo / Casca il mondo / Casca la Terra / Tutti giù per terra!»

Era un tipo tutto fuoco, il signor Fuoco, amava versare benzina sul fuoco e soffiare sul fuoco e mettere tutto a ferro e fuoco, e non sopportava chi versava acqua sul fuoco, e odiava i vigili del fuoco. Ma i suoi sfoghi non duravano a lungo: erano un fuoco di paglia. Se lo avversavi, o ti cuoceva a fuoco lento, o dava subito fuoco alle polveri, aggredendoti con parole di fuoco, e ti bollava a fuoco. Era suscettibile, scherzare con lui era scherzare col fuoco. Da bambino il suo gioco preferito era acqua acqua fuoco fuoco. Da ragazzo girava di notte nei cimiteri, a vedere le fiammelle che si accendono a contatto con l’aria della fosfina prodotta dalla decomposizione dei cadaveri, i fuochi fatui. Da adolescente aspettava con ansia il Capodanno, per fare i fuochi di artificio. Giovane, divenne fotografo, perché adorava regolare l’obiettivo in modo da ottenere un’immagine nitida, mettendo a fuoco. Da grande rallentò un po’, gli piaceva sempre più fare una cosa alla volta, e non metteva mai troppa carne sul fuoco. Ma giurava sempre mettendo la mano sul fuoco.