Tattiche e sentimenti del Risorgimento
SCAFFALE Il processo fondativo d’Italia secondo Arianna Arisi Rota. Nel libro edito dal Mulino, l’autrice ha un approccio analitico e anche narrativo
SCAFFALE Il processo fondativo d’Italia secondo Arianna Arisi Rota. Nel libro edito dal Mulino, l’autrice ha un approccio analitico e anche narrativo
«I contemporanei, a differenza nostra, non hanno mai saputo come sarebbe andata a finire». Queste parole, poste da Arianna Arisi Rota a conclusione del suo ultimo libro sul Risorgimento italiano, ben ne riassumono l’approccio analitico e narrativo (Risorgimento. Un viaggio politico e sentimentale, il Mulino, pp. 296, euro 22). L’autrice, infatti, avvalendosi di una prosa elegante e avvincente, riesce a restituirci le complesse vicende che hanno portato all’unificazione dell’Italia nel loro farsi, presentando la conclusione di questa storia come un esito per nulla scontato, frutto di precise circostanze internazionali e fortunate intuizioni politiche.
NEL PRESENTARE i protagonisti di questa vicenda non mancano, da parte dell’autrice, arditi quanto efficaci accostamenti, come quello di un Mazzini «rottamatore» ante litteram, uno tra i primi, sull’onda della Rivoluzione francese, a introdurre in Italia il mito della giovinezza quale elemento caratterizzante del rinnovamento politico.
Il volume ci mostra con chiarezza l’impossibilità di leggere la storia d’Italia senza allargare lo sguardo al contesto mediterraneo ed europeo. È qui che matura la possibilità di dare corpo a uno Stato-nazione italiano, in quella tumultuosa fase della storia che seguì alla Rivoluzione francese, vero momento aurorale dell’età contemporanea. Non casualmente il racconto di Arianna Arisi Rota comincia e termina in Francia: la crisi del vecchio ordine italiano ha inizio con la campagna d’Italia guidata da Napoleone nel 1796, per concludersi, poco più di settant’anni dopo, con l’annessione di Roma, resa possibile dalla caduta di Napoleone III.
Le prime rappresentazioni dell’Italia come entità politico-culturale risalgono alla seconda metà del Settecento, e sono espressione di una ristretta élite urbana di riformatori illuminati. Il primo impulso al cambiamento deriva però dalla presenza napoleonica nell’Italia settentrionale, capace di far germogliare un sentimento antiaustriaco, rendendo al contempo familiari alla cittadinanza alcune parole chiave della politica moderna: costituzione, repubblica, nazione, amministrazione pubblica, statistica, progresso economico.
L’ETÀ POST-NAPOLEONICA, meglio nota come «Restaurazione», è per la penisola italiana una fase di transizione in cui il tentativo da parte dei governi preunitari di conservare lo status quo, ammettendo solo alcuni elementi di modernizzazione, si rivela alla lunga impraticabile.
I semi gettati della Rivoluzione francese daranno nuovi frutti in Italia e non solo, dai moti del 1820-21 fino a quelli del 1848, ponendo le premesse per il superamento della frammentazione politica della penisola, specialmente grazie al contributo di una nuova generazione di italiani nati all’inizio dell’Ottocento, animati da un nuovo spirito patriottico che si configura spesso come una vera e propria «religione».
A rendere effettivamente possibile la nascita del Regno d’Italia e il completamento dell’unificazione intervennero poi ulteriori circostanze internazionali, la guerra di Crimea (1853-1856), la guerra austro-prussiana (1866) e la guerra franco-prussiana (1870).
A sfruttarli in modo costruttivo furono soprattutto i liberali moderati, Cavour e i suoi eredi, il cui successo, per riprendere una classica tesi gramsciana, dipese dalla capacità di questi ultimi di offrire alla borghesia un realistico progetto costituzionale, basato sulla difesa della libertà, dell’ordine capitalistico e sulla promessa del progresso economico. Il ruolo egemonico dei moderati dipese dalla mancanza di un chiaro e credibile progetto alternativo da parte dei democratici mazziniani, che si rivelarono di fatto subordinati alla monarchia sabauda e al disegno strategico di Cavour.
Come emerge sin dal titolo, il libro pone un’attenzione particolare sui sentimenti e le passioni, in linea con i risultati ormai consolidati della storia culturale. La ricostruzione dell’autrice, ciò nonostante, non indulge mai a una lettura banalmente «culturalista» degli eventi, indifferente al ruolo cruciale svolto dalle premesse sociali ed economiche dei cambiamenti, né tanto meno al peso determinante delle progettualità politiche e delle vicende militari.
FACENDO AMPIO riferimento anche alle fonti iconografiche, letterarie e alla memorialistica, l’autrice riesce a dare nuova vita al processo fondativo dell’Italia moderna, una storia di progetti realistici e utopie, cospirazioni e repressioni, slanci emotivi e lucide riflessioni tattiche. I nomi dei protagonisti di quella vicenda, onnipresenti nelle lapidi, nei monumenti e nei nomi delle vie d’Italia, cessano così di evocare un lontano e austero pantheon di padri della patria, per riacquisire quella carica emotiva e capacità di pensare e agire la politica per le quali li ricordiamo. A quel capitolo cruciale della nostra storia bisogna necessariamente tornare ancora oggi, per comprendere i successi e limiti della storia dell’Italia unita nel quadro più ampio dell’assetto europeo.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento