Economia

Taglio al cuneo fiscale e no a nuove tasse. Azzardo sul tavolo Ue

Taglio al cuneo fiscale e no a nuove tasse. Azzardo sul tavolo UePier Carlo Padoan e Paolo Gentiloni – LaPresse

Governo Nel Def anche il reddito d’inclusione, ma limitato. Nel complesso si superano i 20 miliardi, sperando ancora nella flessibilità. Si attendono ancora le cifre esatte della manovrina. Incontro Padoan-Boschi per sciogliere gli ultimi nodi

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 13 aprile 2017

Cifre e percentuali piovono a valanga ed è impossibile distinguere le certezze dalle speranze, i progetti dalle pie intenzioni. Del resto proprio questo era l’obiettivo cercato mettendo insieme Def, Piano riforme, manovra correttiva e interventi vari: rendere impossibile il raccapezzarsi lasciando così spazio alla parola del governo o più precisamente al suo trionfalismo. Però mettendo insieme la promessa di abbassare il rapporto deficit/Pil dal 2,1 all’1,2%, i fondi per il contratto del pubblico impiego, il taglio del cuneo fiscale, che sostituisce il promesso ma irrealizzabile calo dell’Irpef e che pur se inizialmente limitato a donne e giovani non sarà a costo zero, il sostegno alle misure «espansive» previste dal piano riforme, che negli auspici del governo dovrebbero far impennare il Pil di 2,9 punti in 5 anni e di 4,7 in 10 e ancora i fondi per terremoto e contrasto alla povertà, senza contare le spese fisse, si supera di un bel po’ la soglia dei 20 miliardi.

Il compitino, oltretutto, andrà assolto tenendo da parte una decina di miliardi per la ricapitalizzazione delle banche e preparandosi per non farsi cogliere alla sprovvista quando, nel 2018, il provvidenziale Quantitative easing di Draghi verrà a mancare. Il tutto senza toccare l’Iva: a pochi mesi dalle elezioni non se ne parla. Le privatizzazioni invece ci saranno. Su quel fronte Padoan l’ha spuntata anche se sarebbe audace pensare che Renzi si sia arreso e non mediti di tornare alla carica. In ogni caso l’introito previsto si è drasticamente abbassato: non più 8 miliardi, pari allo 0,5% del Pil, ma 5.

Il documento minimizza. Scommette su un Pil all’1,1% pur sapendo che è un azzardo assoluto. Fissa a 10 miliardi la cifra necessaria per raggiungere quell’1,2% deficit/Pil. Glissa sulle clausole di salvaguardia. Esalta le trovate del Rei, Reddito di inclusione attiva, che dovrebbe andare a sostegno dei quasi 5 milioni di cittadini poveri certificati dall’Istat, e del Bes, l’indice del Benessere equo e sostenibile che dovrebbe sostituire il Pil come termometro dello stato del Paese e ispirare adeguati interventi. E’ vero che al momento i fondi a disposizione del Rei bastano appena per sostenere con meno di 500 euro al mese meno di un terzo delle famiglie povere, ma quel che conta è partire.
La realtà è che la partita dei prossimi mesi sarà ancora una volta tutta giocata sul tavolo della flessibilità concessa o negata dall’Europa. Padoan spera che l’Ue si accontenti di un rapporto deficit/Pil dell’1,8%, che metterebbe davvero fuori discussione l’aumento di un punto di Iva. Per il Pd, cioè per Renzi che formalmente è solo un privato cittadino candidato alla segreteria del Pd ma che di Def e manovrina si è impicciato come se fosse il vero capo del governo, neppure questa concessione basterebbe. Bisogna arrivare al 2%: allora sì che passa la paura. Al momento comunque il presidente-ombra è soddisfatto e promuove il “suo” governo: «Non ci sono tasse. Gentiloni e Padoan hanno lavorato bene».

Per la verità il documento prevede un innalzamento della pressione fiscale per il 2018 e 2019: dall’attuale 42,3% rispettivamente al 42,9 e 42,8%. Poco male: a quel punto le elezioni saranno alle spalle. Oltretutto Renzi ha all’attivo lo stop alla riforma del catasto e quello alla norma antiscorreria del ministro-nemico Calenda. Nonostante le privatizzazione il saldo è positivo.

Resta da sciogliere, nonostante le assicurazioni di Padoan, il nodo manovra correttiva. Le cifre esatte, promesse entro la giornata di ieri, non sono arrivate. In compenso il ministro si è incontrato con la plenipotenziaria di Renzi, Maria Elena Boschi, per risolvere gli ultimi contenziosi. Quadrare il cerchio tra le esigenze del Mef, contrario a nuovi tagli, e quelle del Nazareno, ostile a nuove tasse prima delle elezioni, non è facile e mancherebbero ancora circa 600 milioni. Pare in compenso certo che ci saranno gli aumenti sulle sigarette e sul gioco d’azzardo. Gentiloni, aveva detto che il decretone non prevedeva nessuna nuova tassa, ma che c’entra? Quelli sono vizi. Gli aumenti non sono tasse ma opere morali.

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