L’assemblea di Telecom ha bocciato la richiesta di revoca del consiglio di amministrazione. Resta così in sella l’attuale ad Marco Patuano, in un board dove Telefonica, sia pure senza Cesar Alierta e Julio Linares a causa del conflitto di interesse fra la compagnia spagnola e quella un tempo italiana nel mercato tlc brasiliano, ne resta di fatto la controllante attraverso la (pseudo) cassaforte Telco. Pagando un prezzo risibile per un gigante da 50mila addetti diretti, 120mila con l’indotto, che nonostante l’indebitamento di 28,3 miliardi dovrebbe essere considerato, visto il settore strategico, un patrimonio nazionale. Sulla vicenda peraltro indaga la procura di Roma che ha ascoltato l’ex ad Franco Bernabè. Senza ancora indagati, ma attenta a approfondire i motivi che erano alla base delle richieste di revoca del cda: la cessione dalla maggioranza di Telco a Telefonica; la vendita di Telecom Argentina; e il bond convertendo da 1,3 mld emesso da Telecom Italia per il finanziamento del nuovo piano industriale, contestatissimo dai piccoli azionisti per le sue modalità.

L’altra notizia del giorno è che il futuro sembra stabilito. “Ancorché privata – spiega Enrico Letta – la rete è un asset strategico per il paese. Il governo è assolutamente in campo per garantire il massimo di investimenti da convogliare sulla rete, perché sia all’altezza dei principali paesi europei”. Se a questo aggiungiamo che Matteo Renzi nei giorni scorsi si è detto favorevole a una separazione della rete infrastrutturale dalla gestione dell’azienda, il quadro è sufficientemente definito. Nonostante che le telecomunicazioni siano sotto controllo pubblico in gran parte d’Europa, e che anzi tedeschi, francesi e spagnoli abbiano agevolato in ogni modo le loro aziende.

L’assemblea ha bocciato la richiesta di revoca con il 50,3% dei voti, avevano votato a favore il 42,3%, e il 7,4% si è astenuto. Fra questi ultimi il fondo Blackrock, salito nelle ultime settimane al 9,97% di Telecom ma in assemblea con il 5,94%. Dunque ininfluente, almeno a prima vista. All’assemblea era presente il 54,26% del capitale. Se non un record poco ci manca. Del resto l’appuntamento a Rozzano nel milanese è stato uno scontro aperto fra il cda da una parte, la Findim di Marco Fossati e i piccoli azionisti riuniti in Asati dall’altra. Sotto accusa gli scarsi risultati di questi anni, che hanno affossato il titolo in borsa. Poi la vendita di Telecom Argentina a Fintech per 960 milioni di dollari, somma giudicata troppo bassa rispetto al valore della controllata. Soprattutto il conflitto d’interessi provocato dall’ingresso di Telefonica in Telecom, in particolare nel mercato sudamericano. In Argentina è stato risolto vendendo – o svendendo – mentre in Brasile, dove la controllata di Telecom va a gonfie vele, tutto resta ancora da definire.

L’ad Patuano ha difeso la cessione di Telecom Argentina (“un paese ad alta volatilità, con uno spread di 1.600 punti base”), e sul bond convertendo ha detto: “Rispondeva all’interesse della società; è avvenuto a valori congrui e come tali qualificabili come convenienti, e soddisfa i requisiti di correttezza sostanziale richiesti”. Risposte non convincenti secondo Marco Fossati, terzo azionista di Telecom con il 5% della sua Findim: “Telefonica ha un peso preponderante in Telco – ha osservato – e perciò ne condiziona la gestione. Anche le dimissioni di Alierta e Linares non sono risolutive”. Fossati ha poi avvertito: “Se la revoca non passerà, ci saranno modalità diverse fuori dall’assemblea per tutelare gli interessi di tutti i soci”. E su Tim Brasil ha aggiunto: “Sarò molto vigile, mi auguro che fra Natale, Capodanno e l’Epifania non arrivi un’offerta che non si possa rifiutare…”.

Fuori dai cancelli c’è stato un mini presidio dei lavoratori Telecom, con la richiesta di garanzie sul futuro del gruppo e le prospettive occupazionali. Al governo i sindacati chiedono anche di modificare l’attuale legge sull’opa. Ma Letta ha ribattuto: “Un intervento è necessario, ma non voglio legarlo a questa vicenda: è bene che i giocatori sviluppino il proprio gioco con le regole con le quali questa partita è iniziata”. Perché la riforma dell’opa, ben delineata da Massimo Mucchetti, per il governo – e non solo – “ingesserebbe” il mercato.