Sulla Transiberiana del Banco tra anarchia e nuove suggestioni
Note sparse Il 10 maggio esce il primo progetto con inediti della band dopo la scomparsa di Di Giacomo. Undici brani - scritti da Vittorio Nocenzi con il figlio Michelangelo - ricchi di contaminazioni
Note sparse Il 10 maggio esce il primo progetto con inediti della band dopo la scomparsa di Di Giacomo. Undici brani - scritti da Vittorio Nocenzi con il figlio Michelangelo - ricchi di contaminazioni
Vittorio Nocenzi può apparire un sopravvissuto quando con ironica perspicacia dice di appartenere al «’15-’18». Ma il paragone al ribasso con i più giovani compagni d’avventura sembra non reggere a sentire le sue parole e ascoltando Transiberiana, titolo nato prima delle canzoni e ultimo album del Banco del Mutuo Soccorso (Inside Out/Sony Music 2019, in uscita il 10 maggio), band che guida da 50 anni, nonostante tragiche defezioni e cambi di line-up. Anzi, la padronanza di concetti chiari e un’esposizione che affabula sia nell’aneddoto sia nella serietà con cui affronta argomenti come la salvaguardia dell’ambiente o la stupidità della società digitale contemporanea, consente di comprendere ancor meglio cos’è ancor oggi la leggenda del Banco: «Un’idea che non si può fermare».
E UNA LEGGENDA, come sottolinea il tastierista alla presentazione del disco: «Che non fa il verso a sé stessa», la cui sussistenza è solo nella realizzazione di progetti che trovano da un lato espressione nella dimensione live di tutti questi anni e dall’altro con la registrazione del nuovo lavoro. A distanza di cinque lustri dall’uscita di 13, recuperando peraltro in questo nuovo disco la forma del concept-album. D’altronde una delle connotazioni stilistiche del prog italiano, e in particolare del Banco, è stato quello di produrre dischi a tema, sin dagli inizi. E non è ovviamente un caso la riproposizione sulla copertina del calco del celebre salvadanaio che faceva bella mostra sulla copertina del loro primo album.
NON CREDETE però a un cerchio che si chiude: Nocenzi – forte di una rinnovata ispirazione, è pronto a tornare in studio a registrare nuove canzoni. Scritto dal leader con il figlio Michelangelo e i testi di Paolo Logli, l’album nei suoi undici brani contamina l’anarchia originaria del progressive, già a sua volta contaminazione di più generi musicali (rock, sinfonismo ottocentesco, fusion-jazz, elettronica, world – music sostenuti da un gigantismo strumentale e da una smaccata clownerie che l’evoluzione tecnologica ha ridotto nelle dimensioni ma non nella capacità di ampliare a dismisura lo spazio e le altezze dei suoni) con nuove suggestioni che schiudono e ricuciono, al di là di Nocenzi, le singole biografie della band. In particolare di Tony D’Alessio che riesce ad evitare l’inevitabile confronto con Francesco Di Giacomo (il front-man del gruppo scomparso nel 2014 e autentica icona del prog italiano), e a spostare il canto dall’influenza del melodramma a quello del musical, la cui componente teatrale tende in alcuni passaggi e scioglilingua (s’ascolti Lo sciamano) a instaurare un dialogo a distanza con Demetrio Stratos.
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