«Smettere di fare macchine sarebbe una sconfitta, perché si fanno bene». Usa il presente Matteo Renzi nell’ultima tappa del tour meridionale. A Termini Imerese, dove le macchine non si fanno da quattro anni, istituzioni, sindacati e l’intera comunità cittadina riunita al Comune gli danno credito. L’impegno del premier è preciso: «Fiat ha dato il via libera a far entrare un nuovo produttore di auto, io ci metto la faccia per la reindustrializzazione».

In arrivo da Gela dove aveva rassicurato «sul core business», «la chimica verde», e le «radici» di Eni – «il mantenimento dei livelli occupazionali» – Renzi affronta di petto la crisi aziendale data «per persa» da molti. Il 7 novembre promette di tornare con un piano industriale preciso. Si parte dalle ipotesi sul campo – la macchina ibrida di Grifa e l’interesse dei cinesi di Brilliance, con cui si cercherà un accordo nell’incontro bilaterale di ottobre con il governo di Pechino. I commenti dei sindacati sono positivi. «Molti davano questa vertenza per finita – spiega Michele De Palma, responsabile auto della Fiom Cgil – Renzi è venuto qui e ha preso impegni importanti. Ora ci auguriamo di firmare entro ottobre a palazzo Chigi il nuovo progetto industriale che riporti al lavoro tutti i 1.200 operai di Termini Imerese».

I cancelli di Termini sono chiusi dal 23 novembre 2011. Marchionne decise così: produrre le Ypsilon in Sicilia era troppo costoso. Finì quel giorno il sogno dell’auto siciliana, della SicilFiat negli anni Settanta e Ottanta, degli allora 3.500 operai e degli attuali 800 diretti più 500 dell’indotto, sempre seconda fabbrica in Sicilia dopo la St Microelectronics di Catania.

Quasi quattro anni di lotta di un’intera comunità che non vuole rinunciare al lavoro. Quattro anni di blocchi stradali, occupazioni di ferrovie e municipio, false promesse, vere beffe. Quasi quattro anni di cassa integrazione per gli operai diretti – che finiranno inderogabilmente a fine anno – di disoccupazione e disperazione per quelli di un indotto ormai sparito. Nel mezzo la beffa Dr motor di Massimo Di Risio, piccolo imprenditore molisano che voleva diventare grande assemblando le sue auto cinesi – ironia della sorte – nell’ex stabilimento Fiat.

Spalleggiato e appoggiato fino alla fine da Invitalia di Domenico Arcuri, advisor all’epoca del dossier Termini Imerese appena confermato ad dell’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti dal governo Renzi, Di Risio si rivelò un bluff. Faceva fatica a pagare il suo centinaio di operai di Macchia d’Isernia, figurarsi tredici volte tanti. Le banche lo abbandonarono subito e il progetto naufragò nel 2012.

Da quel momento si ripartì da zero, con Fiat che non ha mai agevolato la reindustrializzazione dello stabilimento. I pochi – meno di cento – posti di lavoro ripristinati hanno riguardato progetti collaterali: biodinamica, logistica, set cinematografici. Niente a che vedere con le auto, né con l’industria.

Con l’arrivo della giunta Crocetta, la Regione ha cercato una nuova soluzione. Trovandola nella prospettiva dell’auto ibrida, inedito quasi assoluto in Italia. Ma il soggetto che dovrebbe realizzarla – naturalmente sovvenzionato dalla Regione – non appare solido e con grande reputazione. Costituita pochi mesi fa, la Grifa (Gruppo italiano fabbrica automobili) è controllata da Energy Crotone 1, società con sede a Bolzano che si occupa di energie alternative, con al vertice una finanziaria milanese assai chiacchierata. Alla guida c’è Augusto Forenza, 72enne commercialista napoletano, per anni braccio destro di Mario Maione, imprenditore che spaziava dalla fornitura di componenti a Fiat alla produzione di pasta, coinvolto in una serie di fallimenti. L’idea di Grifa è realizzare una piccola autovettura ibrida. La promessa è immetterla nel mercato entro 18 mesi e riassumere «non meno di 400 addetti».

Ora i cinesi, dunque. Annunciati e fatti filtrare dal governo e confermati ieri da Renzi in municipio. L’ottavo produttore di auto cinese è famoso più per la una joint venture paritaria con Bmw, primo fra i giganti dell’auto a scoprire le potenzialità della Cina nell’ormai lontano 2003. Ma anche la Brilliance China ha le sue pecche. Ha già cercato di entrare nel mercato europeo, ma con scarso successo. Nel 2007 il prototipo Bs6 non passò l’esame del crash test europeo (una stella su cinque) con modifiche che fecero aumentare sensibilmente il costo.

Morale della favola: nel novembre 2009 Hso motor, l’azienda che lo commercializzava in Europa, fallì miseramente. Non un buon precedente per Termini Imerese.