Telemeloni non è un caso solo italiano, se ne deve occupare l’Europa. Lo auspicano i Verdi europei con una richiesta alla Commissione Ue di indagare le interferenze governative sulla libertà di stampa in Italia. Il caso finisce sotto i riflettori proprio nel giorno in cui la premier Meloni è arrivata nella capitale europea per il vertice dei capi di Stato e di governo dei 27 che prosegue e si chiude oggi. Presente anche l’alleato Viktor Orban, reduce dalla conferenza National Conservatism che ha riunito per due giorni sempre a Bruxelles euroscettici, sovranisti ed estrema destra Ue e Usa. Già sotto accusa per le numerose violazioni dello stato di diritto e della libertà dei media, il premier ungherese è nel mirino di un’inchiesta pubblicata dal quotidiano francese Le Monde che dettaglia le manovre di Budapest nell’acquisto di Euronews, principale network televisivo paneuropeo. Un caso di ingerenza del potere politico sui media che, pur con le dovute differenze, richiama quello dell’agenzia stampa Agi in Italia.

Ed è proprio alle proteste dei giornalisti italiani che si ricollega l’iniziativa dei Greens. Alla contrarietà rispetto alla possibile cessione al gruppo Angelucci dell’agenzia stampa di proprietà dell’Eni, così come alla protesta del sindacato Rai contro la modifica della par condicio in favore del governo. Inoltre ieri il cdr Rai ha annunciato lo stato di agitazione e proclamato 5 giorni di sciopero «contro la volontà di trasformare il servizio pubblico in megafono dei partiti». Fatti gravi, se è vero che «una stampa libera e indipendente è prerequisito per elezioni regolari e libere», ricorda il leader dei Verdi europei Bas Eickhout, mentre secondo la co-leader Terry Reintke l’invito ad «aprire una procedura» dovrebbe portare anche a «imporre sanzioni, se necessario».

Insomma, è vero che la domanda di indagine alla Commissione Ue da parte dei Greens non si concretizza per adesso in un atto formale, ma se non raccolta potrebbe essere declinata in modo più incisivo dagli stessi Greens e magari trovare il favore di altri gruppi politici. A fare da guardiano al pluralismo dell’informazione dovrebbe bastare il Media freedom act, la legge europea sulla libertà dei media approvata definitivamente circa un mese fa. «Anche se tecnicamente ci metterà un po’ ad entrare in vigore, politicamente il Media freedom act rappresenta la volontà popolare espressa dal Parlamento. Il governo Meloni la sta già violando», osserva l’eurodeputato Massimiliano Smeriglio, esponente di Avs. Che poi ricorda: «Con questo provvedimento gli eurodeputati hanno fatto un grosso lavoro a tutela della libertà di stampa, dell’autonomia delle redazioni e del contrasto alle ingerenze. E soprattutto dell’autonomia del potere politico a partire da quelle violazioni di tipo ungherese, che Meloni conosce bene».

È di pochi giorni fa la notizia dello zampino di Orban dietro l’acquisto del network d’informazione Euronews nel 2022, rilevato dal magante egiziano Naguib Sawiris. L’indagine congiunta del settimanale portoghese Expresso, del sito d’investigazione ungherese Direkt36 e del quotidiano francese Le Monde ha svelato come un terzo dei circa 170 milioni con cui il d’investimento Alpac Capital ha acquisito il network proveniva da un fondo ungherese riconducibile al governo di Budapest, che avrebbe contribuito con 45 milioni di euro, così come da una società di comunicazione legata a Orban che ne avrebbe forniti altri 12,5.

L’operazione finanziaria ha portato al cambio di sede del network, dalla francese Lione a Bruxelles, e al licenziamento di 175 dipendenti su 370. Quel che è peggio è che nel cambio di proprietà hanno giocato considerazioni politiche. Come dettagliato in un documento ottenuto da Direkt36, la volontà era quella di attenuare «l’orientamento di sinistra nei media», dato che Euronews «è influente sulle politiche Ue».