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Surname Viet Given Name Nam

Surname Viet Given  Name Nam

Oriente estremo Regista, teorica femminista, scrittrice e filosofa delle immagini, Trinh T. Minh-ha è una delle figure culturali ed artistiche più importanti ed affascinanti degli ultimi quarant’anni...

Pubblicato più di un anno faEdizione del 25 marzo 2023

Regista, teorica femminista, scrittrice e filosofa delle immagini, Trinh T. Minh-ha è una delle figure culturali ed artistiche più importanti ed affascinanti degli ultimi quarant’anni. Nata ad Hanoi nel 1952 ed emigrata negli Stati Uniti nel 1970, dagli inizi degli anni Ottanta si fa notare per alcuni dei suoi film attraverso i quali mette in discussione e cerca di decostruire l’atto della rappresentazione e l’approccio etnografico presente in molti documentari e film. «Reassemblage» del 1982 e «Surname Viet Given Name Nam» del 1989 sono forse i due esempi più scintillanti di questo percorso e nei decenni successivi Trinh espande questo suo approccio, rivolgendo la sua critica anche all’immagine digitale, specialmente in «The Fourth Dimension»(2001) e «Night Passage» (2004).

La sua opera cinematografica si interseca e andrebbe vista e considerata assieme alle sue pubblicazioni, saggi e libri di rara intensità e bellezza che continuano e amplificano il suo lavoro teorico toccando temi quali la posizione della donna nella società contemporanea, i processi di decolonizzazione e di soggettivizzazione o l’ossessione per il «reale» nella società contemporanea. Un’eccellente occasione per (ri)scoprire la sua opera, per chi ancora non la conoscesse, è offerta dal sito e-flux.com che ha reso disponibile, fino a fine marzo in streaming, «Surname Viet Given Name Nam».

Lavoro complesso e stratificato, il film è a prima vista composto da una serie di interviste fatte a donne vietnamite sulla loro vita nel paese asiatico, fin da subito però, ci si accorge che sono interviste fortemente stilizzate e attraverso l’inserimento di immagini di repertorio e la voce delle stessa regista che commenta, ci si rende conto di trovarsi davanti ad un ostico, ma affascinante mosaico di immagini e di suoni. Le intervistate sono in realtà donne vietnamite che abitano in America e che recitano le parole di altre donne, il loro accento è molto forte e non tutto quel che viene detto è comprensibile. Delle parole in sovraimpressione aiutano allora la comprensione, ma non tutto viene tradotto e spesso queste parole coprono quasi per intero lo schermo. Allo stesso tempo però, i racconti recitati portano alla luce problematiche presenti nella società vietnamita del tempo come il forte patriarcato e la posizione subalterna della donna, mentre nella seconda parte del film, quando le donne che hanno recitato raccontano se stesse, il razzismo e i luoghi comuni ancora presenti nella società americana dell’epoca nei confronti della popolazione asiatica.

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