Lavoro

Tanta roba

Tanta robaIllustrazione di Henning Wagenbreth, originalmente disegnate per la ballata di R.L. Stevenson "Il pirata e il farmacista"

Un diario di bordo da un corso di formazione per start-up. Dietro la maschera della meritocrazia, il miraggio del successo passa attraverso l’inferno di una messa in vendita di buone idee per applicazioni quasi sempre inutili. Terzo appuntamento con l’iniziativa di Sbilanciamoci

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 15 agosto 2014

Allora, io non ci avevo mai pensato prima, ma a un certo punto della mia vita ho fatto testamento. Ieri pomeriggio. È stato importante, lo consiglio anche a voi. Ti raddrizza gli affetti, ti fa ordine dentro. Prendi le persone che hanno contato di più nella tua vita e le riposizioni nel posto giusto dentro e fuori di te. E quando stanno al posto giusto, vi assicuro, diventa tutto è più chiaro. Capisci meglio chi sei. Vedete, sono solo 24 ore che penso al testamento e già sono diventato notevolmente più introspettivo, no?

Certo è anche dura fare il testamento, nessuno lo mette in dubbio. A nessuno fa piacere guardare in faccia la propria situazione o comunque nessuno potrebbe farlo con leggerezza. Fare testamento ti obbliga a tutto questo ma, per quanto sia dura, lo consiglio a tutti. È un’esperienza di crescita. Guardate come riesco a cogliere meglio le sfumature del mio mondo interiore.

Non che abbia chissà quanto, chissà quale eredità. Una cosa normale. In parte è quello che mi hanno lasciato i miei genitori. In parte è quello che ho messo su da solo. Alla fine non è moltissimo devo dire la verità. Ma è qualcosa. Soprattutto è tutto quello che ho. Ecco, fare testamento è importante perché ti fa capire tutto quello che hai. Ma non solo. Fare testamento ti fa capire anche che non ce lo avrai per sempre. Che tutto è aleatorio, vaporoso, senza senso. Non sto parlando solo dei beni materiali, anche degli affetti. Tutto si perde in un soffio. A meno che, qui arriviamo al punto, non sei tu a dargli un senso. Con il testamento, appunto.

Perché le persone a cui vuoi bene vivranno con quello che gli hai lasciato, influirai sulle loro vite, diventerai parte delle loro vite. Questo ha un senso, no? Forse allora non è stato tutto inutile, puoi pensare. Ma dipende da te, da come fai testamento.

Incredibile quanto sono diventato profondo. Sto parlando di roba forte. Senso della vita, esistenza, significato dell’esistenza. Non so voi, ma io erano anni che non ci pensavo. Fino a quando non ho deciso di fare un bilancio, ecco cos’è il testamento, sì. Io, a un certo punto della mia vita, ieri pomeriggio, ho deciso di fare un bilancio.

Il punto è che non ho figli, purtroppo. Mi sono dedicato sempre al lavoro. Giù a lavorare tutta la vita. Testa bassa davanti al computer, notti in ufficio, litigate al telefono tutte le mattine. Sono il direttore marketing di una grossa azienda. Ho fatto una bella carriera ma mi sono perso questa esperienza bellissima dei figli. Almeno fino ad oggi. Anzi, fino a ieri, quando ho fatto testamento. Poi va a sapere. Ma avere avuto dei figli ieri mi avrebbe di certo semplificato le cose. Lasci tutto a loro e vaffanculo. Neanche hai bisogno di farlo il testamento. Voglio dire, a meno che non ci sono situazioni estreme, come figli matti, figli tossicodipendenti all’ultimo stadio, figli che vogliono uccidere i genitori proprio per l’eredità e non mi viene in mente nient’altro. Allora non lo so se gli lasci tutto. Ma in ogni caso per me il problema non si pone, perché io di figli non ne ho. Faccio parte della generazione del record del mondo di bassa natalità. Ho rimandato. Dovevo realizzarmi sul lavoro. Dovevo trovare davvero la persona giusta. Giusta e che si fosse già realizzata sul lavoro, altrimenti stavamo da capo a piedi. E allora niente figli.

Non ho neanche fratelli e sorelle a cui poter lasciare qualcosa. Cioè, ce l’ho ma non mi sembra proprio il caso. Per darvi un’idea: mia sorella lo scorso anno mi ha menato. Un cazzotto in faccia che quasi mi ha steso a terra, per strada, sotto casa mia. C’è venuta a posta con l’autobus, è scesa alla fermata, mi ha suonato, ho aperto e mi ha menato. I motivi sono troppo complessi da raccontare ora, ma immaginate la scena. Con l’autobus c’è una forte premeditazione. Hai tutto il tempo di ripensarci mentre aspetti alla fermata, eppure m’ha menato lo stesso mia sorella. Poi c’è mio fratello. Mio fratello non mi parla da quando è convinto che sono andato a letto con sua moglie. Vi rendete conto? Io che vado a letto con la moglie di mio fratello! Ma è diventata un’ossessione la sua e così non mi parla più. È pazzo. Se gli lasciassi qualcosa in eredità penserebbe che mi sento in colpa e non farei altro che confermare la sua folle paranoia. Quindi niente eredità neanche a lui. Non posso lasciare la mia eredità a nessuno della mia famiglia.
È triste, sì. Molto triste. Rimangono gli amici, certo, ma non è la stessa cosa. Non c’è un legame di sangue. Con gli amici potresti sbagliarti. Con il legame di sangue se ti sbagli puoi sempre dire: è colpa della natura, io che c’entro? E poi c’è sempre una qualche continuità, parliamoci chiaro, una sensazione di determinismo per non dire di espiazione, di condanna misteriosa ma giusta. Se lasci tutto agli amici sbagliati invece sei fottuto. Ti sei scavato la fossa nella fossa. Diventa una specie di furto, solo a pensarci ti senti più solo di prima. Ecco perché ieri, quando ho fatto testamento, ho provato una grande tristezza. Ma mi sono fatto coraggio e ho cominciato a dividere l’eredità.

Innanzi tutto ho pensato a chi lasciare la cosa più importante che possiedo. La mia meschinità. La mia meschinità è davvero tanta, l’ho messa da parte in tutti questi anni. “A chi la lascio?” mi sono detto ieri. Ma alla fine ho deciso. Alla mia ex moglie, sì, la lascio a lei la mia meschinità. Una donna così buona e gentile. Quando ho capito che poteva essere solo lei ho provato un’emozione fortissima, mi stavo quasi mettendo a piangere. La mia ex mi ha sempre detto di non averla, la meschinità. Faceva una tenerezza, lo diceva sempre. “Tu sei così meschino”, diceva. “Io no, non è giusto”. Raffaella giuro, e te lo scrivo anche nero su bianco, giuro che quando non ci sarò più te la darò tutta a te la mia meschinità. Ora finalmente sei contenta?

Un’altra grossa fetta della mia eredità è certamente Questo senso di rabbia che sfogo in modo inappropriato. L’ho ereditato a mia volta da mia madre. Quella stronza di mia madre. Ma è come nuovo, giuro. L’ho tenuto intatto così come me l’ha dato lei, Questo senso di rabbia che sfogo in modo inappropriato. Neanche un graffio. Un certo numero di psicoanalisti c’hanno provato a cambiarlo, è vero. Ma c’è chi ci ha rimesso anche un dente. Questo senso di rabbia che sfogo in modo inappropriato lo porto sempre come me. L’ho portato con me quando sono andato a vivere in Spagna, con Giovanna che si metteva a piangere ogni volta che lo vedeva. L’ho portato in vacanza in Grecia, la polizia mi ha fermato per accertamenti, non mi lasciavano andare. Lo porto con me anche adesso che, infatti, mi andrebbe di spaccarvi il culo a tutti, se solo potessi guardarvi in faccia. Londra, solo Londra mi ha veramente accolto. A Londra ce l’aveva un sacco di gente identico al mio Questo senso di rabbia che sfogo in modo inappropriato e allora passavamo tante belle serate insieme ad ubriacarci e poi via, tutti a fare a botte. Bei tempi, a Londra. È per questo che ho deciso di lasciare tutto a un mio collega di allora. L’unico che era sempre bonaccione, tranquillo, sereno. Una brava persona a cui avrei sempre voluto dire: apriti, esprimiti, tira fuori te stesso! Ma non l’ho mai fatto, purtroppo. Una volta però gli ho graffiato la macchina con le chiavi, mentre non mi vedeva. Ero ubriaco, ragazzi, non mi direte che non avete mai graffiato la macchina a un vostro amico da ubriachi?! Dài, chi volete prendere in giro? E insomma ieri pomeriggio gli telefono. “Ciao grande! Come stai? …che dici… Ah che bello, vedi? E come sta tua moglie… fantastico! Senti, ho una cosa importante da dirti, oggi stavo facendo testamento… Sì, il testamento, non l’hai mai fatto? Te lo consiglio. Insomma ti ricordi quel graffione bianco sulla Bmw? Sono stato io”. E subito ho attaccato. Eccolo lì che anche lui avrà questo senso di rabbia che sfogherà in modo inappropriato. Poi però stamattina mi viene un dubbio e gli ritelefono. “Basta che non te lo rivendi, ok?”. “Ma cosa?”, fa lui. Io: “Promettimi che non lo rivendi, altrimenti lo do a un altro”. “Ma di che cazzo parli?”. Si vedeva che rimuginava ancora sul graffio. E io: “Parlo di Questo mio senso di rabbia che sfogo in modo inappropriato. Promettimi che non lo venderai, altrimenti lo lascio a un altro”. E lui: “Ma vaffanculo!”. C’è l’aveva già molto, non vedeva l’ora che morissi per prenderselo tutto. Speriamo di non essermi sbagliato su di lui.

Voglio invece lasciare Il mio amore per le sostanze psicotrope a una ragazza dolcissima che ho frequentato mesi fa. Sto parlando di una cosa a cui non potrei mai allontanarmi, neanche volendo. Me l’ha lasciato un ambiente scolastico di merda, credo. Ma non era nulla all’inizio, Il mio amore per le sostanze psicotrope. L’ho fatto crescere io. Perché una cosa è l’innamoramento e una cosa è l’amore. L’amore vero ha bisogno dell’abitudine, si rafforza col tempo, non finisce subito come l’innamoramento. Questo è il messaggio che vorrei si portasse dietro Il mio amore per le sostanze psicotrope, che lascerò a questa ragazza con cui sono andato a letto 4-5 volte, mesi fa. Una ragazza dolcissima con un carattere eccezionale. Molto più giovane di me. Quando l’ho conosciuta beveva al massimo un paio di bicchieri di vino durante i pasti. Ma dopo che l’ho lasciata… Dopo che le ho detto che mi piaceva di più farmi il culetto della sua migliore amica e non avevo tempo per tutte e due i culetti, allora ho intuito un cambiamento. E ieri ho pensato che nessun’altra come lei avrebbe potuto apprezzare Il mio amore per le sostanze psicotrope. Certo, quando lo saprà ci rimarrà un po’ male. Sicuro che sperava le lasciassi Questo senso di rabbia che sfogo in modo inappropriato. Mi dispiace tesorino. Ti lascerò il mio amore per le sostanze psicotrope. Forse costa di più, ma non è detto che ti rovini il carattere.

C’è un’altra cosa che lascio, ma questa non ha un particolare valore materiale. Meglio, così non se lo rivendono. Si tratta de La mia collezione di cazzate. Svengo al solo pensiero di abbandonarla, ma che ci vuoi fare: è la vita. Addirittura aveva iniziato a farla mio padre, La mia collezione di cazzate, ma sono io che l’ho portata avanti. Certo, mio padre ha venduto un’Alfetta quasi nuova a un suo amico che gli aveva giurato che, entro una settimana, sarebbe uscito il modello nuovo e la buttava, la sua. Ma la più grande cazzata di mio padre è stato senza dubbio concepire me. E io, per tutta la vita, come forse avete capito, non ho fatto altro che cercare di superare mio padre. Cazzate su cazzate. Sempre sentendomi però inferiore a lui, perché lui aveva concepito me. Era inarrivabile. È come fare il musicista ed essere il figlio di John Lennon. Ho fatto del mio meglio, ecco. Quella volta che ho guidato bendato e senza patente… Quel pastore tedesco ucciso con la fionda… La laurea in giurisprudenza… È incredibile. Muori e perdi tutto. È stato tutto inutile, anche le cazzate. Quante cose capisci facendo l’eredità… Ma insomma, voglio lasciare La mia collezione di cazzate all’Istituto delle suore di Carità di Santa Maria Assunta del Carmine. Sì, quelle degli orfanelli. Non credo ci sia bisogno di aggiungere altro. Non lo faccio certo per prendermi le lodi. È una cosa che sento davvero.

Poi c’è Il mio desiderio di prevalere sugli altri. Questo non l’ho ereditato dai genitori. È tutto frutto del mio lavoro, altroché. Ai miei gli bastava prevalere l’uno sull’altro, erano autosufficienti, non si sono mai messi a fare a gara con gli altri. Gente semplice. Si sono ammazzati tra di loro. Il mio desiderio di prevalere sugli altri l’ho lasciato ai miei stagisti. Ieri pomeriggio gliel’ho all’interno di una riunione di staff. Hanno cercato di opporsi con strane teorie, “zitti!”, gli, ho fatto. “Zitti luride pulci teste di cazzo. È questo il modo di ringraziarmi? Vi sto dando un’opportunità, lo capite?”

A questo punto della mia eredità è rimasto Il mio potere di trasformare in merda qualsiasi cosa tocco, Questa mia faccia da cazzo e Il mio odio razziale. Ancora non ho capito a chi dare queste cose, volevo pensarci oggi. Interessano? Sicuri? Cosa? Certo che potete averle, neanche gli altri erano miei parenti. Ok, io ve l’ho detto, prendetevi tutto il tempo per pensare. Tranquilli.

Allora, a chi si prende Il mio potere di trasformare in merda qualsiasi cosa tocco e Questa mia faccia da cazzo gli faccio anche un regalino. Facciamo che si prende anche La mia impotenza episodica. Però dovete decidere adesso, ok?

Allora, attenzione. Ho capito come siete fatti. Chi si prende Il mio potere di trasformare in merda qualsiasi cosa tocco, Questa mia faccia da cazzo, almeno una parte de Il mio odio razziale gli do anche… La mia relazione di sesso selvaggio con la moglie di mio fratello. Sì, era vero, ma non lo dite a nessuno, va bene? È una porca che neanche vi immaginate, ve la sbattete tutte le volte che volete la sorella di mio fratello, quando io sarò morto. Insomma, non potete dirmi di no.

Ma arriviamo ai soldi. Sì, ci sono anche dei soldi, certo. E questi, purtroppo, non posso lasciarli a voi. Sono diventato più introspettivo per qualche oretta, mica più coglione. Questi soldi possono fare del bene. Forse più di altre cose che lascio, non credete che non lo sappia. Vorrei che questi soldi andassero al mio profilo di Facebook. Ho mandato un’email alla direzione di Palo Alto. Mi piacerebbe, pagando, che il mio profilo di Facebook abbia una persona, meglio se donna, che lo aggiorni tutti i giorni per me. Meglio se fregna. Sono sicuro che il mio profilo su Facebook gradirebbe di più. E questa persona potrebbe postare in eterno, frasette argute, foto curiose e divertenti, polemichette sull’attuale situazione politica o su quanto è stupido quello lì o quella là. Magari, con i soldi dell’eredità, questa persona che aggiorna il mio profilo all’infinito potrebbe fare dei regalini mirati, qua e là. Regalare ricariche del cellulare a delle ragazze molto giovani, a delle studentesse che non arrivano a fine mese o che si vogliono comprare vestiti migliori. Con i soldi dell’eredità potrei fare sesso virtuale per sempre, in una qualche misura. Meglio di niente quando sei morto, no?

 

*Claudio Morici, web artist, scrittore, copywriter, è nato a Roma nel 1972. Ex psicologo, ha ambientato il suo romanzo d’esordio, Matti Slegati (Stampa Alternativa, 2003), in una comunità terapeutica. Ha curato l’antologia Teoria e tecnica dell’artista di merda (Valter Casini Editore, 2004) e firmato sceneggiature di vari web cartoon (http://www.gordo.it). Tra i suoi libri Actarus, la vera storia di un pilota di robot (Meridiano Zero, 2007), La terra vista dalla Luna (Bompiani, 2009), L’uomo d’argento (E/O, 2012)

 

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