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Tacchi a spillo nel Dipartimento di Stato

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Televisione L’idealismo politico nell’ottimo «Madam Secretary», prima stagione sulla Cbs. Hillary Clinton è l'ombra nemmeno troppo nascosta che aleggia su questa serie tv

Pubblicato più di 9 anni faEdizione del 25 marzo 2015

Se le dinamiche tra Claire e Francis Underwood, la power coppia washingtoniana della serie Netflix House of Cards, ricorda una visione diabolica del matrimonio tra Bill e Hillary Clinton (specialmente nella terza stagione, in cui si rivelano le ambizioni politiche di Claire), Hillary è l’ombra nemmeno troppo nascosta che aleggia su una serie tv completamente diversa, di cui si sta per concludere la prima stagione, sulla CBS. Pensata per il pubblico di un network, e quindi un’audience molto più vasta, diversificata e generalista di quelle che accedono a canali a pagamento come HBO, o in streaming come Netflix, Madam Secretary è stata parzialmente ispirata (a detta dei produttori Barbara Hall e Lori McCreary) dalla testimonianza sull’attacco all’ambasciata di Bengasi rilasciata da Hillary Clinton al Congresso, nel 2012.

Ma questo serial intelligente, che protegge il suo cauto credo progressista con una stucchevole imbottitura di scenette di «vita famigliare a Georgetown», è l’antitesi assoluta non solo della polarizzazione mediatica e delle teorie del complotto che funestano da sempre la carriera politica di Hillary Clinton (da Travelgate, a Whitewater a Bengasi… al recente «scandalo» delle e mail), ma anche di tutta tv sulla politica di Washington che si vede oggi –dal cinismo machiavellico di House of Cards, all’iperbole soap di Scandal, alla commedia acida di Veep.
È piuttosto l’idealismo di The West Wing (con il suo presidente democratico, inventato da Aaron Sorkin come antidoto agli anni bui della rivoluzione repubblicana e di George W. Bush) che attraversa i corridoi del Dipartimento di stato di Madam Secretary.

https://youtu.be/W3U4f6lsp4E

Rispetto ad altre serie «washingtoniane», quella di Hall e McCreary, è anche meno ossessionata dall’intrigo politico locale, e del process stesso delle politica, proiettata com’è piuttosto sull’estero: il primo episodio riguardava una crisi di ostaggi in Siria, il secondo inscenava in Yemen un attacco simile a quello di Bengasi, in un altro uno studente cinese chiedeva asilo politico agli Usa creando problemi con Pechino, in un altro ancora un diplomatico del Bahrain veniva incriminato per trattamento medioevale della cameriera; la crisi economica in Grecia è il soggetto dell’episodio numero 19….e la contestatissima trattativa verso un accordo sul nucleare con l’Iran è il leit motiva principale di tutta la stagione, che si conclude con il direttore della CIA accusato di tradimento.

hillary-clinton

A navigare tutte queste crisi, con tacchi a spillo anche quando è a Teheran in missione segreta e a rischio di bombe, Il segretario di stato del titolo è Elizabeth Faulkner McCord (Tea Leoni, anche coproduttore, insieme a Morgan Freeman), un’ex analista della CIA che vive insieme al marito accademico e ai tre figli in una splendida fattoria piena di cavalli quando l’ex capo dell’Agenzia e attuale presidente Conradt Dalton (Keith Carradine) le affida le redini dello State Department. Quello che Liz dovrebbe portare a Foggy Bottom (il soprannome dello USSD, dal quartiere washingtoniano in cui si trova) è, a detta del presidente, «una testa che pensa fuori dalla scatola. Anzi, che non sa nemmeno che quella scatola esiste». In altra parole, il sogno dell’elettore medio americano.

Filiforme, con un debole (oltre che per i tacchi molto alti) per le gonne a tubino, le camicie di seta e i golfini attillatissimi, di Hillary Clinton, Tea Leoni ha a malapena la pettinatura. Ma alcuni tratti del suo personaggio ricordano analoghi tratti della personalità dell’ ex first lady, ex segretario di stato e probabile futura candidata alla Casa Bianca. Diretta, occasionalmente impulsiva, incorreggibilmente onesta, dotata di un senso della giustizia inscalfibile, di un’etica del lavoro rigorosissima ma soprattutto di un common sense e di valori personali pronti a sfidare le bassezze e gli opportunismi della politica, Liz McCord è Hillary come la vedono i suoi sostenitori, e chi l’apprezza anche fuori dalle file di partito – un leader politico che «trama» a favore dell’accordo sul nucleare, a braccetto con ministro degli esteri iraniano (e suo ex fidanzato all’università), che sa dire no al presidente, che privilegia la trattativa personalizzata rispetto alle sclerosi del protocollo, che non si fa intimidire dal bullismo diplomatico (anche quando si tratta di alleati – già annunciato un episodio che echeggerà il discorso al Congresso di Netanyahu).. È anche un boss e una madre ideale….che rivela alla figlia di aver assistito alla tortura di un prigioniero e protegge i suoi dipendenti. Semplicistica, sentimentale, all American, eppure – di puntata in puntata – appassionante per la sua volontà inclusive, Madam Secretary è Hillary nel migliore dei mondi, non la caricatura bizantina, tradotta e vivisezionata dai media. Una realtà impossibile? Probabilmente. Ma sarebbe bello le dessero (almeno) una chance.

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