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Sull’origine delle emozioni, dalla neuropsicologia all’imaging

Sull’origine delle emozioni, dalla neuropsicologia all’imaging«Me with my own brain», di Jan Fabre

L'intervento L’attività del cervello: lo studio delle neuroscienze offre nuove prospettive d'indagine

Pubblicato circa 3 anni faEdizione del 28 agosto 2021

L’argomento che ha occupato e continua a occupare filosofi, psicologi e scrittori, e certamente neuroscienziati, è lo studio della attività emotiva del nostro cervello. Come elaboriamo le emozioni, come queste condizionano le nostre azioni e capacità cognitive?

Le neuroscienze hanno offerto una strada preziosa per comprendere le nostre emozioni. Si indaga come percepiamo, moduliamo ed esprimiamo le nostre emozioni in condizioni normali e anormali, con la neurofisiologia e la neuropsicologia e utilizzando le tecniche dell’imaging funzionale e molecolare.

I nostri momenti emotivi sono causati da segnali elettrici e biochimici del cervello che creano sensazioni istantanee di paura, rabbia, o più prolungate di felicità, tristezza… Le emozioni sono in realtà complessi processi coordinati a livello cerebrale, che coinvolgono anche le risposte del sistema vegetativo, e inducono comportamenti che guidano o facilitano le risposte a eventi esterni o interni. Ci sono attività cerebrali di livello inferiore e attività neurali di alto livello che forniscono rappresentazioni mentali di ciò che proviamo in rapporto a ciò che sta avvenendo.

Il nostro cervello si è evoluto con le emozioni che servono a costruire le nostre memorie, la nostra consapevolezza e coscienza. Le manifestazioni delle emozioni possono essere molto visibili, come le espressioni facciali, la postura, il comportamento, l’aumento della frequenza cardiaca, o della pressione sanguigna, mentre altre reazioni coinvolgono cambiamenti non visibili che percepiamo noi internamente e che contribuiscono a costruire il nostro sé cosciente. Le emozioni sono anche risposte di alto livello che forniscono una rappresentazione mentale e percettiva di ciò che proviamo, sono interne, soggettive e personali: il modo in cui si provano emozioni è basato sulle nostre esperienze individuali, credenze e ricordi. La scoperta del «sistema di risonanza a specchio» (i neuroni a specchio cosiddetti) ha fornito una prova neurofisiologica della nostra naturale predisposizione a essere in relazione con gli altri, un substrato neurale comune che costituisce un modello biologico attendibile delle relazioni intersoggettive e dell’empatia. Tutto ciò permette la comprensione delle emozioni degli altri rispetto a quanto proviamo noi, fondamentale aspetto delle relazioni sociali.

Le emozioni hanno un’enorme influenza sui processi cognitivi e comportamentali (la percezione, l’attenzione, le funzioni esecutive e in particolare l’apprendimento e la memoria). Le emozioni modulano i nostri interessi, segnalano in modo positivo o negativo gli interessi di base fisici così come gli interessi sociali. Il cervello è gerarchico, e la corteccia viene avvisata quando occorre agire. È il sistema limbico del cervello quello che sottostà alle emozioni e che scansiona e illumina tutto ciò a cui si dovrebbe prestare attenzione per sopravvivere. Le emozioni inducono la nostra corteccia a prestare attenzione al pericolo o a quello che ci gratifica. L’amigdala invia messaggi di paura e lo striato ventrale di piacere e gratificazione. Le emozioni ottimizzano e migliorano, oppure possono compromettere la conservazione delle nostre memorie. Le emozioni e la memoria condividono vie neurali e biochimiche che rappresentano la parte evolutivamente più antica del nostro cervello. I risultati delle neuroimmagini hanno dimostrato come influenze emotive agiscano sui processi di apprendimento e di memoria nello sviluppo e nella cognizione normale e come questi siano modificati in condizioni di malattia. L’incapacità di percepire, modulare ed esprimere correttamente le nostre emozioni è alla base di molte condizioni psicopatologiche. Questa perfetta architettura neurale è infatti alterata in diverse malattie psichiatriche e neurologiche come le malattie neurodegenerative associate a demenza, con grave perdita di memoria e regolazione delle emozioni.

Quando le strutture cerebrali necessarie per le emozioni e la memoria sono colpite e i pazienti non possono interpretare e riconoscere le emozioni, fondamentale per l’interazione sociale e la formazione e il mantenimento delle relazioni interpersonali.

Lo studio dell’attività emotiva del nostro cervello è fondamentale perché cerca di capire e spiegare la nostra capacità di elaborare le emozioni e incanalarle, con possibilità di costruire accurati modelli teorici e strumenti di intervento utili. Lo studio delle emozioni è insito in molte discipline, dalle neuroscienze sociali, alla scienza della coscienza alle teorie della mente.

*Neurologa, Università Vita-Salute San Raffaele, Divisione di Neuroscienze Istituto Scientifico San Raffaele, Milano. Interverrà il 4 settembre

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