Visioni

Sulla barca dei migranti va in scena il presente

Sulla barca dei migranti va in scena il presenteUn momento di Messa per un diluvio – Nayeli Salas

Rassegne «Messa per un diluvio», il rito del collettivo La Syndrome, al Mercurio Festival di Palermo, uno spazio multidisciplinare per mescolare proposte e pubblici. Gli artisti hanno lavorato sul relitto del naufragio di Pozzallo. Nel programma anche il doc «Lisca Bianca» di Giuseppe Galante e Giorgia Sciabbica

Pubblicato circa 4 ore faEdizione del 2 ottobre 2024

«Curpa ri scappari, curpa ri anniari, curpa ri cririri ca lu mari è un ponti, e ca lu progressu nun è sulu miseria taliata a lu cuntrariu, curpa ri essiri umanu e non immortali curpa ri nun aviri un nomi, curpa ri fari un teatrinu di la tragedia umana, di la miseria e di lu scantu, curpa di chianciri immobili jornu dopu jornu, trageria dopu trageria, curpa r’arristari a taliari, u mari è chini ri curpi pi cchistu è salatu». Santa Rosalia è una madonna crocifissa su due assi di legno mangiate dal mare. Prega sul ponte di un peschereccio dai colori sbiaditi, parcheggiato in Piazza Bausch, Cantieri della Zisa, Palermo. È notte inoltrata, dietro la barca si stagliano alti palazzi. Sulla facciata una luce proietta una lista di nomi che la santa legge ad alta voce: «Abdul, Lamin, Malauf. Sconosciuto. Sconosciuto. Sconosciuto». Sotto la barca c’è una pira accesa, e un altare improvvisato, allestito con fiori, frutta, lumini e salvagenti. Un cardinale/ capo coro griot guida la sua tribù: diavoli al guinzaglio, ancelle/ sacerdotesse, cantori, musici sono gli orchestratori di una profanissima Messa per un diluvio.

SIAMO arrivati qui alla fine di una processione partita poco dopo mezzanotte, richiamati dal suono di un corno. Abbiamo attraversato lo spazio dei Cantieri della Zisa seguendo incursioni estemporanee e dissacranti da brani del Vangelo, tra echi di Monty Python, Ciprì e Maresco. Al corteo si sono spontaneamente uniti molti giovani: venuti ai Cantieri per un concerto (da poco finito), sono poi rimasti per abbandonarsi a un rito mistico, totale, collettivo, arcaico e modernissimo nel suo rivelare, scarnificare, espiare il nostro terribile presente di migliaia di morti senza nome, annegati in mare. LA SYNDROME, collettivo di artisti francesi, italiani, svizzeri, guidato dal regista italo svizzero Manuel Maria Perrone, integra paesaggio, architettura e gli abitanti dei luoghi dove va in scena. Il Mercurio Festival (21 settembre- 5 ottobre, sesta edizione) si basa su un meccanismo virtuoso di «direzione artistica partecipata», ovvero artisti che, di anno in anno, si passano il testimone.

LA SYNDROME è stata invitata da mammafotogramma, collettivo di video artisti di Milano. «Ci siamo interrogati sulla necessità di fare un festival che avesse queste caratteristiche: essere multidisciplinare, mischiare pubblici, proporre lavori diversi da quelli che trovi in stagione», spiega Giuseppe Provinzano, 42 anni, curatore di Mercurio Festival, attore e regista (nel 2017 bucò la scena assieme a Giuseppe Massa e Fabrizio Ferracane nel memorabile esperimento di Sutta Scupa), co-fondatore della compagnia Babel Crew e del teatro Spazio Franco nei Cantieri. «Di tentativi di creare direzioni ’diverse’ ne sono stati fatte tanti: contest, ’esperti di’: l’artista è sempre l’oggetto, mai il soggetto. In Italia ci sono più direttori che direzioni, si confondono dirigere e direzionarsi. Volevamo sovvertire questa modalità, coinvolgendo gli artisti che possono scegliere di passare il testimone a un altro, aprendo alle varie discipline, esplicitando il motivo della scelta. Io curo il resto del processo, dall’invito a conoscersi, all’individuazione del progetto/ spettacolo. Il mercurio è il metallo liquido le cui particelle, se vicine, si uniscono: questa la chimica alla base del festival».
Gli artisti immaginano il passaggio di testimone per l’edizione successiva dopo aver vissuto il festival, la sua atmosfera, i luoghi. Perrone e gli altri sono approdati a Palermo mesi fa per studiare la città. «Quando sono venuti ai Cantieri e hanno visto la barca non hanno avuto dubbi su dove fare il rito», spiega ancora Provinzano. «La barca» è ciò che resta di un relitto affondato a Pozzallo il 29 giugno 2014 con 44 persone morte asfissiate sottocoperta. Nel 2018 il comune decise di portarlo ai Cantieri, da allora è lì a invecchiare. Messa per un diluvio ha riempito di senso questa presenza, abitando ciò che resta di una tragedia con i corpi vivi degli artisti. Un rito potente, iniziato come una farsa, terminato in un silenzio solenne e emozionato di una piccola comunità estemporanea – pubblico e artisti – stretta intorno a un’agorà immaginifico, carico di significato.

NELLA DUE giorni 27-28, molti i volti e le storie che si sono susseguite. Messa per un diluvio fa da contraltare, e dialoga con lavori più strettamente performativi: Brace, solo potente di e con Edivaldo Ernesto, danzatore del Mozambico residente a Berlino, invitato da Sasha Waltz; The present is not enough, allucinazione fra le memorie di corpi desideranti nella New York degli ‘80 di Silvia Calderoni e Ilenia Caleo, chiamate da Eva Geatti; Esercizi di equilibrio sull’asse di genere della perfomer madrilena Elan D’Orphium chiamata da Raquel Asensi, fino al clubbing notturno dei dj Riad Nassar, Camilla Pisani e Nava.

ALTRA barca, altra storia, infine, quella del documentario Lisca Bianca di Giuseppe Galante e Giorgia Sciabbica. Casa galleggiante sognata e costruita da una coppia di palermitani che alla fine degli anni ’70 ci fece il giro del mondo, oggi ospita progetti per adolescenti in difficoltà, come quella di Gioele, uno dei protagonisti, impegnato in un percorso di giustizia riparativa. In questo caso, la scelta è stata tutta di cuore, confessa Provinzano: «Sono nato e cresciuto al quartiere Brancaccio, me lo rivendico. Metà dei miei compagni di classe è in carcere. Tra quelli che si sono ’salvati’, oltre me, Giuseppe Galante, il regista, e Marco Mancini, lo skipper di Lisca». L’ultima settimana di Mercurio inizia oggi.

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