Sulla favola del leone e il sorcio
I bambini ci parlano La rubrica settimanale in ascolto della voce dei piccoli. A cura di Giuseppe Caliceti.
I bambini ci parlano La rubrica settimanale in ascolto della voce dei piccoli. A cura di Giuseppe Caliceti.
Mi spiegate con parole vostre quello che avete capito di questo testo?
«Il sorcio è un topo». «Io ho capito che è una favola perché parlano gli animali». «Ma non tutte le letture che parlano di animali che parlano sono favole». «Comunque questa è una favola non solo per questo». «Sì, non è una fiaba perché ci sono gli animali parlanti e non ci sono, per esempio, delle streghe o dei principi o delle principesse o dei castelli». «È la storia di un leone e di un topo, che poi è il sorcio. La storia inizia che c’erano solo i sorci che stavano giocando in mezzo al bosco. ma uno di loro, un sorcio, dico, si allontanò dagli altri e alla fine, senza rendersene conto, incontra un leone». «Inciampa nella zampa di un leone che stava dormendo, per la precisione». «Sì, insomma, il sorcio ha svegliato il leone che stava dormendo e per me quando se ne è accorto ha avuto molta paura, quel povero topo. Comunque, dopo il leone lo prende con una zampa. Voleva mangiarlo. Allora il sorcio dice… Si inventa qualcosa per non essere mangiato… Dice… Dice: Ti giuro che se non mi mangi, io te ne sarò sempre grato e ti potrò anche aiutare, se per caso una volta sei in difficoltà». «E quando dice così, un topo dice così a un leone, il leone che è così grande, così feroce, il leone che è il re della foresta… E invece il topo è piccolo, piccolissimo, rispetto al leone è un sassolino di sabbia… Allora il leone cosa fa? Inizia a ridere a crepapelle». «Cosa chiede il leone al sorcio?» «Chiede di non mangiarlo, non hai sentito? L’ho già detto». «A ogni modo, va a finire che il leone ascolta il topo, il topo cli dice che se non lo uccide e non lo mangia lui, il leone, non se ne pentirà, e il leone quando sente questa cosa scoppia a ridere. E ride, ride, ride e alla fine lascia libero il topo, che scappa via, come se quella fosse una cosa falsa, come se fosse impossibile». «Una barzelletta che fa ridere. Ma non è così». «Io questa storia, adesso che ci penso, mi sembra che l’avevo già sentita da qualche parte. O me la aveva letta mia mamma quando ero piccolo oppure la avevo letta io in un libro l’anno scorso».
Andiamo avanti a raccontare la favola, ragazzi?
«Succede quella cosa che nessuno pensava». «Che il leone non pensava. Infatti aveva poco da ridere. Perché? Perché lui è il re della foresta, va bene. Ma noi umani siamo più intelligenti anche del re della foresta. Infatti va a finire che il leone resta impigliato nella rete di un cacciatore di leoni». «E il leone non sa più cosa fare. Il leone è in trappola. Inizia a ruggire. E il sorcio di prima, quello che il leone prima non aveva mangiato, sente il suo ruggito che poi non era nemmeno un vero ruggito…. Cioè era come un ruggito ma anche un pianto… Era come un grido di aiuto…. E allora il sorcio sente la sua voce e va a vedere cosa è successo… va dal leone. E vede che è rimasto in trappola. E pensa a come aiutarlo. E alla fine lo aiuta veramente». «Perché i topi hanno i denti molti grandi. Anche se sono piccoli, i denti dei sorci sono molto grandi e anche molto affilati. Come dei coltellini. E allora il topo cosa fa? Il topolino?» «Il sorcio con i suoi denti libera il leone». «Sì. Con i suoi denti affilati rosicchia la rete in cui era intrappolato il leone e libera il re della foresta e allora il leone, dopo, lo ringrazia». «Fine della storia». «Della favola». «No, no, c’è anche il topo che dice…. Dice al leone: Tu, leone, prima, il giorno prima di oggi, hai riso a crepapelle, cioè ti sei fatto un sacco di risate quando io ti ho detto che ti potevo aiutare. E tu ridevi perché non ci credevi. Non mi hai mai creduto. Invece oggi ti ho salvato la vita io. Ieri mi hai salvato la vita tu, perché non mi hai mangiato. Adesso ti ho salvato io, perché così gli umani non ti catturano e non mangiano te». «Sì, perché anche un sorcio, anche se è piccolo, può essere utile». «Maestro, ma in questa favola non c’è la morale?». «Ma sì, è quello che dice il topo». «Cioè?» «La morale è che anche i piccoli possono essere utili». «Per me la morale è che non bisogna che i leoni mangino i topi». «Ma non li mangiano. Anche perché nella savana non esistono topi». «Ma questa era una favola». «Vuol dire che non bisogna mai uccidere nessuno». «Che tutti sono importanti». «Che tutti ti possono aiutarli, anche uno piccolo, anche uno più piccolo di te come un bambino».
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