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Talento da diva, fragilità da attrice

Talento da diva, fragilità da attriceJoan Fontaine in Rebecca la prima moglie

Stelle Scompare Joan Fontaine, Oscar per Il sospetto. Leggendaria la sua rivalità con la sorella, Olivia de Havilland

Pubblicato quasi 11 anni faEdizione del 17 dicembre 2013

Si chiamava Joan de Beauvoir de Havilland ma il nome lo aveva cambiato subito, non sia mai che potessero confonderla con la sorella, Olivia de Havilland di appena un anno maggiore. A Hollywood la rivalità tra le due divenne subito leggendaria. «Mi sono sposata per prima, ho vinto l’Oscar prima di Olivia e se muoio prima io lei impazzirà di rabbia perché l’avrò ancora battuta» è una delle frasi celebri di Joan Fontaine, che se ne è andata a 96 anni, nella sua casa di Carmel, in California, mantenendo la promessa. Ancora una volta la sorellina minore (ma di solo un anno) ha battuto quella più grande.

Eppure non avrebbe dovuto preoccuparsi.Joan era infatti un’attrice fuoriclasse, col dono speciale di una presenza seduttiva e invisibile. L’attrice neutra prediletta da Hitchcok, infatti il regista la volle in due dei suoi capolavori, due personaggi complessi, dolorosi, giocati su una miscela di fragilità e controllo emozionale: Il sospetto, per il quale Fontaine vinse l’Oscar, dove interpreta la terrorizzata moglie di un ambiguo Cary Grant. E Rebecca la prima moglie, in cui da vita a uno dei grandi personaggi femminili della storia del cinema. E poi: come dimenticare la ragazza tenera, timida e follemente ostinata nel suo amore, la Lisa Berndle di Lettere da una sconosciuta di Max Ophüls?

Nata in Giappone, a Tokyio, nel 1917, da una famiglia upper class dell’impero britannico – il padre Walter Augustin de Havilland era avvocato per le concessioni riservate agli stranieri – tra i suoi cugini Joan annoverava Geoffrey de Havilland, che progetterà gli aerei Hurricane e Mosquito, essenziali per la Gran Bretagna nella seconda guerra mondiale. Anche lei come la sorella Olivia, molto probabilmente deve alla madre Lilian la passione per la recitazione. Prima del matrimonio Lilian era infatti attrice, costretta a abbandonare tutto per seguire il marito. Il matrimonio però non dura, Lilian e Joan, ufficialmente per la salute della bambina, si trasferiscono in California. Joan ritorna a Tokyio per finire gli studi, ma nel ’35 è di nuovo in America, seguendo il richiamo delle scene. Debutta col suo nuovo nome, Joan Fontaine, e viene messa sotto contratto dalla Rko di Howard Hughes. Sono gli anni di piccole parti, anche in film molto importanti, come Donne di Cukor, senza trovare però il ruolo chiave che ne riveli le doti.

Le cose cambiano all’improvviso dopo l’incontro con David O.Selznick. Siamo nel ’40, il produttore è all’apice della sua fortuna dopo il successo di Via col vento, e ha chiesto a Hitchcock di girare l’adattamento del romanzo di Daphne du Maurier, Rebecca. Joan ottiene la parte, è una scommessa grandissima per la giovane attrice che riesce a vincerla. Con precisione riesce a rendere la sfumatura ingenua, e dolorosamente stupefatta, della ragazza innamorata messa di fronte a misteri terribili. Il film è un grande successo, Joan Fontaine viene nominata all’Oscar, che vincerà l’anno seguente, appunto, per Il sospetto.

Nel corso degli anni successivi, da ancora vita a donne timide, riservate, schiacciate da un desiderio violento degli uomini in cui si specchia il loro. Nel ’44 la troviamo accanto a Orson Welles in Jane Eyre (La porta proibita) e qualche anno dopo Ophuls la vuole come protagonista in Lettere da una sconosciuta, l’amour fou della ragazza innnamorata perdutamente del suo vicino di casa che neppure la vede. E che non si ricorderà di lei, nonostante la donna sia pronta a lasciare tutto anche dopo anni per lui, rischiando la solitudine, la morte … La filmografia di Joan Fontaine continua, la vuole Ida Lupino nella sua regia, La grande nebbia (The Bigamist), (’’53), è in Ivanhoe di Richard Thorpe, nel Lang di L’alibi era perfetto e con Belafonte in Un’isola al sole. Dagli anni sessanta lavorerà soprattutto a teatro e per la tv. Nel ’78 pubblica le sue memorie, No Bed of Roses, spietato ritratto di Hollywood, e racconto del trauma legato alla rottura con la figlia adottiva Martita.

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