Lavoro

Sulcis, l’intero distretto industriale rischia la chiusura

Sulcis, l’intero distretto industriale rischia la chiusura

Sardegna Da qui viene quasi il 90% della produzione nazionale di alluminio e piombo, 3mila posti di lavoro in bilico

Pubblicato circa 4 ore faEdizione del 12 ottobre 2024

«Qui non è più questione di una singola vertenza. La realtà è che un intero settore produttivo nazionale corre in rischio di chiudere». Roberto Forresu, segretario regionale della Fiom Cgil, riassume così le proporzioni del disastro. Il Sulcis, la zona sudoccidentale della Sardegna che ospita il distretto italiano dell’alluminio e del piombo (da qui viene quasi il 90% della produzione nazionale delle due materie) ha davanti a sé lo spettro di una serrata con la perdita, tra impieghi diretti e indotto, di 3mila posti di lavoro.

Sono due le realtà produttive che corrono il rischio di essere spazzate via, entrambe localizzate nel territorio del comune di Portoscuso: la Portovesme srl e la Sider Alloys. La prima è di proprietà della Glencore, leader mondiale nel commercio di materie prime che ha sede operativa a Baar, in Svizzera, e sede legale a Saint Helier, capoluogo di Jersey, un’isola paradiso fiscale nel Canale della Manica, dipendenza diretta della Corona britannica. La Sider Alloys, invece, è una società svizzera, attiva nel settore della siderurgia e della lavorazione di leghe, che nel 2018 ha comprato lo stabilimento di Portoscuso dalla multinazionale americana Alcoa, gruppo americano terzo al mondo nella produzione di alluminio.

Sia Glencore sia Sider Aloys vogliono trasferire i loro stabilimenti fuori dall’isola perché in Sardegna il costo dell’energia è giudicato, dai rispettivi management aziendali, troppo alto. Come tutte le industrie metallurgiche, anche le imprese sarde dell’alluminio sono, come si dice, energivore, impiegano cioè, nei loro cicli produttivi, una quantità di energia molto alta. In Sardegna, dove non c’è una rete di distribuzione del metano e dove gli impianti da fonti rinnovabili sono al minimo, più del 90% dell’energia viene prodotta da due centrali a carbone, una a Porto Torres e l’altra proprio a Portoscuso (quest’ultima di proprietà dell’Enel), con costi maggiori rispetto a quelli che è possibile spuntare sia nel resto d’Italia sia fuori dai confini nazionali.

Ai primi di settembre la Portovesme srl ha annunciato, senza alcun preavviso, la fermata di una delle due linee produttive; alla Sider Alloys lo scorso maggio è scattata la cassa integrazione a turno per tutti i dipendenti. «A questo punto – dice Forresu – una risposta decisa è necessaria; non si può accettare che un intero comparto produttivo sia smantellato». Il 20 settembre gli operai della Portovesme srl hanno scioperato sfilando in corteo davanti al Consiglio regionale. Ora i sindacati puntano ad alzare il livello della lotta e pensano a una mobilitazione unitaria di tutte le categorie da organizzare nelle prossime settimane. «Mentre il Sulcis – dicono tutti e tre i segretari dei metalmeccanici di Cgil, Cisl e Uil – è a un passo dal collasso sociale, il governo Meloni non riesce a imporre a Glencore e a Sider Alloys un cambio di rotta. È ora di dire basta».

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