Sultano Qaboos, potere assoluto e abilità diplomatica
Oman Morto a 79 anni dopo una lunga malattia, Qaboos bin Said ha reso l'Oman un paese moderno e un interlocutore diplomatico di primo piano, allacciando rapporti con Israele e mantenendo rapporti stretti con l'Iran contro la posizione saudita. Prenderà il suo posto il cugino Haitham
Oman Morto a 79 anni dopo una lunga malattia, Qaboos bin Said ha reso l'Oman un paese moderno e un interlocutore diplomatico di primo piano, allacciando rapporti con Israele e mantenendo rapporti stretti con l'Iran contro la posizione saudita. Prenderà il suo posto il cugino Haitham
Qaboos bin Said: un modernizzazione e un innovatore, non certo un democratico. Ne sanno qualcosa i dissidenti che hanno provato a contestare il potere assoluto che ha mantenuto sull’Oman per 49 anni. Ma anche un accorto diplomatico che spesso ha saputo portare il suo piccolo paese, popolato da meno di cinque milioni di abitanti, al centro delle vicende politiche regionali. Durante il suo lunghissimo regno, il sultano Qaboos – morto a 79 anni dopo una lunga malattia nella notte tra venerdì e sabato – ha avuto il merito di trasformare l’Oman, arretrato e desolato, in uno Stato moderno e persino in una destinazione turistica. E ha portato avanti una politica estera molto attiva, all’insegna della moderazione, rafforzando i legami con l’Occidente e tessendo i rapporti con Israele senza rinunciare a strette relazioni con l’Iran.
Qaboos era nato il 18 novembre del 1940 nell’Oman rimasto un protettorato britannico fino al 1971. Diplomatosi presso la Royal Military Academy Sandhurst, aveva servito l’esercito inglese. Salito al potere al posto del padre con un colpo di palazzo incruento nel 1970, il sultano avviò subito l’opera di modernizzazione di un Paese che 50 anni fa aveva solo tre scuole e dove era proibito un po’ tutto. Con riserve petrolifere e di gas nettamente inferiori rispetto a quelle dei paesi vicini, Qaboos ha puntato sulla diversificazione economica, sui commerci e la rilevanza dei porti dell’Oman, sfruttando però manovali a basso costo asiatici e africani. Di pari passo, il sultano si è affermato come un interlocutore diplomatico di primo piano, forte anche della posizione strategica del suo paese, all’imbocco del Golfo. Il suo più grande successo è arrivato quando l’Oman ha ospitato colloqui segreti tra diplomatici iraniani e statunitensi che hanno portato all’accordo nucleare del 2015. Una disponibilità nei confronti di Tehran che mise Qaboos in rotta di collisione con l’Arabia saudita e gli Emirati, nemici giurati dell’intesa internazionale con l’Iran che Donald Trump avrebbe stracciato tre anni dopo aprendo la crisi in atto.
I rapporti di amicizia con Tehran non hanno impedito al sultano di allacciare contatti con Israele, fino ad accogliere ufficialmente a Muscat, nell’ottobre del 2018, il primo ministro Netanyahu (aveva fatto altrettanto negli anni Novanta con Yitzhak Rabin dopo la firma degli accordi con l’Olp di Yasser Arafat). Dando il benvenuto a Netanyahu, Qaboos ha mostrato alla luce del sole ciò che dietro le quinte fanno i suoi più potenti vicini sauditi ed emiratini, che ipocritamente tengono nascosti i rapporti con Israele.
Qaboos non aveva figli e non aveva indicato suoi possibili successori. Ma avrebbe scritto segretamente il nome del cugino 65enne Haitham bin Tariq Al Said come la persona più indicata a prendere il suo posto, per la sua «saggezza». Haitham, nominato subito nuovo sultano, è stato ministro della cultura e sottosegretario agli affari esteri. Sarà chiamato a dare continuità all’attività diplomatica di Qaboos in un Medio oriente sull’orlo di una nuova guerra.
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