Sulla strada di ritorno da Ropshitz, El posa una piccola pietra sul palmo della mano di Shiva spiegandole il significato della teoria dell’universo a blocchi. Passato e futuro stanno accanto al presente, poi c’è l’istante che svetta dallo scorrere e che accade. Illuminandosi, al tocco. Nell’esordio letterario di Temim Fruchter, Città che ride (Mercurio, pp. 370, euro 20, traduzione di Gabriella Tonoli), lo spazio e il tempo sono categorie importanti e altrettanto cangianti. Come lo sono gli incontri, quando si depositano e disallineano le nostre origini. Ebrea, queer, non binaria e antisionista – come lei stessa si definisce – Temim...