Tagli alle infrastrutture del Centro Sud: il governo conferma lo stralcio di oltre 2,5 miliardi che si traduce nella cancellazione di progetti come l’Interporto di Livorno, la Roma-Pescara, la Orte-Falconara, la chiusura dell’anello ferroviario di Roma e il completamento dell’elettrificazione della tratta Catanzaro Lido-Reggio Calabria. «La destra ammette che non verranno reinserite, a differenza di quanto promesso, nella prossima legge di Bilancio. Il governo Meloni ha bisogno di risorse e sottrae i finanziamenti già assegnati» è il commento di Marco Simiani e Anthony Barbagallo, capigruppo Pd nelle commissioni Ambiente e Trasporti, firmatari di un’interrogazione discussa ieri alla Camera.

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Del resto è lo stesso ministero delle Infrastrutture retto da Salvini a spiegarlo nella risposta: «Si è presentata la necessità di rimodulare le risorse per finanziare opere con una maturità progettuale avanzata. A tal fine, sono state attinte risorse da progetti che non prevedono obbligazioni giuridicamente vincolanti nel 2023». Sempre il ministero spiega che si è scelto di dare copertura finanziaria «alla prosecuzione di alcune delle attività dei progetti legati al Pnrr in linea con i termini del Piano, nonché delle opere attribuite al coordinamento dei commissari e di quelle ritenute prioritarie». Per i progetti tagliati se ne riparlerà nell’aggiornamento del Contratto di Programma Rfi 2024. Quello che la replica non dice è dove sono state allocate le risorse: 1,105 miliardi sull’Alta velocità Verona-Padova e 462 milioni sul nodo di Genova e Terzo valico dei Giovi. Il governo, quindi, sottrae fondi al Centro Sud in favore del Nord. Del resto per Salvini nel Mezzogiorno basta fare il Ponte sullo Stretto mentre si possono dirottare i 40 milioni della tratta Catanzaro Lido-Reggio Calabria.

La scure arriva anche sui progetti di rigenerazione urbana per i piccoli comuni: «Il bando che avrebbe dovuto rivitalizzare i centri fino a 15mila abitanti non solo non è stato emanato entro lo scorso giugno ma tutte le risorse previste, pari a 235 milioni di euro, sono state definanziate, destinate ad altre finalità dal dl 104 del 2023 (decreto Asset ndr)» spiega ancora Simiani. Non va meglio neppure ai comuni più grandi che da mesi portano avanti un braccio di ferro con il ministro Fitto, deciso a cancellare 3,3 miliardi previsti dal Pnrr per i Piani urbani integrati relativi alle periferie delle città metropolitane.

Martedì c’è stato un incontro con i sindaci, decisi a fermare il governo. La proposta finale di Fitto è stata: rivisitazione dei tagli a patto che le amministrazioni si facciano carico delle sanzioni e del finanziamento dei progetti in caso di fallimento degli obiettivi, in base al principio «chi sbaglia paga». Senza mettere però in conto che l’atteggiamento del governo ha comunque rallentato le tabelle di marcia grazie al clima di incertezza alimentato dalle previsioni negative, smentite però già ad agosto dall’Anci. Ieri Fitto ha insistito: «Nonostante dati che fanno obiettivamente intendere criticità enormi e importanti, c’è l’insistenza per lasciare l’intervento nel Pnrr. Chi punta a rimanere nel Pnrr deve avere la possibilità di accettare quello che il governo proporrà: un articolo di legge che responsabilizza tutti. I miei interlocutori sono molto positivi, io temo che non sia così e stiamo passando a una verifica sulla tempistica».

Il governo quindi spinge perché ci sia il taglio e, invece di aiutare a superare le difficoltà, continua a crearne in modo che la sua stessa profezia finisca per avverarsi. Ovviamente la clausola sarà un ostacolo soprattutto per i comuni del Sud, alle prese con i problemi di bilancio. «Abbiamo fatto presente la nostra posizione – ha spigato ieri il sindaco di Napoli, Manfredi -. Serve un confronto nel merito: laddove ci sono criticità, che le si affrontino in maniera singola, il nostro obiettivo è dare risposte».