Visioni

Sul palco dell’Ariston basta un po’ d’amore

Sul palco dell’Ariston  basta un po’ d’amore

Sanremo 2016 Presentate le 22 canzoni in gara. Patty Pravo, gli Stadio, il panteismo di Arisa, Ruggeri punk

Pubblicato quasi 9 anni faEdizione del 23 gennaio 2016

«A noi bastava l’amore, il resto poteva mancare». È la cavernosa e malinconica voce di Patty Pravo a inaugurare il pre-ascolto, nella Sala conferenza degli studi Rai di Corso Sempione, dei 22 brani di Sanremo 2016, edizione che fin dallo svelamento a fine dicembre dei partecipanti, sembra fugare anche le ultime perplessità sulla direzione artistica di Carlo Conti.

 

A differenza dei brani dello scorso anno, forse un eccesso di scontato sentimentalismo, malinconia e disillusione sembrano adombrare il palco dell’Ariston: dai complessi vocalizzi di Annalisa con la sua Il diluvio universale, in un crescendo armonico che ricorda una primitiva Bertè, al topos acquatico di Finalmente piove per Valerio Scanu fino al duetto Giovanni Caccamo-Deborah Iurato che si abbandonano alla tradizione del duetto sanremese in un’altalena di sentimenti contrastanti più vicini a una Non amarmi che alla poetica complessità relazionale del Panella di Vattene amore.
Se per Enrico Ruggeri Il primo amore non scorda mai, graffiante brano che allude alle sue radici punk e new-wave (citando nel finale non a caso gli Stranglers), Neffa ondeggia fra Sogni e nostalgie, confezionando una ballata «bandistica» di chiara provenienza «molleggiata» mentre commuovono il canto d’amore a una figlia di Un giorno mi dirai degli Stadio e l’anelito alla normale quotidianità di Semplicemente dei Bluvertigo. Strambelli esclusa, altre presenze femminili si distinguono per afflato e originalità: La borsa di una donna, cantata da Noemi e scritta da Marco Masini, abbandona presto una struttura tradizionale, e una certa atmosfera alla Bridget Jones, per tratteggiare, con un falso ritornello, l’universo femminile grazie a una borsa-sineddoche dove regna il caos di «milioni di scontrini ed altri trucchi per fermare il tempo».

 
Stupisce anche la maturità di Francesca Michelin che scrive, insieme a Cheope, Nessun grado di separazione, una ballata intrisa di solare panteismo così come la preghiera Guardando il cielo di Arisa, inconfondibile nella pulizia del suo timbro intrecciato a un’orchestrazione raffinata che accompagna anche il gospel teatrale di Ora o mai più di Dolcenera.

 

Tra i giovanissimi, spicca la potenza melodica di Rocco Hunt e la sua dolcemente ingenua Wake Up e l’ex frontman dei Dear Jack Alessio Bernabei che con la sua trendy Noi siamo infinito sembra voler ripercorrere le infatuazioni dance del Nek dello scorso anno mentre Lorenzo Fragola con la sua Infinite volte sembra già il nome più papabile per la vittoria.
L’ascolto si chiude con lo sfoggio di versatilità di Elio e le Storie Tese e la loro Vincere l’odio, sette ritornelli, senza nessuna strofa, che attraversano molti generi musicali, rovesciando nel finale il Perdere l’amore di Massimo Ranieri. Spazio infine allo svelamento delle cover (geniale la scelta di Patty Pravo che rifà se stessa con Tutt’al più e quella di Ruggeri che sceglie la meravigliosa ‘A Canzuncella degli Alunni del Sole) e la conferma dei super ospiti (Ramazzotti, Renato Zero, Pooh) ai quali si affiancheranno Elton John, Ellie Goulding e, forse, Nicole Kidman.

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