«Prima gli italiani», la falla di Salvini
Diritti e Migranti Una norma del decreto Sicurezza. Nel testo è stato aggiunto il permesso di soggiorno per calamità: valido sei mesi, può essere usato adesso
Diritti e Migranti Una norma del decreto Sicurezza. Nel testo è stato aggiunto il permesso di soggiorno per calamità: valido sei mesi, può essere usato adesso
La più beffarda delle eterogenesi dei fini. Potrebbe essere firmata da Matteo Salvini. Che come autore del Decreto sicurezza rischia di dare il via libera alla regolarizzazione dei migranti agricoli che invece vorrebbe cacciare o continuare a pagare in nero o a voucher.
La beffa sta nell’articolo 20 bis del Decreto sicurezza – convertito nella legge 132 del 2018 – che ha modificato il Testo unico sull’immigrazione. Il decreto Sicurezza ha soppresso la tipologia di soggiorno per «motivi umanitari» come provvedimetno bandiera leghista, introducendo però casi speciali di permesso di soggiorno temporaneo per esigenze di carattere umanitario.
PROPRIO UNA CIRCOLARE del ministero dell’Interno del 15 ottobre del 2018 – con Salvini saldamente in sella al Viminale in pieno amore con il M5s – spiega «i principali interventi che hanno inciso sui testi normativi vigenti, in particolare introducendo, dopo l’articolo 20 Testo Unico sull’immigrazione, un nuovo articolo, il 20-bis, riconducibile alla situazione dello straniero che dovrebbe fare ritorno in un paese che versa in una situazione di contingente ed eccezionale calamità che non gli consente il rientro e la permanenza in condizioni di sicurezza».
In questa situazione di «pandemia globale» e con in più il blocco totale dei voli è chiaro che ogni bracciante migrante africano delle baraccopoli di San Ferdinando in Calabria o di Borgo Mezzanone in Puglia o un sikh nel Pontino rientra in questa specifica.
In questi casi le Commissioni dei tribunali che devono valutare le domande per il permesso di soggiorno presentate dai migranti «rilasceranno – spiega la circolare del Viminale – un permesso di soggiorno per calamità, di durata di sei mesi, cartaceo, che consente l’accesso al lavoro valido solo sul territorio nazionale».
Questo permetterebbe per esempio ai migranti di San Ferdinando sulla piana di Gioia Tauro e Rosarno che ora lavorano poco per la fine del raccolto delle arance di spostarsi a nord dove Coldiretti continua a chiedere manodopera per la raccolta degli ortaggi.
«Il decreto Sicurezza aveva obiettivi di ostracismo, di soffocamento della realtà migratoria – osserva Jean Renè Bilongo, dell’Osservatorio Placido Rizzotto della Flai Cgil – . Ma la previsione di un titolo di soggiorno per eccezionale calamità, e tutti sappiamo come il Covid 19 sia una calamità globale, è la strada per regolarizzare i migranti, specie quelli più in difficoltà e a rischio sanitario, potendo quindi essere soccorsi in caso di contagio».
«LA NORMA DEL DECRETO Sicurezza sul permesso per calamità ha una doppia valenza – spiega l’avvocata Mara Biancamano, esperta di immigrazione – da una parte la pandemia colpisce anche il paese di provenienza del migrante, dall’altra rende impossibile per l’Italia il rimpatrio del migrante che dunque non può che rimanere sul territorio italiano. La sua regolarizzazione assume quindi ancora più senso».
La strada del «permesso per calamità» è certamente una subordinata per il sindacato e le associazioni del terzo settore. La principale rimane una regolarizzazione totale, come fatto in Portogallo.
Anche perché la stessa circolare del Viminale specifica come il «permesso per calamità» non sia «convertibile in permesso di soggiorno per motivi di lavoro».
NONOSTANTE L’IMPEGNO della Flai Cgil e delle tante associazioni che fin da venerdì scorso hanno chiesto la regolarizzazione completa dei migranti braccianti, infatti, dal governo sono arrivate solo generiche aperture della ministra Teresa Bellanova che ha seguito quelle del ministro per il Sud Peppe Provenzano. Alla richiesta di accelerare sulla normativa per regolarizzare i migranti fatta dal segretario generale della Flai Cgil Giovanni Mininni, la ministra Bellanova non ha infatti ancora risposto.
Che qualcosa però si possa muovere viene confermato dalle dichiarazioni di ieri della capogruppo di Italia Viva – lo stesso partito della Bellanova . alla Camera Maria Elena Boschi: «La Bellanova ha fatto una ragionamento pragmatico: facciamo emergere il lavoro nero».
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