«Penso anche a quella che Stefano Scodanibbio chiamava la qualità erotica della musica, cioè la sua capacità di attrarre l’orecchio e di innescare reazioni chimiche che precedano il pensiero»: così Mirco Ballabene in un’intervista di un paio di anni fa, in occasione del disco in quartetto Right to Party. Qui invece si presenta in affollata, rumorosa solitudine, confermando la non comune qualità della sua arte: essere magnete e inibire le vanità descrittive della parola. Il suono è per sua stessa natura indicibile; come diceva il poeta Giorgio Caproni: «Le parole. Già./ Dissolvono l’oggetto». Quattro delle sette tracce sono ispirate ai contrabbassisti Mark Dresser, Stefano Scodanibbio, Peter Kowald e Joëlle Léandre, una è per il compositore Salvatore Sciarrino. Ballabene senza timori reverenziali si mette in scia di personalità ingombranti e costruendo negli anni un repertorio di gesti che non vengono fissati su spartito (da qui il titolo), ci regala un disco coraggioso e maturo. Letteralmente da brividi l’unico pezzo totalmente improvvisato, il sesto, diviso in quattro movimenti e con lo strumento preparato con l’uso di chiodini giocattolo di plastica inseriti sulle corde.