Sul riccio
I bambini ci parlano La rubrica settimanale a cura di Giuseppe Caliceti
I bambini ci parlano La rubrica settimanale a cura di Giuseppe Caliceti
Oggi parliamo di quello che abbiamo visto ieri alla ricreazione. Mi raccontate con le vostre parole cosa è successo?
«Ah, il riccio!». «Quando siamo usciti, c’era vicino al cancello la nonna di Federico, che abita proprio davanti alla scuola. Ha chiesto al maestro se voleva far vedere ai bambini un riccio». «Perché il riccio era andato a mangiare i croccantini del suo gatto, nella scatola del gatto». «Il maestro ha detto di sì, allora lei è andata in casa e dopo un po’ lei è tornata con una scatola e l’ha data al maestro». «Tu l’hai messa sul prato». «La scatola era aperta sopra. Era una scatola di ferro, di latta. Una scatola dei biscotti, però senza coperchio». «Noi ci siamo messi tutti in cerchio, non troppo vicino, e lo abbiamo visto». «Poi sono arrivati anche i bimbi di prima e si sono messi in cerchio e hanno visto anche loro».
Come era all’inizio il riccio? Perché?
«All’inizio io non vedevo bene il riccio perché io vedevo solo una palla di pelo». «Però c’erano gli aghi affilati, perché i ricci sono così». «Stava dormendo». «Si chiamano aculei». «No, non stava dormendo. Aveva paura». «La palla si vedeva che era viva perché respirava, diventava un po’ più grande e un po’ più piccola». «Sì, si gonfiava, ma solo un poco». «Era il respiro». «Aveva paura perché noi urlavamo troppo. Facevamo troppo rumore». «Perché lui era piccolino e noi, rispetto a lui, eravamo come dei giganti: per questo aveva paura». «Forse aveva paura che lo uccidevamo».
E dopo cosa è successo?
«Dopo, quando noi abbiamo iniziato a fare silenzio, dopo un minuto, due minuti, cinque minuti, lui ha tirato fuori la testa e io l’ho vista». «Anche io: aveva il naso lunghino e anche gli occhi». «Perché lui non aveva più paura. Perché lui si mette a palla quando ha paura, per difendersi». «Dopo… Dopo lui ha fatto anche dei passi». «Io mi sono emozionata moltissimo quando si è mosso. Perché… perché io pensavo… Sì, insomma, perché ho capito che era veramente una cosa vera, una cosa viva, un animale, non una palla». «Anche a me è piaciuto molto perché io, poi, non avevo mai visto un riccio vero». «Io mi sono emozionato moltissimo anche dopo, perché girava nella scatola e annusava. Poi lui ha mangiato anche una crocchetta del gatto e secondo me gli piaceva». «Perché dopo il riccio si è tranquillizzato, perché noi eravamo fermi, non ci vedeva, non aveva paura».
E dopo cosa è successo?
«La cosa più bella! Che lui si è arrampicato al bordo della scatola e ha provato a scavalcare il bordo e alla fine ce l’ha fatta ed è caduto sul prato. Poi si è rimesso in piedi e ha iniziato a camminare». «Io subito mi ero un po’ spaventato perché pensavo che mi pungeva, per questo sono scappato via». «Anche io, all’inizio, quando è uscito, avevo un po’ di paura perché non avevo mai visto un riccio camminare e allora mi sembrava che lui poteva anche correre forte, camminare forte, invece ho visto che camminava poco». «Quando è venuto verso di me io mi sono spostato per farlo passare». «Anche io!». «Io invece non ho avuto paura. Anche perché poi io lo sapevo già che camminava poco, non poteva inseguirmi, non poteva pungermi, perché bastava che tu vedevi le sue zampette per capire che non poteva correre forte, perché le sue zampe sono piccolissime, cortissime». «Io mi sono emozionata quando lui voleva prendermi. Quando lui veniva verso di me». «Dopo si è nascosto sotto la panchina». «Per me lui voleva fare la tana nel cortile della nostra scuola».
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