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Tempo di cura

Finestre di Orosia Quest’alba al co-housing è diversa. È silenzio profondo del bosco intorno, delle strade senza i fari delle auto mattutine. Trionfano il cinguettio primaverile e le voci degli animali. L’aria è […]

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 18 aprile 2020

Quest’alba al co-housing è diversa. È silenzio profondo del bosco intorno, delle strade senza i fari delle auto mattutine. Trionfano il cinguettio primaverile e le voci degli animali. L’aria è immobile. Solo luci di case lontane testimoniano la vita di umani precipitati in poche settimane in un’altra esistenza. La triste conta dei contagiati e deceduti porta memoria di guerra, dell’ascolto di «radio Londra». È guerra? Mah! Qui, all’inizio, il coronavirus ci ha diviso, ora ci unisce. Dialoghiamo tra noi e con altri eco-villaggi del mondo nel collegamento settimanale organizzato dal Gen (Global Eco-village Network). Qui ognuno ha il suo passo nel dolore. Ernesto si fida della terra che si trasforma, del vento che spazza via, della pioggia che lava e le sue galline covano uova per tutti. Olga sforna e distribuisce pane e pizza. Lola, barricata nel lavoro coi migranti, racconta di come sanno stare ordinati nell’emergenza, loro che la conoscono bene. Anna e Carlo inventano giochi per Emma e altri bambini e li senti cantare a squarciagola, come i cori nelle strade d’Italia. Applauso generale per Pier, che lavora in ospedale, e ci dice che il test tampone eseguito è negativo. È lui che si occupa della spesa per tutti. Aurora dona cultura con composizioni di film d’autore, offerte gratuitamente on line. Smirna collabora con gruppi di volontariato per supporto psicologico telefonico. Anche se ci sono paura, nervosismi, criticità, molte persone cercano di rendersi utili o di sollievo. Forse non è come essere in guerra. Il Prof. Luigi Cancrini, noto psichiatra, in un’intervista su La Repubblica del 28 Marzo, riflette sulla diversità di questo tempo, che chiama «di cura», dal tempo di guerra, che è tempo di odio perché per sopravvivere devi uccidere l’altro umano. Tempo di cura in cui riscoprire necessità e risorse dei legami solidali, della vicinanza, di quanto l’aiutare se stessi, ad esempio con l’isolamento, significhi aiutare l’altro, e questo unisce. Tempo che insegna l’importanza del limite, perché non si può avere e conquistare tutto. Tempo di silenzio e riflessione per sperimentarci migliori con noi stessi e gli altri. Dunque tempo di cura, per una malattia, anche mortale, che richiede terapia scientifica, psicologica, economica e spirituale, malattia per cui l’Italia si sta impegnando con tenacia straordinaria per tutti, senza abbandonare nessuno, anche i più fragili e poveri. Scrive il teologo Luigi Maria Epicoco in «Sale, non miele», (MI 2017): «Quando perdi la terra sotto i piedi, significa che stai andando da qualche parte. Per camminare bisogna staccarsi dalla terra certa che si calpesta». Messaggio di speranza e cambiamento.

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