Cultura

Tenendo per mano la Storia

Tenendo per mano la StoriaMarcello Maloberti, da «Cuore mio», 2019

PERFORMANCE «Cuore mio», il prezioso libro d’artista di Marcello Maloberti, pubblicato per Treccani. Nel volume viene ricordata l’azione realizzata nel 2019, in occasione del centenario di Maria Lai

Pubblicato 11 mesi faEdizione del 15 dicembre 2023

La polisemia linguistica (installazione, fotografia, video, scultura, collage, delegated performance) che scruta, deborda fino ad addentrarsi all’interno di una vertigine corporea, caratterizza Marcello Maloberti (Codogno, 1966), artista pregno di una fine sensibilità che tocca l’identità, l’intimità e la natura sentimentale del soggetto. Maloberti ha da poco pubblicato Cuore mio, Treccani (pp. 200, euro 35), un libro d’artista, denso di cura, invenzioni, devianze e di rigorosità del progetto e legato al group show di trenta artisti, a cura di Jacopo Ceni, nel nuovo Spazio Treccani Arte di Roma (aperto fino al 22 dicembre).
Cuore mio riflette soprattutto l’attitudine dell’artista per il corpo della scrittura, avviata con Martellate, scritti fighi (1990-2019) l’opera-testo che ossifica la sua poetica in una proliferazione di digressioni poetiche spregiudicate e/o beffarde, accumulate nell’intenso trentennio lavorativo. Enunciazioni o, come li definisce lui, martellate che ossigenano il rapporto tra artista e parola: «L’artista abbandona lo stile ogni volta; il mio lavoro nasce da uno spavento; quando il reale sembra un sogno mi devasta; il passato non cessa mai di iniziare…».

IL NUOVO LIBRO, bellissimo, che offre un intenso apparato iconografico e una ossessione per il dettaglio (comprensivo di poster d’artista inserito nel suo risvolto), nasce dall’azione Cuore mio (2019), realizzata in occasione del centenario dell’artista Maria Lai, voluto dal comune di Ulassai e tributato in due tempi. In primis presso il Museo Maxxi di Roma, in occasione della mostra Maria Lai. Tenendo per mano il sole a cura di Bartolomeo Pietromarchi, in cui Maloberti sceglie di delocalizzare Ulassai nella capitale, estraendo il suo cartello toponomastico e due zolle originarie dalla loro collocazione.
Il titolo Cuore mio è ispirato al racconto di Salvatore Cambosu (Miele Amaro, 1954), la cui protagonista si mutava in pietra per salvare il figlio dalla morte. Nel secondo step, Maloberti detourna l’installazione performatica tra i Tacchi dell’Ogliastra, riscrivendo l’azione di Lai, Legarsi alla montagna (1981) che grazie a un nastro azzurro, univa tutte le abitazioni del borgo alla montagna.

NELL’INTERVISTA di Paola Nicolin e Andrea Lissoni che suggella il volume, Maloberti, scrivendo a mano e in stampatello, come nelle sue migliori martellate, cancellature a penna comprese, sottolinea: «Si crea una sorta di vertigine visiva, un incanto. L’aspetto performativo è presente in tutto il mio lavoro. Non è tanto la performance in sé, ma è l’installazione performativa che ha dietro una sua storia, una sua costruzione».
Nell’azione, dà vita a un corteo degli isolani che, attraversando il territorio, sorregge un lungo striscione a quadri bianchi e rossi (prolungamento intimistico della sua La vertigine della signora Emilia). L’artista specifica ancora: «Io non volevo rifare lo stile di Maria Lai, perché sarebbe stato impossibile, ho voluto solamente sottolineare il legame tra paese e montagna, uniti quasi a diventare una sola cosa. Incastrando il cartello nella roccia, creando una lunga bandiera di tessuto a scacchi rossa e bianca, come se fosse un lungo drappo, un lungo drago cinese, sostenuto dagli abitanti del paese e dai visitatori».

UNA DELLE IMMAGINI più sintomatiche e toccanti di Cuore mio vede Marcello prendere per mano un’anziana abitante del luogo avvolta nel suo fiero costume tradizionale sullo sfondo dell’Ogliastra, ed evidenzia, fortunatamente, la perseveranza generazionale e identitaria fuori dai cliché, nonché l’esperienza quasi matriarcale che alcuni luoghi (specialmente al Sud) ancora conservano nella loro purezza.
«In questo progetto ho cercato di proiettare due punti fondamentali della mia produzione e uno di questi è sicuramente la foto La vertigine della signora Emilia, con mia madre e mia nonna. Si tratta di una fotografia che ho voluto rifare, mettendomi in gioco e dando la mano a questa signora, che si chiama Delia, e che è morta da poco, a novantadue anni. È l’idea di dare la mano alla storia, la dolcezza di toccare. Inoltre quando dai la mano a una persona si forma la lettera M e mi piaceva dare il rimando alla M di Maria».

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