Visioni

Sulle tracce dell’amico nel «teatro» di Palermo

Fuori Concorso Franco Maresco, omaggio a Scaldati

Pubblicato circa 9 anni faEdizione del 11 settembre 2015

Un anno dopo lo straordinario Belluscone. Una storia siciliana, Franco Maresco torna a Venezia fuori concorso con un piccolo film dedicato a Franco Scaldati, drammaturgo e attore di teatro morto a Palermo nel 2013. Progettato come un documentario per Rai5, Gli uomini di questa città io non li conosco. Vita e teatro di Franco Scaldati ha acquisito in corso d’opera un respiro maggiore fino a raggiungere la durata di un lungometraggio. E quello che doveva essere un ritratto d’artista si trasforma in un viaggio nel tempo e, infine, in una storia d’amore. La biografia di Scaldati si identifica in un primo tempo con la storia della città: nato nel 1943 a Montelepre, dove i genitori erano sfollati per sfuggire ai bombardamenti angloamericani, Franco viene raccontato come studente svogliato che entra fortunosamente in contatto con gli intellettuali cittadini lavorando alla sartoria Ferina. Il suo accesso alla cultura è libero e appassionato, una conquista personale profondamente cercata, come in tante biografie intellettuali della sua generazione.

Scoprire Beckett equivale a trovare la chiave per affrontare una materia espressiva dura e mai portata in scena: Il pozzo dei pazzi, nel 1976 mette in scena due matti che si contendono una gallina, ed è il primo tentativo, riuscito, di mettere in contatto la superficie con le profondità nascoste della città. Gli inferi di Palermo, le macerie della modernità, l’evidenza irriducibile di corpi che rifiutano la norma: sono gli stessi elementi che fin dall’inizio popolano la televisione e il cinema di Ciprì e Maresco, i cui non frequenti squarci lirici devono qualcosa a Lucio (1977) e al lato «lunatico» e astratto di Scaldati. Da un certo punto in poi nel film la vicenda di Scaldati, con i suoi riconoscimenti nazionali (i libri, i premi Ubu, la regia di Elio De Capitani) e le testimonianze di Emma Dante, Letizia Battaglia, Goffredo Fofi, Roberto Andò, è contrappuntata con la storia della città.

E Palermo per Maresco è il mondo: dalla miseria di Cortile Cascino (ripreso nel 1962 dal celebre documentario di Roemer e Young) agli obbrobri edilizi del boom economico, dalle stragi di mafia alla primavera di Orlando, nel microcosmo cittadino trova teatro l’intera vicenda umana secondo un processo di intensificazione che la rende drammatica e grottesca. Ma é verso la fine che il film ha uno scatto: Scaldati cessa di essere l’autore venerato e si trasforma in sodale di uno straordinario periodo creativo. L’attore compare in molti lavori di Cipri e Maresco, è protagonista insieme a Luigi Burruano di Il ritorno di Cagliostro, con Mimmo Cuticchio ed Enrico Rava è la terza pala d’altare di Viva Palermo e Santa Rosalia, uno spettacolo teatrale portato in giro per l’Italia nel 2006. Maresco, nota Emiliano Morreale nella sua testimonianza, comincia a somigliare fisicamente a Scaldati, e il ricordo di loro due, i lunghi barboni bianchi, che attraversano i vicoli del centro storico nella notte evocando i morti veri e quelli apparenti è irresistibile. Il film si lascia conquistare dall’affetto e nell’identificazione dell’autore con il suo soggetto trova noti malinconiche ma non disperate come in Io sono Tony Scott, ovvero come l’Italia fece fuori il più grande clarinettista del jazz, di tutti il film più simile a questo. Storia d’amore per un grande autore, per un amico, per il teatro, il film mette in condizione lo spettatore di condividerne il privilegio per un’ora e mezza. Cosa chiedere di più?

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