Sulla nostra aula che non è un’aula
«Maestro, io oggi vorrei parlare della nostra aula».
Va bene. Di cosa in particolare….
«Perché io so che questa non è un’aula vera. Quando mia sorella veniva a scuola qui, mia sorella più grande, questa non era un’aula ma era il laboratorio per la pittura con le tempere, a cera e con altri tipi di colori. Invece adesso è diventata la nostra aula. sarà sempre la nostra aula? Fino in Quinta?» «Perché c’è stato il Covid e allora i banchi dovevano essere distaccati e noi dovevamo tenere le mascherine». «Io ho visto dei bambini di questa classe, che non voglio fare i nomi, che giocavano con le mascherine, con l3elastico delle mascherine e le tiravano come una fionda a chi andava più lontano, chi le tirava più lontane».
«Ma poi in 28 alunni e alunne in una classe non ci stiamo coi banchi, secondo me. Per questo siamo qui. Anche la scuola nuova, le aule nuove che hanno fatto i muratori lo scorso anno, sono aule piccole per una classe grande come la nostra». «Non si deve giocare con le mascherine». «Ma adesso non c’è più. Adesso non c’è più bisogno del Covid». «Però le mascherine bisogna sempre metterle. E dopo la mensa bisogna toglierle e cambiarle con quelle nuove». «Per me non ci sono problemi in questa aula perché è abbastanza grande anche se siamo in tanti. Voglio dire: anche se non è proprio un’aula vera, per me ci potremmo anche stare, ma solo quando non c’è troppo freddo o troppo caldo. Invece in inverno c’è troppo freddo e in estate o anche in primavera come adesso c’è troppo caldo, si muore dal caldo…» «È vero. Io mi ricordo che in inverno io tenevo sempre la giacca a vento anche a scuola perché avevo troppo freddo». «Tu sei troppo frettolosa». «Anche io tenevo la giacca. C’era troppo freddo. Eravamo cinque o sei che tenevamo la giacca per il freddo. E poi qualcuno anche il cappello di lana, teneva». «Ma loro volevano fare gli stupidi, non avevano freddo alla testa veramente».
Avete ragione, ragazzi. Questa non è proprio un’aula e il prossimo anno speriamo di essere in un’aula vera. Anche se sarà difficile perché le aule nuove sono piccole e non ci stanno tanti banchi e tanti ragazzi come quelli che ci sono nella nostra classe. Però per il caldo e il freddo noi maestri e maestre e i vostri genitori lo abbiamo detto alla preside e al sindaco…
«Cosa avete detto?»
Che c’era troppo freddo in inverno e troppo caldo in primavera, come in questi giorni di maggio…
«Però cosa hanno fatto? In comune ha detto mia madre che non hanno fatto nulla». «No, hanno messo le ventole. Le tre ventole sul soffitto. Le pale che girano. Una all’inizio, una metà e una a metà del laboratorio. Però la seconda non va, fa un cattivo rumore. Così è meglio non accenderla perché potrebbe cadere». «Ma io anche con le ventole sono sempre… Ho sempre caldo». «Perché se tutti sono accaldati dopo la ricreazione emetti al massimo, ti puoi anche ammalare. Mia mamma ha detto che il maestro e le maestre fanno bene a tenerle a metà della velocità».
«A me il caldo non dà fastidio, a me dà più fastidio il caldo come in questi giorni. perché poi le ventole sono troppo in alto, il soffitto è troppo alto, non fanno molto vento». «A me invece dava più fastidio il freddo A me il caldo va bene, ma il freddo mi fa i brividi. Io stavo sempre con la giacca in inverno». «Anche io». «Mia mamma ha detto che da noi non ci sono i termosifoni ma dell’aria calda che esce dall’alto, dalle ventole là in alto, da quei tubi lì, ma loro le comandano da comune, le accensioni, e non si possono cambiare. Le accendono quando entriamo a scuola e ci vuole un po’ di tempo per riscaldare tutta l’aula».
«Questa non è un’aula. È un laboratorio». «Sì.. Per me è per questo che ci vuole più tempo per riscaldarlo e raffreddarlo». «C’è caldo perché il soffitto è un po’ di cemento e un po’ do vetro. Non c’è il tetto. Allora il sole e la pioggia sono proprio sopra la nostra testa. io mi ricorso che questo inverno quando pioveva c’erano delle gocce che entravano dentro dal soffitto sopra al banco di A. e allora lui ha spostato il banco e il maestro ci ha messo un secchio per le gocce che cadevano. Io spero che il tetto, il buco nel tetto, almeno quello il comune lo chiude».ù
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