«Sull’estetica» di Edgar Morin, distinguersi nell’inseparabile
Scaffale La questione posta dal filosofo potrebbe essere descritta come la non corrispondenza di un atto, una qualità con un significato o un segno. Tutto ciò che distingue questi non solo attesta la loro inseparabilità ontologica ma anche, all’interno di quest’ultima, la loro dimensione estetica
Scaffale La questione posta dal filosofo potrebbe essere descritta come la non corrispondenza di un atto, una qualità con un significato o un segno. Tutto ciò che distingue questi non solo attesta la loro inseparabilità ontologica ma anche, all’interno di quest’ultima, la loro dimensione estetica
L’estetica è ciò che eccede la funzione. Non riguarda soltanto gli oggetti d’arte e ne è soggetto ogni essere sensiente piante incluse. È sentire e esprimere. È inseparabilmente sentimento, come più tradizionalmente si è detto, e emozione, come invece più di recente si afferma.
Dal punto di vista ontologico, l’estetica mostra come l’atto e la potenza non sono separabili proprio nella misura in cui essi non corrispondono.
SENTIRE E EMOZIONARSI è distinguere e distinguersi nell’inseparabile. Sono tali agire e essere agiti che costituiscono il fondamento dell’estetica, ma non i singoli atti e le specifiche forme che essi costituiscono. Non esistono forme oggettive di sentimento e emozione. È tuttavia oggettivo che gli atti, i fatti e gli oggetti si costituiscono non esaurendosi sempre e completamente nella loro funzione, cioè nel loro servire a uno scopo specifico. Ciò di converso è vero anche per quegli atti, fatti e oggetti appositamente costituiti per svolgere una funzione estetica.
Anche in questo caso, la specifica funzione non esaurisce tutte le loro possibilità. Al di là di tantissimi esempi che potremmo fare in ambito umano, molto significativi sono quelli che il naturalista Portman, richiamato subito da Edgar Morin (Sull’estetica, Raffaello Cortina Editore, pp. 126, euro 11), fa attraverso le forme e il piumaggio degli animali sostenendo che essi non possono essere ridotti esclusivamente alla sopravvivenza e alla riproduzione. Tutta la natura, forse persino gli enti inanimati sono, nel senso estetico dei termini, sensienti e emotivi, cioè sono ricettori e produttori degli stessi.
DAL PUNTO DI VISTA SEMANTICO, la questione posta da Morin potrebbe essere descritta come la non corrispondenza di un atto, una qualità con un significato o un segno. Tutto ciò che distingue questi non solo attesta la loro inseparabilità ontologica ma anche, all’interno di quest’ultima, la loro dimensione estetica. Segno e significante sono inseparabili. L’estetica è ciò che può distinguere da essi ora ponendo l’accento sul primo ora sul secondo.
È così che in alcuni casi potremmo dire perché proviamo o forniamo un certo sentimento e emozione; altre volte invece perché li proviamo o li forniamo. Questo rifluire di sapere e non sapere è il sentimento e l’emozione estetici. Per Morin ciò che chiamiamo estetica è ciò che temporaneamente «mette in stato» il moto del sentimento e dell’emozione (parola quanto mai evocativa in tal senso). Questo è il senso base di un’altra parola associata all’estetica e cioè l’«estasi».
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