Ricostruendo nel 2016 sulle pagine di «The Paris Review» la genesi del suo più fortunato libro, Tutto quello che è un uomo, David Szalay confessava di aver cercato di scrivere un testo che riflettesse, anche sotto il profilo compositivo, «la fluidità e la complessità dell’Europa contemporanea». Tant’è vero che in un primo momento il filo conduttore tra le nove storie che costituivano quell’atipico romanzo doveva essere la mobilità frenetica che rimescola oggi il Vecchio Continente, resa possibile dalla sempre maggiore accessibilità dei voli. Quasi la condizione naturale del cittadino europeo fosse ormai un moto perpetuo i cui ritmi convulsi risultano...