Svetlana Zakharova, l’onda dinamica della danza
A teatro A Ravenna l'étoile russa e il violinista Vadim Repin. A Parma con Sylvie Guillem e Russell Maliphant
A teatro A Ravenna l'étoile russa e il violinista Vadim Repin. A Parma con Sylvie Guillem e Russell Maliphant
Braccia che raccontano con il movimento le sfumature dell’animo, gambe che mettono in luce la potenza delle linee, corpi divenuti specchio di quell’alchimia tra scena e performance che contraddistingue un grande interprete. Sull’affacciarsi dell’estate, nei palcoscenici italiani dei grandi teatri di tradizione e di alcuni festival svettano nomi di étoile internazionali, seguiti da un numero potente di fans e cultori.
Ravenna Festival, giunto quest’anno alla sua venticinquesima edizione, ha scelto per l’inaugurazione dell’altro ieri una serata speciale, giocata sul matrimonio artistico, nonché sentimentale, tra musica e danza: in scena la coppia formata da Svetlana Zakharova, ballerina ucraina cresciuta nelle più grandi compagnie russe tra il Marinskij-Kirov di San Pietroburgo e il Bolshoi di Mosca, da qualche anno anche étoile della Scala, e Vadim Repin, virtuoso del violino, per l’occasione ravennate direttore e solista dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini. Zakharova e Repin sono marito e moglie, hanno una bimba piccola, e l’unione tra i due è l’anima del Pas de deux for Toes and Fingers, titolo del trascinante Gala-Concerto à la russe proposto a Ravenna in esclusiva nazionale al Palazzo Mauro de André con 2600 spettatori.
Si parte con Mozart e la sola orchestra nel Divertimento in re maggiore KV 136 (primo movimento), prologo all’entrata di Svetlana Zakharova in Distant Cries sull’Adagio dal Concerto per oboe in re minore op. 9 di Albinoni, coreografia di Edward Liang. Zakharova danza con Andrej Merkur’ev, étoile del Teatro Bolshoi, un passo a due di coinvolgente lirismo nel quale le linee perfette della danzatrice incantano il pubblico anche grazie all’arte di Repin. Il violinista, insieme alla Cherubini, è sul palcoscenico, e la presenza ravvicinata a Zakharova consegna alla platea un dialogo artistico amoroso che trasforma il duo coreografico in un passo a tre tra musica e movimento.
Tra i titoli più toccanti non si può non citare La morte de cigno di Fokine, sul Cigno di Saint-Saëns: un cammeo che dai primi del Novecento appartiene solo alle grandi dive del balletto e che con la partecipazione di Repin si colora di ancor più intime sfumature. Un gioiello, con Zakharova al top per sensibilità e stile. La diva ama però anche misurarsi con pezzi più nuovi, come Plus.Minus.Zero su Fratres di Arvo Pärt, danzato insieme al coreografo Vladimir Varnava: un racconto sulle dinamiche di coppia in cui Zakharova sperimenta una nuova, intrigante espressività.
Da Ravenna al Regio di Parma, per uno degli spettacoli più incisivi andato in scena nell’ultimo mese: il ritorno in Italia di Push, ipnotico titolo contemporaneo firmato da Russell Maliphant con la partecipazione di Sylvie Guillem, una diva di inossidabile intelligenza interpretativa. Potremmo considerare Push un classico della contemporaneità: quei pezzi da rivedere nel tempo con la gioia della riscoperta. Quattro titoli in cui il rapporto seduttivo tra luce e corpo innerva da cima a fondo danza e coreografia. Aprono le dinamiche avvolgenti di Solo con Guillem in bianco, seguite dalle visioni prospettiche tra corpo in scena e ombre che caratterizzano Shift, assolo con Maliphant. Imperdibile il capolavoro Two, l’assolo bloccato in un cono di luce con Sylvie al centro in una variazione cammeo con le braccia in vortice. Chiusura con il duo Push, musica come per Two di Andy Cowton: titolo dove i due artisti rivisitano l’idea stessa della partnership con prese, cadute, movimenti nello spazio in cui la relazione con la gravità, il contatto tra i corpi, l’individualità rivelano l’onda dinamica dell’arte della danza.
Il giro si chiude a Milano con due divi maschili, in scena al Teatro alla Scala per il primo e secondo cast del balletto d’apertura di Serata Petit. Un ritorno di titoli doc del mago del balletto moderno francese, Roland Petit: l’esistenzialista Le Jeune Homme et la Mort e Pink Floyd Ballet. Nel primo, su libretto di Jean Cocteau e musica di Bach, si sono alternati nel ruolo che fu già di Jean Babilée, Nureyev, e Baryshnikov, l’étoile di casa Roberto Bolle e l’ospite Ivan Vasiliev.
Tecnica da manuale, bellezza sofferta per Bolle, che danza con Marta Romagna un ruolo magnetico che gli fu affidato con intuito dallo stesso Petit. Se Bolle interpreta il dramma di Cocteau con quell’inconfondibile eleganza espressiva che caratterizza il suo stile, Vasiliev punta al fuoco, permettendosi un movimento più sornione e impulsivo. Al suo fianco danza la neo prima ballerina scaligera Nicoletta Manni ed è lei che vogliamo segnalare come nuova promessa in questo viaggio tra titoli e divi: sia in Pink Floyd Ballet che in Le Jeune Homme, Manni sfodera una personalità che attira lo sguardo: mix di signorilità del gesto e naturalezza del femminile che farà strada.
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