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Tamponi in Piemonte, aperta un’inchiesta

Tamponi in Piemonte, aperta un’inchiestaContinuano le sepolture al cimitero monumentale di Torino – LaPresse

Sanità La procura indaga sulla gestione delle analisi. Dal primo al 23 aprile circa 30 mila degli 88 mila test (un terzo del totale) eseguiti nella regione sono stati impiegati per tentare di certificare guarigioni. Cirio annuncia la chiusura dei take away anche dopo il 4 maggio e il no ai trasferimenti nelle seconde case

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 28 aprile 2020

La curva dei contagi, qui, ha toccato il picco da poco, due-tre settimane dopo il resto d’Italia, e scende più lentamente delle altre regioni. Ecco perché il Piemonte vive con molta più preoccupazione l’avvio alla Fase 2 rispetto ad altre aree del Paese. Che qualcosa non andasse era chiaro da tempo. Le proteste del personale sanitario e le morti nelle Rsa sono solo la punta dell’iceberg di una gestione piena di falle. E su questo vuole vederci chiaro anche la Procura di Torino, che ha istituito un pool anti-Covid per accertare eventuali responsabilità amministrative. L’assessore regionale alla Sanità Luigi Icardi si sente, però, tranquillo e nega possibili dimissioni: «Ci ho sempre messo la faccia e ho fatto tutto quello che potevo e che sapevo. Se dovessi andare in carcere, lo farò a testa alta».

LA MAGISTRATURA vuole approfondire anche la questione tamponi, aumentati nell’ultimo periodo ma vero tallone d’Achille della gestione regionale. I tamponi sono una delle principali necessità per vivere con maggiore tranquillità la prossima fase: servono a individuare i contagiati e fare tracciamento dei loro contatti, a scopo preventivo nei confronti delle categorie a rischio e a certificare le guarigioni dei contagiati. Proprio su questo aspetto, si è interrogato Alessandro Ferretti, ricercatore di fisica all’Università di Torino, che fin dall’inizio dell’epidemia ne studia i numeri e ha notato come dal primo al 23 aprile circa 30 mila degli 88 mila tamponi (un terzo del totale) siano stati impiegati per tentare di certificare guarigioni.

«Come si spiega che si sprechino decine di migliaia di tamponi per cercare di certificare guarigioni troppo precocemente, quando ci sono ancora moltissime persone sintomatiche in attesa del loro primo tampone? Sulla base di queste stime, appare probabile che per testare i sintomatici in attesa siano rimaste solo le briciole. Intendiamoci, la certificazione dei guariti non è un problema secondario. Però, è anche arrivato il momento che la Regione e l’Unità di crisi ci dicano con chiarezza e con i numeri come stiano utilizzando questi tamponi».

L’UNITÀ DI CRISI ha annunciato che inizierà al più presto un test a campione di 12.000 piemontesi usando il test sierologico per gli anticorpi. Ferretti ha lanciato una petizione, che ha già ottenuto oltre 2 mila firme, affinché ai test vengano affiancati altrettanti tamponi: «Il test sierologico non può dirci quante sono le persone in cui il virus è ancora attivo e che sono attualmente contagiose, ovvero una delle informazioni più importanti per valutare i rischi di una riapertura. Il tampone può, invece, rivelare la presenza del virus e consentire alla popolazione di avere dati certi sulla situazione attuale e per ottimizzare al meglio le fasi di riapertura».

IL PIEMONTE è diventata la prima regione per positivi al Coronavirus in rapporto al numero di abitanti. Si tratta di 355,9 casi ogni 100 mila abitanti, più del doppio della media italiana di 175,4. Per questo motivo anche alcuni membri della nuova task-force come Giovanni Di Perri, direttore del reparto malattie infettive dell’Ospedale Amedeo di Savoia, invitano alla prudenza «per evitare di dover ricominciare da capo con il lockdown dopo due settimane». Sentito il comitato scientifico, il governatore Alberto Cirio parla di linea di rigore annunciando la chiusura dei take away anche dopo il 4 maggio e il no ai trasferimenti nelle seconde case. Dall’opposizione, Marco Grimaldi di Liberi Uguali Verdi chiede una presa d’atto degli errori: «Non abbiamo saputo proteggere chi lavorava per noi là fuori e i più fragili, ovvero i ricoverati nelle Rsa. Il Piemonte è un sorvegliato speciale, ha bisogno di un vero cambio di velocità».

INTANTO, dopo continui ritardi, sono partite le Usca torinesi (Unità speciali di continuità assistenziale), precedentemente bloccate dalla firma del contratto e da dispositivi di protezione carenti. Il loro operato sarà fondamentale in questa fase. Ma lamentano già disservizi: «Soprattutto un’assenza di coordinamento. È stata attivata una centrale Covid al Valdese con infermieri, a San Salvario, mentre la centrale Usca con i medici è rimasta a Grugliasco. Purtroppo l’Unità di Crisi – racconta un medico del servizio – ha agito e continua farlo sul modello del 118, sul contingente mai sulla pianificazione. In Piemonte, è risaputo, le carenze sono state proprio sul territorio».

Ieri, infine, sono tornati in fabbrica 250 operai delle Carrozzerie di Mirafiori impegnati sui prototipi della 500 elettrica. «La prova del fuoco – sottolineano Edi Lazzi e Ugo Bolognesi della Fiom torinese – ci sarà quando lo stabilimento ripartirà a pieno regime con l’avvio della linea produttiva del Levante».

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