Sul palco del Romaeuropa Festival le seconde vite di Ryūichi Sakamoto
Eventi Intervista al direttore d'orchestra Dirk Brossè che domani dirigerà il concerto all'Auditorium di Roma, retrospettiva di un’opera «a 360 gradi» e riflessione sul futuro della film music.
Eventi Intervista al direttore d'orchestra Dirk Brossè che domani dirigerà il concerto all'Auditorium di Roma, retrospettiva di un’opera «a 360 gradi» e riflessione sul futuro della film music.
È il tempo degli omaggi, per Ryūichi Sakamoto, ma quello di domani sera al Romaeuropa Festival non sarà il semplice “uno tra i tanti”. Innanzitutto perché tra il compositore scomparso un anno e mezzo fa e l’evento diretto da Fabrizio Grifasi il legame era particolarmente saldo, ben al di là delle tre partecipazioni personali tra 2004 e 2019. In secondo luogo perché il tributo si articola con coerenza tra le maglie del programma, proponendo all’indomani del concerto il film di Neo Sora Ryūichi Sakamoto – Opus (presentato fuori concorso alla Biennale di Venezia) e chiudendo il sipario il 17 novembre con Christian Fennesz e Alva Noto, che dedicheranno Continuum – In the Spirit of Ryūichi Sakamoto al repertorio elettronico del musicista giapponese. Ma è soprattutto Ryūichi Sakamoto – Music For Film, l’appuntamento odierno all’Auditorium Parco della Musica Ennio Morricone, a offrire una sistematica retrospettiva eseguendo dal vivo il repertorio approvato dallo stesso Sakamoto per l’omonimo album pubblicato nel 2022: dalla soundtrack di Furyo (Merry Christmas Mr. Lawrence) a quelle per Bertolucci (L’ultimo imperatore, Il tè nel deserto, Il piccolo Buddha) e De Palma, fino alle più recenti colonne sonore per The Revenant e la serie tv Yae No Sakura.
IN STUDIO allora, sul palco oggi, la Brussels Philharmonic diretta da Dirk Brossé, compositore ed esperto interprete del repertorio in questione che parte dal tributo per sollecitare una riflessione sull’evoluzione generale della musica per il grande schermo e delle sue funzioni, a partire da una domanda ricorrente: «Essere totalmente fedeli all’opera così come originariamente registrata per il film o interpretarla in libertà? Ci sono aspetti positivi e negativi in entrambi i casi. Se Beethoven fosse vivo, penso sarebbe felice di ascoltare le innumerevoli registrazioni della sua musica e le loro infinite sfumature di tempo, colore, dinamica, suono e interpretazione». Sakamoto, probabilmente, no: «Ha voluto che l’album realizzato con la Brussels Philharmonic fosse registrato in maniera il più possibile conforme alle versioni originali. Mantenere questa fedeltà è il compito che avrò sul palco». Per Brossé si tratta di musica destinata a una florida seconda vita indipendente dall’opera cinematografica per la quale era stata concepita, cosa che avvicina Sakamoto a Ennio Morricone e John Williams; nomi che stabiliscono un prima e un dopo per la storia della film music, oggi di fronte a nuovi snodi: «In arte c’è un’evoluzione costante e l’elettronica è stata sicuramente tra i principali fattori di cambiamento. È da diversi decenni che i compositori combinano musica acustica ed elettronica, Hans Zimmer è solo l’esempio più noto. Ora però stiamo assistendo all’emergere di un nuovo elemento, l’intelligenza artificiale, di cui non possiamo prevedere i risultati. Molti giovanissimi compositori sperimentano con la musica generata dall’AI e sempre più persone, anche prive di conoscenza teorica e storica della musica, riescono a creare bellissime partiture. Non so dire quale situazione avremo tra cinque o dieci anni, ma sono assolutamente sicuro che tutto ciò avrà enorme influenza sulla musica da film».
A SCONGIURARE il rischio di determinismo, fortunatamente, c’è un’altra linea di sviluppo più prettamente artistica: «Se guardiamo a cinquanta, sessant’anni fa, ai compositori veniva richiesto di sottolineare e descrivere ciò che si vedeva sullo schermo. Pensa alla scena della doccia di Psycho: quei violini di Bernard Herrmann ti fanno realmente sentire ciò che stai vedendo. A un certo punto però i registi hanno iniziato ad allontanarsi dai parametri di melodia e ritmo prediligendo il concetto di soundscape. Che al cinema funziona alla grande, ma senza le immagini è solo tappezzeria musicale». Soprattutto, alla radice di questo percorso, Brossé individua un completo ribaltamento di paradigma psicologico: «Penso che i registi contemporanei, attraverso la musica, stiano attribuendo maggior libertà interpretativa allo spettatore, coinvolgendolo nella narrazione e richiedendogli, a differenza che in passato, di essere una figura attiva». In tale direzione convergono anche il ritmo sempre più serrato del montaggio cinematografico e i nuovi spazi concessi dallo streaming alla musica per immagini, «come i documentari naturalistici, che adoro: non hai dialogo ma soltanto bellissime scene e la musica a fare tutto il resto. Per un compositore è sensazionale». A evolversi, nei quattro decenni abbracciati dal suo percorso professionale, è anche l’approccio dei musicisti e delle orchestre, di cui gli preme sottolineare la progressiva apertura verso quella che per molti è una nuova musica classica, apprezzata anche da un pubblico giovanile che riempie le sale richiamato da un «linguaggio semplice, almeno a livello esteriore: non è necessario essere musicologi per amare questa musica».
SULLA BILANCIA delle cause e degli effetti di tale sviluppo, l’opera di Ryūichi Sakamoto carica il primo piatto con una rara sintesi idiomatica di Est e Ovest, «dall’impressionismo di Debussy e Fauré alla musica giapponese e cinese, come quella dei titoli di coda dell’Ultimo imperatore, affidata alla scala pentatonica e al timbro dell’erhu. Questi per me sono i fili rossi della sua scrittura per film». Una lezione fatta propria anche da altri compositori come Shigeru Umebayashi (autore, tra le altre, della colonna sonora per La foresta dei pugnali volanti), mentre da parte sua Brossé si dice influenzato non tanto dalla scrittura quanto dalla stessa personalità musicale di Sakamoto: «La sua musica ha un’ampiezza a 360 gradi, riusciva a spaziare in diversi domini musicali. Questo mi incoraggia e mi motiva a muovermi nella stessa direzione».
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