Il biologo statunitense Carl Safina ha raccontato il mondo animale da diversi punti di vista. Gli ecosistemi oceanici sono uno dei suoi principali interessi, che lo hanno portato a battersi anche per regolamentare l’industria della pesca. Ma ha scritto molto anche sull’intelligenza e la capacità animale di stringere legami sociali.
In questi giorni Safina è a Roma per presentare alla fiera Più libri più liberi – in corso fino al 10 dicembre – il suo ultimo saggio pubblicato per Adelphi, Il viaggio della tartaruga, tradotto da Isabella C. Blum (pp. 623, euro 32). È il racconto dei suoi viaggi iniziati, oltre due decenni fa, sulle tracce delle gigantesche tartarughe liuto: esseri antichissimi sopravvissuti alla fine dei dinosauri ma che, per colpa dell’uomo, ora sono una specie in pericolo. Ma non è detta l’ultima parola. «Oggi il loro stato di salute, almeno nell’oceano Atlantico, è molto migliorato – spiega Safina al manifesto –. La ripresa è evidente. Quando sono andato a Trinidad per la prima volta, si camminava su e giù per la spiaggia di notte sperando di trovarne una. L’ultima volta, cinque anni fa, ce n’erano così tante che non era necessario cercarle».

Una buona notizia. Come ci si è riusciti?
Nell’Atlantico sono state applicate alcune regole necessarie a garantire la loro coesistenza con gli esseri umani, come non ucciderle sulla spiaggia o non prendere le loro uova. Ma nel Pacifico ci sono ancora grossi problemi perché non c’è stata la capacità di trasmettere un messaggio con queste semplici regole. L’illuminazione delle spiagge e lo sviluppo immobiliare nelle zone limitrofe sono ancorauna incognita. In più c’è il riscaldamento globale. Il sesso delle tartarughe è determinato dalla temperatura del nido. A causa dell’aumento della temperatura, si sta verificando una sproporzione, con un eccesso di femmine e pochi maschi.

La affascina l’idea che le tartarughe siano sulla Terra da oltre cento milioni di anni?
Sì, credo che la maggior parte delle persone non attribuisca un senso al tempo, anche se forse a Roma questo non si percepisce. Per molti, il mondo è solo un paesaggio e il tempo è piatto. Invece, gli esseri viventi hanno una storia di vita e di cambiamenti che dura da centinaia di milioni di anni. Le tartarughe, gli uccelli, noi stessi siamo il proseguimento di una storia che risale a un passato remoto. Se ci portassimo dietro questa consapevolezza, credo che vedremmo il mondo come un luogo sacro. Invece, ci viene insegnato che è un luogo profano. Che l’unica cosa sacra è altrove, fuori dal mondo e dal tempo. Che il pianeta è qui solo per servirci e non dobbiamo preoccuparci di distruggerlo. Molte religioni non vedono l’ora che il mondo finisca perché poi arriverà il giudizio universale, ed è una follia. È uno dei temi del mio ultimo libro, che è già stato pubblicato in inglese (in Italia arriverà nel 2024, ndr). Parla di un gufo.

Un gufo?
Con mia moglie ne abbiamo allevato uno. Mi ha sorpreso la sua capacità di formare relazioni sociali con noi e altri animali. Dopo tanti anni passati a studiare gli uccelli, mi sono chiesto: perché mi stupisco? Perché siamo così scollegati dalla natura: è un limite fisiologico o culturale? Così ho studiato come le altre culture e religioni interpretano il posto dell’uomo nel mondo. Tutte lo vedono come un luogo di relazioni da rispettare. In Occidente, a partire forse da Platone ci è stata insegnata una storia molto diversa, che è diventata una componente delle religioni. La nostra superiorità si è trasformata in una questione di fede e ha plasmato un sistema economico in cui per la distruzione e l’inquinamento non si paga. Potremmo adottare un punto di vista differente, ma questa è la nostra storia.

In cento milioni di anni, le tartarughe hanno superato altri momenti critici. Potranno sopravvivere anche stavolta?
Ora siamo in una fase di estinzione di massa, che è assai peggio. Molte specie di tartarughe peraltro non hanno resistito a sconvolgimenti climatici di grande entità e questo dimostra due cose. La prima è che sono molto vulnerabili, l’altra è che la sopravvivenza è possibile se si prendono alcune misure.

A parte le tartarughe, qual è il reale stato di salute degli oceani?
Nella regione in cui vivo, la costa atlantica nord-orientale, si osserva un evidente miglioramento. Diverse popolazioni di pesci e cetacei sono più numerose e abbondanti di quanto non fossero negli anni ’90, quando ho iniziato a occuparmi degli oceani di tutto il mondo. Ma la situazione è molto eterogenea. Diverse aree sono gravemente impoverite a causa della pressione della pesca. Le barriere coralline stanno morendo. L’oceano si sta riscaldando e sta diventando più acido. Inoltre, la quantità di plastica in acqua e sulle spiagge è del tutto fuori controllo. Quando si prendono alcune misure se ne vedono i benefici, ma nella maggior parte del pianeta non lo stiamo facendo. La pressione esercitata dall’uomo si sta intensificando: solo nel corso della mia vita, la popolazione umana è triplicata e con essa i bisogni energetici, le automobili, i consumi.

In questi giorni gli scienziati stanno diffondendo appelli all’azione rivolti all’opinione pubblica, non più alle istituzioni. Cosa significa?
Gli scienziati sono disperati perché le istituzioni non stanno facendo molto. D’altronde, i governi sono ancora influenzati dalle compagnie petrolifere.

Condivide questa visione?
Purtroppo sì. L’attuale conferenza sul clima è gestita da una persona il cui principale interesse è vendere petrolio. Le conferenze sul clima tenute negli ultimi trent’anni non hanno avuto alcun effetto sull’aumento dell’anidride carbonica in atmosfera. All’inizio, gli scienziati pensavano che il loro compito fosse diffondere le informazioni, così i governi le avrebbero usate per mettere in atto buone politiche, ma si sbagliavano. Quindi, hanno iniziato a parlare direttamente con i responsabili politici e anche quello si è rivelato inutile. Ora, con le foreste che bruciano e uragani sempre più intensi, gli scienziati si rivolgono all’opinione pubblica sperando che faccia pressione sui politici o ne elegga di migliori. Ma non sono sicuro che accadrà, perché in molte parti del mondo guadagna consenso la destra autocratica che non si preoccupa molto dell’ambiente. La persona peggiore degli Stati Uniti ha ottime possibilità di diventare di nuovo presidente. Se succederà sarà una catastrofe.

I suoi studenti hanno la stessa preoccupazione?
Credo di sì ed è forse la prima ragione che fa avvicinare gli studenti a queste discipline. Ai tempi dei miei genitori, si studiava biologia per mostrare agli altri la meraviglia della natura vivente. Oggi il problema principale è salvarla.