Tempi duri per i media slovacchi
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Tempi duri per i media slovacchi

Visegrad e oltre La rubrica settimanale sui sovranismi delll'est Europa. A cura di Massimo Congiu
Pubblicato 6 giorni faEdizione del 21 settembre 2024

Sembra proprio che il primo ministro ungherese Viktor Orbán abbia trovato un buon partner con il quale condividere un lungo e faticoso braccio di ferro con Bruxelles.

Si tratta di Robert Fico che lo scorso ottobre è tornato a ricoprire il ruolo di primo ministro slovacco. Fico ha mostrato di apprezzare l’agenda politica del suo omologo d’oltreconfine e si sta muovendo lungo una traiettoria che incrocia quella ungherese in diversi punti.

Uno è quello riguardante il rapporto del potere con la stampa, ambito nel quale Viktor ha fatto scuola. Il premier di Bratislava pare abbia imparato bene con conseguenti preoccupazioni da parte dell’Ue. Preoccupazioni in aumento per la libertà degli organi di stampa slovacchi.

In pratica, il governo Fico ha proposto una riforma con la quale esercitare un controllo crescente sul comparto mediatico pubblico. Riforma che, ufficialmente, sarebbe stata concepita per riordinare e disciplinare meglio il settore, ma la proposta è stata accolta da un coro di proteste intonato a piena voce dalla stampa e dalla società civile.

Di fatto, comunque, il direttore del servizio pubblico radiotelevisivo è stato rimosso, e l’esecutivo ha nominato quattro nuovi membri del comitato investito del compito di designare il nuovo direttore.

Questi avvenimenti hanno portato la Commissione europea a esternare chiari timori per la sorte dell’informazione in Slovacchia, e ha inviato al governo di Bratislava una lettera di avvertimento che suona come riportato di recente da Europa Today: “Non è chiaro se le procedure di nomina siano state condotte in un modo che, tra le altre cose, sia trasparente, aperto e rispettoso del principio di non discriminazione, tutti elementi necessari per garantire l’indipendenza dell’emittenza pubblica”. Questo il messaggio che ha lo scopo di mettere in guardia il governo Fico, sottolineando il ruolo centrale del nuovo European Media Freedom Act il quale non è altro che la normativa comunitaria concepita per garantire l’indipendenza degli organi di stampa nel territorio dei 27.

L’eventualità che Fico prevalesse alle scorse elezioni per il rinnovo del parlamento nazionale era motivo di preoccupazione per Bruxelles considerando il programma politico dichiarato dal leader di Smer-Sd in campagna elettorale.

Un programma che presentava svariati punti di convergenza con l’azione politica di Orbán, già da tempo spina nel fianco dell’Ue. Tutto questo quando in Polonia si profilava un cambiamento certamente auspicato dall’Unione dopo otto anni di governo del PiS.

Così Fico risulta essere nel mirino di Bruxelles per questioni riguardanti il rispetto dello Stato di diritto; in effetti la Commissione europea sta valutando l’eventualità di sospendere l’erogazione dei finanziamenti alla Slovacchia a causa di cambiamenti avvenuti di recente, per volontà del governo, nella legislazione penale e per la soppressione di un ufficio anti corruzione di rilevante importanza.

A questo proposito vanno ricordate le dimissioni del governo Fico nel 2018 per l’uccisione del giovane giornalista investigativo Ján Kuciak e della sua compagna Martina Kušnírová. Questi stava lavorando su una pista riguardante frodi fiscali da parte di diversi uomini d’affari legati ad ambienti politici slovacchi molto potenti e connessioni fra il potere e la ‘Ndrangheta.

Le manovre dell’attuale governo nei confronti della stampa contribuiscono in modo notevole alle inquietudini di Bruxelles; i media locali sono accusati dal governo di scrivere degli articoli faziosi e di aver creato, insieme all’opposizione, il clima teso e pesante che avrebbe portato all’attentato nei confronti di Fico, episodio che risale allo scorso maggio.

Ad agosto il governo ha nominato quattro nuovi membri del comitato dei media; uno di essi sarebbe un noto complottista, sostenitore di tesi come quella che mette in dubbio la rotondità della Terra. Per l’opposizione queste nomine sono scandalose, indegne di un paese democratico.

Date le premesse, la sensazione è che la Slovacchia continuerà per un po’ a far parlare di sé.

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