Sulla fine del flop Quota 100 finora solo tanta demagogia
Conte è l’ultimo nel governo ad annunciarne la fine. Ma il ritorno alla Fornero è tutto merito di Salvini. Lunghi i tempi su come cambiarla. Gli 11 miliardi di risparmi saranno usati per altro
Conte è l’ultimo nel governo ad annunciarne la fine. Ma il ritorno alla Fornero è tutto merito di Salvini. Lunghi i tempi su come cambiarla. Gli 11 miliardi di risparmi saranno usati per altro
Demagogia continua sul tema della pensioni. Nel weekend e ancora ieri è andato in scena l’ormai solito teatrino nel quale Matteo Salvini spicca per faccia tosta. Lui, l’uomo che ha inventato Quota 100, un provvedimento parziale che si è dimostrato un flop fragoroso, da mesi denuncia il ritorno alla riforma Fornero che lui stesso ha previsto scrivendo la legge «sperimentale triennale»: la Fornero tornerà quasi tutta intera a fine 2021 proprio per sua volontà.
Dopo che tutti gli esponenti del governo Pd-M5s – prima fra tutte la ministra Nunzia Catalfo – avevano annunciato che Quota 100 sarebbe stata sostituita, lavorando per evitare lo scalone del ritorno alla Fornero, sabato lo ha fatto anche il presidente del consiglio Giuseppe Conte – che festeggiò con Salvini Quota 100. L’unica novità della presa in carico di una decisione già risaputa da parte di Conte è arrivata invece ieri quando ha annunciato che una parte dei risparmi di Quota 100 saranno utilizzati per altri capitoli, a partire dalle politiche attive per fare il tagliando al reddito di cittadinanza.
NON UNA BUONA NOTIZIA PER I TANTI – sindacati in testa – che chiedevano di lasciare quelle risorse nel capitolo previdenziale per mettere a punto una vera e generalizzata flessibilità in uscita dal lavoro che vada di pari passo con una pensione di garanzia per giovani e precari anche in vista degli effetti nefasti della crisi da Covid.
I risparmi di Quota 100 dovuti al fatto che le domande sono state un terzo di quelle previste sono stimati – anche dallo stesso governo – in non meno di 11 miliardi nel triennio, sebbene una parte siano già stati utilizzati nella scorsa legge di bilancio per la copertura di taglio fiscale.
Il confronto tra la ministra Catalfo e Cgil, Cisl e Uil in vista della prossima legge di bilancio è già partito: saranno previsti il prolungamento di Opzione donna (la norma che consente di andare in pensione con il ricalcolo completamente contributivo della pensione per le donne con 35 anni di contributi o 58 di età con un taglio di circa il 30 per cento sull’assegno) e di allargamento dell’Ape social (la norma introdotta dal governo Gentiloni che permette di andare in pensione anticipatamente chi fa lavori usuranti) con la volontà di farvi rientrare sia i lavoratori fragili a rischio Covid che gli edili, finora esclusi per le maglie troppo strette sui 36 anni di contributi.
FINORA NON SI È INVECE affrontato il tema di come superare Quota 100. Se ne doveva parlare la settimana scorsa ma la quarantena a cui si è dovuta sottoporre la ministra Catalfo ha fatto slittare l’incontro con Cgil, Cisl e Uil, riconvocato proprio ieri sera per il 14 ottobre per la riunione del «Tavolo tecnico di studio sulla riforma del sistema pensionistico».
OGNI GIORNO SI SENTE (o si inventa) un nuovo modo per evitare lo «scalone» di almeno 5 anni che si ritroveranno coloro che potevano andare in pensione con Quota 100 (62 anni di età e 38 di contributi) e che con il ritorno della Fornero dal primo gennaio 2022 dovrebbero avere 67 anni di età. Se Quota 101 o 102 (sempre come somma di anni di età e contributi) sono esercizi di fantasia che servono ad alimentare la confusione, Quota 41 (obiettivo di Salvini) di contributi sarebbe una norma molto penalizzante specie per i precari. Le «Quote» sono infatti un metodo tutto italiano che finisce sempre per favorire alcune categorie (nel caso di Quota 100 i dipendenti pubblici) rispetto ad altre, aumentando il tasso di ingiustizia del sistema previdenziale italiano.
L’unica via di uscita è lasciare ai lavoratori la possibilità di decidere quando lasciare il lavoro, tutelando le categorie più deboli con un «prepensionamento» che consenta anche di affrontare un ricambio generazionale. In questo senso la storica proposta dei sindacati propone di prevedere l’uscita dal lavoro dai 62 anni di età con penalizzazioni implicite – con il metodo contributivo prima si va in pensione, minore sarà l’assegno – e riconoscimento del lavoro di cura specialmente per le donne.«Il tema – sintetizza il segretario confederale della Cgil Roberto Ghiselli – non è solo superare lo scalone che Quota 100 determinerà, ma progettare un nuovo sistema previdenziale equo e stabile, che sappia parlare a tutto il mondo del lavoro e a tutte le generazioni».
LA PAROLA «DEMAGOGIA» VALE naturalmente anche per il caso suscitato dall’aumento di stipendio del presidente dell’Inps Pasquale Tridico. A partire dal fatto che nessuno parla dell’uguale trattamento riservato al presidente dell’Inail Franco Bettoni, in quota Lega.
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