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Teresa Parodi: «Abbiamo dimenticato troppo in fretta la ferocia della dittatura»

Teresa Parodi: «Abbiamo dimenticato troppo in fretta la ferocia della dittatura»Teresa Parodi – foto di Alberto Treglia/Meta studio

Musica Cantante, poetessa e attivista argentina, conclude stasera il suo primo tour italiano a Sanremo per il Premio Tenco

Pubblicato circa 3 ore faEdizione del 18 ottobre 2024

Incuriosito dall’omonimia, il compianto musicista sardo Andrea Parodi è stato uno dei primi in Italia ad ascoltare e apprezzare la cantautrice Teresa Adelina Sellarès, una delle grandi rappresentanti della musica popolare argentina e latinoamericana, meglio nota come Teresa Parodi, prendendo il cognome del marito Guillermo, perseguitato dalla giunta militare negli anni ’80. Finalmente questa poetessa e attivista per i diritti civili, soprannominata la voz del pueblo per la sua lunga e fortunata carriera, ex ministra della cultura nel governo di Cristina Kirchner nel 2014, è arrivata nel nostro paese grazie ai buoni uffici di Tosca, la cantante romana che l’aveva conosciuta lo scorso anno durante una serie di concerti in Argentina organizzata dal consolato italiano. Dotata di una grande presenza scenica e di una voce stentorea e calda. Il suo tour è partito da Officina Pasolini a Roma e poi ha toccato anche Sassari e Palmanova. L’abbiamo incontrata a Cagliari dove ha ricevuto il premio World Music International e si esibirà stasera al Premio Tenco a Sanremo dove avrà un riconoscimento alla carriera per il suo importante contributo alla canzone d’autore.

È la prima volta che viene in Italia. Che rapporto ha col nostro paese?

Non conoscevo Andrea Parodi, mi hanno mandato le sue canzoni e ho scelto Sienda che ho cantato al Teatro Massimo (insieme a Moriré in Buenos Aires di Astor Piazzolla, il tangueiro compositore e bandoneista che le ha cambiato la vita, chiamandola come vocalist del suo quintetto nel 1979, per una serie di concerti, ndr). L’Italia è sempre stata nel mio cuore, ho un bisnonno di Livorno nella genealogia familiare, però avevo girato l’Europa, dalla Francia alla Svezia, per svariati tour nel corso degli anni. Chi di noi non ha intonato una canzone di Luigi Tenco in gioventù ? Tutti gli argentini amavano la musica italiana sentita al festival di Sanremo e alla radio. E poi Mina, Milva, un patrimonio musicale entusiasmante.

A Roma ha cantato «Gracias a la vida» di Violeta Parra e «Como la cigarra» di Maria Elena Walsh, due brani molto impegnati contro l’esilio e la dittatura come il suo «Aùn caminan conmigo», forse il brano più emozionante scritto sulla vicenda dei desaparecidos.

Viviamo una stagione molto difficile in Argentina. Questo presidente vuole cancellare la memoria storica e aggredirla con violenza verbale, con espressioni inaccettabili. Il tema dei diritti umani è completamente scomparso dall’agenda politica, pur essendo un paese che ha vissuto una persecuzione politica con oltre 30 mila persone scomparse per mano dello Stato. Le lotte delle madri di Plaza de Mayo non sono mai esistite, per loro.

Lei ha cominciato da adolescente e dopo la consacrazione al festival del folklore di Cosquin nel 1984 è passata di successo in successo pagando forse un prezzo privato alto. Ha avuto cinque figli ma si è separata ed è rimasta sola.

Non è stato facile come donna. Alla mia epoca una madre non poteva andare cantando per il mondo. Però io sono riuscita a conciliare le due attività. Ero convinta di fare un lavoro meraviglioso e spesso i miei figli mi hanno accompagnato, incoraggiandomi sempre e respirando l’aria del palcoscenico tanto che due di loro sono musicisti e uno è un regista teatrale. Il mio ultimo disco, il trentatreesimo della mia carriera, Retrato de familia è un omaggio alle radici e alle persone che mi sono vicine, è un ripercorrere l’emozioni di tutta una vita a cominciare da quando mio padre a 9 anni mi regalò una chitarra. Poi ho studiato anche l’arpa Guaranì perché ho iniziato a far parte dell’Orchestra Popolare di Corrientes, la cittadina sul litorale dove sono nata nel 1947. In quest’ultimo album, ci sono dentro molti generi popolari provenienti dalle diverse regioni dell’Argentina. Nella foto corale in copertina ci sono i miei figli, tanti nipoti, amici e musicisti coi quali ho lavorato. Mi ha ricordato anche La famiglia, il magnifico film di Ettore Scola con Vittorio Gassman che segue il protagonista e i suoi familiari, dal battesimo alla vecchiaia.

Proprio in questi giorni, sono stati revocati gli aiuti economici agli studenti universitari e sono stati licenziati altri impiegati pubblici….

Negli anni passati i governi Kirchner avevano scommesso forte sulla cultura e sull’istruzione pubblica, puntando a un’educazione inclusiva con atenei in ogni regione d’Argentina per evitare l’accentramento degli studenti a Buenos Aires. E permettendo di laurearsi anche ai figli delle famiglie povere. Oggi c’è un neoliberismo dilagante, una crisi economica durissima e lo Stato non vuole più finanziare sanità e istruzione pubblica. Nei giorni scorsi il presidente ha messo il veto tagliando i sussidi agli studenti e molti deputati del radicalismo e della destra al Congresso l’hanno sostenuto. Mio padre che era un peronista radicale si starà rivoltando tre volte nella tomba a vedere quello che fanno i seguaci del suo partito. Milei dice che è una talpa che è venuta a distruggere lo Stato dall’interno. La motosega serviva a tagliare gli sprechi e invece si concentra su servizi essenziali, dando vita a una privatizzazione selvaggia con inflazione alle stelle e povertà in aumento. In Argentina abbiamo dimenticato troppo presto la ferocia della dittatura militare e le nuove generazioni guardano quegli avvenimenti con stupore e incredulità, come se non fossero mai successi. Penso che il nostro errore commesso come comunità è non essere stati capaci di trasmettere la memoria. Credevamo che in Argentina non sarebbe mai stato dimenticato il passato e non sarebbero tornati tempi così oscuri ma non è così.

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