Lavoro

Taxi, è il decreto «scontenta tutti»: sciopero contro la liberalizzazione

Taxi, è il decreto «scontenta tutti»: sciopero contro la liberalizzazioneLo sciopero dei tassisti a Torino – Foto LaPresse

Ieri la protesta di Usb, Fast e Orsa. Il provvedimento punta a contrastare abusivismo e piattaforme digitali ma in realtà spalanca la porta a chi da anni spinge per sostituirsi al servizio pubblico non di linea

Pubblicato 12 mesi faEdizione del 11 ottobre 2023

Si è svolto ieri lo sciopero nazionale dei tassisti aderenti alle sigle Usb, Fast e Orsa Taxi. La protesta segue la conversione in legge del decreto Asset, ma forse sarebbe meglio definirlo «scontenta tutti», ché per i taxi prevede l’attivazione di permessi a tempo della durata massima di un anno, bandi straordinari per l’emissione di un più venti per cento di nuove licenze rispetto alle attuali, senza alcuna programmazione territoriale, nonché il ricorso, senza limiti, e senza alcun controllo da parte dei comuni, alle cosiddette seconde guide, conducenti che si aggiungono al titolare su un turno diverso dal suo.

Per l’impianto “imprenditoriale” che le ispirano e per i passaggi convulsi che ne hanno accompagnato l’approvazione, le nuove norme preoccupano buona parte della categoria, perché rappresentano un passo ulteriore verso la destrutturazione del servizio pubblico e lo sfruttamento del lavoro, anche a vantaggio di società multinazionali da sempre interessate a trasformare la mobilità urbana in un grande business.

I provvedimenti contestati hanno colto alla sprovvista anche le sigle sindacali tradizionalmente più vicine alla premier e al ministro Salvini che, pur non avendo aderito allo sciopero, sembrano mostrare nei loro comunicati una certa disillusione verso un governo che consideravano attento alle istanze della categoria.

Contrarietà anche da parte dei sindaci, ai quali il governo ha cercato di rilanciare la patata bollente dell’emissione di nuove licenze a titolo oneroso. Così, mentre il ministro Urso definisce incomprensibilmente «poco comprensibile» la giusta protesta dei lavoratori, c’è chi, come il sindaco di Torino, ha incontrato i manifestanti per tentare di ricucire il senso del dialogo con lavoratori essenziali per una mobilità urbana sempre più in ginocchio. Ad alcune note difficoltà del servizio taxi, specialmente a Roma, si è aggiunta l’esplosione delle presenze turistiche a livello nazionale, che ha dimostrato, anche in questo caso, l’insostenibilità di un modello economico estrattivista, fondato sullo sfruttamento di qualsiasi cosa si possa sfruttare, dalle montagne alle città, creando serie difficoltà per l’utenza dei taxi. A questo si aggiungono le carenze del trasporto pubblico di linea, anche in città vendute come efficienti, vedi Milano, dove il servizio è sempre più gestito con logiche privatistiche e i conseguenti disagi costringono gli utenti a cercare un’auto bianca.

Di tutto questo, ovviamente, non si è tenuto conto, preferendo ricorrere all’ennesimo decreto, mentre gli strumenti normativi per affrontare i problemi strutturali del servizio, oltre che la recente emergenza, erano già ampiamente disponibili. Non pochi tassisti riconoscono infatti da tempo l’opportunità di intervenire per rendere più facilmente reperibili le auto bianche dove questo sia davvero necessario, ma oggi protestano perché ritengono che la vera posta in gioco non sia l’emissione di un maggior numero di licenze, ma una piena liberalizzazione del comparto, da anni perseguita da maggioranze politiche di ogni colore e teorizzata dalle passioni tristi di economisti di ortodossa ideologia liberista.

Una nuova partita si giocherà quindi nei prossimi mesi sull’approvazione dei decreti attuativi della legge 12/19, promessi anni fa dall’allora ministro Salvini e mai scritti. In teoria servirebbero a contrastare un diffuso abusivismo e a regolare l’attività delle piattaforme digitali per ristabilire la centralità del servizio pubblico a vantaggio dell’utenza, come sta peraltro facendo l’Unione europea. C’è però il timore, suscitato dalle dichiarazioni di alcuni membri della maggioranza, che la scrittura di quei decreti possa rappresentare al contrario lo strumento decisivo per spalancare la porta a soggetti che da anni spingono la politica ad approvare norme che consentirebbero loro di sostituirsi al servizio pubblico, senza gli obblighi tariffari e di prestazione a cui questo è soggetto.
Insomma, il rischio è che con la scusa di migliorare il servizio si voglia fare come con la sanità, regalando al privato un settore oggi regolato. Per questo la protesta dei tassisti, troppo spesso mistificata come corporativa, non rappresenta solo una difesa del proprio lavoro, ma è anche opposizione a un sistema che toglie diritti a tutti i lavoratori, agli utenti dei servizi pubblici e, in definitiva, alle persone.

*tassista milanese

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento