L’accorpamento degli istituti previsto dal ministro all’Istruzione e merito (Mim), Giuseppe Valditara da questione tecnica è diventata fonte di scontro politico. Un problema per il governo di Giorgia Meloni, dato che l’opposizione al disegno di legge non è portata avanti solo dalle regioni governate dal centro sinistra ma anche da quelle di destra.

Mercoledì scorso, nel corso della Conferenza delle Regioni con Valditara, anche Sardegna e Abruzzo hanno confermato il loro no, aggiungendosi a Campania, Emilia-Romagna, Puglia e Toscana e al parere negativo dei sindaci dell’Anci e delle provincie dell’Upi. «È una legge di stampo fortemente centralista dove la Regione è chiamata ad applicare dati meramente algebrici ed è relegata a mera esecutrice di queste norme – spiega l’assessore alla Pubblica Istruzione della Regione Sardegna, Andrea Biancareddu – insomma dovranno commissariarmi». Anche l’Abruzzo, guidato dal meloniano Marco Marsilio, ha detto no «per le gravi criticità che causerebbe al sistema abruzzese, tra cui il taglio tra 15 e 20 dirigenti». «Il taglio di figure essenziali provoca conseguenze molto gravi» ha detto l’assessore abruzzese all’Istruzione, Pietro Quaresimale. Anche il Veneto, tramite l’assessora all’Istruzione Elena Donazzan, esprime perplessità. «Se deve esserci un dimensionamento degli istituti scolastici imposto dalla denatalità – ha detto Donazzan – vorrei che fosse la Regione ad avere la propria capacità programmatoria. Mi prendo volentieri la responsabilità delle scelte, che devono permettere di tenere aperte anche le piccole scuole».

La norma sul dimensionamento è stata inserita nella Legge di Bilancio e prevede tagli di sedi e organico a partire dal 2024/2025 ma con i primi effetti già dal prossimo anno. Sulla base dei vincoli imposti dal Pnrr, era stata disegnata tenendo conto che l’invecchiamento della popolazione comporta la diminuzione drastica del numero degli studenti. Secondo diversi studi, tuttavia, potrebbe avere effetti negativi sui territori che hanno scuole con meno di 900 iscritti e nel Sud Italia. In Sardegna si potrebbero formare plessi anche di 40 comuni. «Per visitarli tutti, il dirigente scolastico incaricato dovrebbe fare il Tour de France» ha detto Biancareddu.

Toscana, Campania, Puglia, Emilia Romagna hanno impugnato la norma davanti alla Corte Costituzionale. «Se si determinano condizioni di minore prossimità con la gente, per l’accorpamento – ha spiegato il presidente della Toscana Eugenio Giani – è evidente che si dà spazio a un’istruzione che trova altre forme di espressione quali, probabilmente, l’istruzione privata, questo è un errore». Anche i segretari generali di Flc Cgil, Cisl Scuola e Uil Scuola Rua hanno richiesto una convocazione urgente al Mim perchè «il dimensionamento si sta definendo in assenza di qualsiasi confronto sindacale». «Stiamo dicendo da mesi queste norme mettono a rischio la funzionalità di molti istituti scolastici e soprattutto il diritto allo studio – dice la senatrice Pd Simona Malpezzi- il governo si fermi, non usi l’Europa come un alibi e corregga questa norma che taglierà quasi 900 scuole». Di certo il governo dovrà riflettere: la norma stabilisce che le Regioni debbano definire il proprio piano entro la fine di maggio; i piani dovranno poi essere recepiti a livello nazionale entro il 30 giugno con un decreto ministeriale. In caso inerzia da parte delle regioni, il governo potrà comunque adottare il piano. Da vedere se Valditara, come annunciato, andrà avanti comunque mettendosi contro anche le regioni guidate dalla destra. Intanto oggi il ministro arriverà in Puglia, una delle regioni che sarebbero più danneggiate dal provvedimento, per un convegno e non si escludono contestazioni da genitori, studenti e sindacati.