Alias

Sulle strade del Tokaido

Sulle strade del TokaidoLe 53 stazioni del Tokaido, Kyoto, vista del ponte Sanjo (n°55)

Mostre Al museo Guimet di Parigi le stampe di Hiroshige appartenute allo scrittore e sinologo Victor Segalen

Pubblicato circa 5 anni faEdizione del 7 settembre 2019

«Il viaggio da Kamakura a Kyoto dura dodici giorni: se viaggi per undici giorni e ti fermi quando ne manca uno solo, come puoi ammirare la luna sopra la capitale?», si chiede un antico testo buddista. Nel medioevo Kamakura, a sud di Tokyo che si chiamava Edo, era il centro politico del Giappone con decine di templi zen e santuari shintoisti. Nel tempio di Kotoku-in, l’attrazione principale era la statua di bronzo del Grande Buddha alta tredici metri che richiamava folle di pellegrini. Ma la capitale economica era Kyoto, nella stessa isola di Honshu nel sud est del paese. Collegava Edo a Kyoto la strada costiera del Tokaido, la via del mare dell’Est, il più celebre cammino dell’epoca, che ispirò una vasta produzione artistica di stampe impresse su carta con matrici di legno.
Il sistema politico si reggeva allora sullo shogunato, equivalente al feudalesimo occidentale, che fu abolito solo nel 1868 dall’imperatore Meiji. Prima di lui, gli shogun dovevano sottostare all’imperatore e rendergli l’ omaggio dovuto alla sua investitura divina. Nel Kanto, la regione di Edo, gli shogun Tokugawa donavano ogni anno all’imperatore dei cavalli che per arrivare al palazzo reale percorrevano il Tokaido. Al viaggio del 1832 partecipò il pittore Utagawa Hiroshige. Dagli schizzi disegnati in quell’occasione nacque il suo capolavoro intitolato Cinquantatré stazioni di posta del Tokaido, che uscì all’inizio del 1833 e rese l’iconografia della strada uno dei temi più in voga tra il grande pubblico.
Al Musée national des arts asiatique-Guimet di Parigi, la bellissima mostra Sur la route du Tokaido (visitabile fino al 7 ottobre) ripropone l’importante collezione delle stampe di Hiroshige che, appartenute allo scrittore-sinologo Victor Segalen, è ora della Fondazione Leskowicz. Per la prima volta viene mostrata completa nella sua edizione originale, con tutta la freschezza e la qualità di un’opera appena uscita dalle mani dell’artista.

SEDUZIONI IN BLU
Eppure il suo autore ebbe molte difficoltà a farla pubblicare. Non ancora noto, si era rivolto al piccolo e nuovo editore Hoeido. Inaspettatamente aveva poi raggiunto il successo, un successo veramente grande se in due anni Hiroshige diventò più famoso di Hokusai, tanto che la serie di stampe rimase l’unica opera di rilievo di Hoeido.
Se la sua carriera di paesaggista era cominciata un anno prima con i Luoghi celebri della capitale dell’Est, è questa nuova produzione che, stampata in più di diecimila esemplari, lo rese immediatamente celebre e gli valse il soprannome di «pittore del Tokaido».
Le stampe seducono il pubblico perché esaltano con lirismo i paesaggi utilizzando un nuovo blu artificiale, il blu di Prussia, integrando la prospettiva, già resa popolare da Hokusai, con una messa in scena tutta giapponese. Le vedute sono in realtà cinquantacinque con la stazione di partenza, il ponte Nihonbashi a Edo e quello d’arrivo di Sanjo, a Kyoto.
Le piccole stampe di venticinque per trentasei centimetri animano una eccezionale galleria di paesaggi descritti con la raffinatezza di miniature nel susseguirsi delle stagioni, piccole nuvole azzurre primaverili, chiari cieli estivi dai blu serali, punteggiati di fiocchi di neve dell’inverno. Naturalmente, cambia la vegetazione. Dai contorti pini marini ai rigidi faggi di alto fusto, dai salici i cui rami toccano l’acqua agli abeti piegati dal vento. L’elemento dominante è l’acqua, quella del mare che la strada costeggia, quella dei fiumi che i viandanti sono costretti a attraversare con le barche o a guadare quando sono poco profondi.
La sensibilità del pittore si nota anche nella raffigurazione dei personaggi che, come la vegetazione, mutano espressioni e atteggiamenti, ora piegati dalla fatica con i visi contratti, ora rilassati o compunti alla cerimonia del tè, ora sbraitanti ordini con le bocche spalancate, spesso nascosti sotto i loro enormi cappelli a pagoda.

Le 53 stazioni del Tokaido, Hara (n° 14)

SPIE NEGLI ANGOLI
Uomo e natura fanno un tutt’uno inscindibile, dipendono l’uno dall’altro nella vicinanza fisica, la terra calpestata dai piedi, i corsi d’acqua sormontati da ponti di legno costruiti con tronchi d’albero, seminascosti dalla nebbia del mattino, illuminati dal sole cocente dell’estate, bagnati dagli spruzzi delle onde spinte dal vento, semiaffondati nella neve.
La strada era molto frequentata per gli spostamenti degli shogun da Edo ai loro feudi, dai commercianti, dai fedeli che visitavano templi e santuari per fede o per viaggi di piacere. Ma serviva anche alle moltissime spie degli shogun che diffondevano notizie e pettegolezzi. Ogni anno si spostavano per il paese almeno centocinquanta feudatari con i loro cortei che andavano a Edo o tornavano ai loro castelli, oltre a altre centinaia di migliaia di persone.
Il lavoro di Hiroshige ci riconduce a un universo lontano nel tempo e nello spazio. È un mondo pacifico, estraneo alle guerre intestine e ai conflitti che certo esistevano in quel periodo, ma restano fuori scena. Sulla strada predominava invece la dura fatica. Gli uomini con le loro pertiche sulle spalle a cui erano appesi pacchi, cesti, e ogni genere di mercanzia, sottostavano agli ordini delle padrone come si vede in Hara. Il Fuji di mattina. L’alta montagna che sfuma nel rosa fa da sfondo alla scena in primo piano dove due donne in kimono blu a fiorellini bianchi conversano e disegnano il paesaggio sulla loro tavoletta, mentre il servitore aspetta con il pesante carico sulle spalle. Nei campi di riso, tra loro e la montagna, si intravedono due cicogne.

VIANDANTI E NATURA
Nel paesaggio invernale, bianco immacolato di Kambara. Neve di sera, spiccano tre viandanti con mantelli giallo-arancio e abiti blu. Sul manto nevoso le loro leggere impronte vanno in due direzioni opposte in un clima sospeso dall’assordante silenzio. Sul ponte di Kakegawa. Veduta in lontananza del monte Akiba, le figurine che procedono verso sinistra sono in strane posizioni spinte dal vento che suggerisce quasi un balletto, mentre lo shogun che li incrocia con il suo atteggiamento autoritario e il volto arcigno procede diritto seguito dal servo.
A Fujikawa la strada attraversa un villaggio. È tutta un’esplosione di colori, dove i minuscoli viandanti quasi spariscono ingoiati dai rosa accesi degli alberi in fiore, dagli ocra dei tetti, dai verdi-blu dei prati e del monte alle loro spalle. Nella veduta prevale la natura con tutta la sua forza vitale dove l’uomo è soltanto uno degli elementi che la compongono. Tra i dipinti più animati c’è Kusatsu. Negozio di prodotti tipici, dove in primo piano due portantine verdi, che sembrano correre in direzioni opposte, sono sostenute dalle spalle di servitori dai volti affaticati, abbruttiti dallo sforzo. Dietro di loro un grande edificio, un affollato posto di ristoro. A un lato si riposa un cavallo sfiancato da una pesante soma. Solo raramente appaiono i cavalli, raffigurati in tutta la loro bellezza in Chiryu. Fiera estiva di cavalli, neri, bianchi o maculati sullo sfondo verdissimo dei prati.
Ancora una volta le tappe del lungo cammino, affidate ai minuziosi particolari iperrealistici, ripropongono l’incanto di un Giappone misterioso e magico come un sogno.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento