Il decreto che consentirà a Conte di convocare gli election days a settembre, tenendo negli stessi giorni le elezioni regionali, quelle amministrative e il referendum sul taglio dei parlamentari come pretendono i grillini, stava per mandare a casa tutto il governo. Che difficilmente avrebbe potuto riprendersi da una pesante sconfitta in senato. C’è stato bisogno di molta malizia e tanta velocità da parte dei senatori rossogialli nel rientrare in aula, per salvare la maggioranza ieri mattina in senato. E poi è stata necessaria quella fiducia che su un provvedimento in materia di elezioni non andrebbe mai messa. Alla fine, nell’aula di palazzo Madama svuotata da tutte le opposizioni tanto da rischiare la mancanza del numero legale, il decreto elezioni è stato convertito una manciata di ore prima della scadenza. Che sarebbe arrivata oggi, quando invece comparirà la legge di conversione sulla Gazzetta ufficiale.

VERSO MEZZOGIORNO il senatore Calderoli, vecchia volpe d’aula, ha bruciato sul tempo la richiesta di fiducia da parte del governo – una dimenticanza del sottosegretario che ha fatto la replica – e ha chiesto in anticipo una votazione per alzata di mano nel momento in cui moltissimi senatori della maggioranza erano fuori dall’aula. Il governo è andato sotto: le mani alzate erano evidentemente la maggioranza, tanto che la presidente Casellati ha detto chiaramente: «Mi sembra che il non passaggio agli articoli sia approvato». Avrebbe significato la bocciatura del decreto, cioè della legge che ha consentito di saltare le elezioni regionali e amministrative a maggio e a giugno e di spostarle in autunno. Un enorme problema giuridico, ma soprattutto un disastro politico, dal quale il governo probabilmente non sarebbe potuto uscire indenne. E così i senatori di maggioranza, che nel frattempo tornava di corsa in aula, hanno chiesto la controprova come da prassi quando si vota per alzata di mano.

MA QUESTA VOLTA – non accade mai – il voto elettronico ha clamorosamente rovesciato il risultato analogico, bocciando con appena tre voti di scarto il «non passaggio agli articoli» e quindi consegnando al governo la possibilità di chiedere finalmente la fiducia. E salvare così se stesso e il decreto.

COM’È STATO POSSIBILE? È successo che tra il momento in cui la presidente Casellati ha annunciato la controprova e l’effettivo voto elettronico sono trascorsi molti minuti. Il regolamento prevede invece che il secondo voto sia immediato. E con le porte dell’aula immediatamente chiuse proprio per evitare che entri a votare chi non c’era prima. Ma il regolamento non aveva previsto l’emergenza coronavirus, fatto sta che adesso i senatori partecipano alle sedute, e votano, anche dalle tribune, in alto sull’aula. Lì su, nel primo e nel secondo ordine, è stato impossibile controllare rigorosamente gli accessi, anche perché i senatori sistemati in quelle postazioni hanno bisogno di un tablet per votare e dunque c’è stato un lungo movimento di senatori e assistenti dentro e fuori le tribune. Alla fine la maggioranza si è salvata, tra le urla e le proteste dell’opposizione. Forza Italia ha chiesto alla presidente di visionare i filmati del circuito interno, perché era parso a tutti che nella votazione per alzata di mano le tribune erano rimaste vuote. Dopo una lunga sospensione, è arrivata una soluzione assai diplomatica: se dall’aula, in quei minuti concitati, non si vedevano i senatori nelle tribune è stato solo – ha detto la presidente – perché si stavano accalcando verso le porte per andare a prendere i tablet. In un solo caso è stata riconosciuta l’irregolarità, quello di una senatrice grillina che (con il tablet) aveva votato mentre era fuori dall’aula. Voto annullato ma risultato confermato e scarto in favore della maggioranza di appena due voti.

DOPO LA SOSPENSIONE, il governo ha posto sul provvedimento – che alla camera aveva dovuto superare l’ostruzionismo di Fratelli d’Italia – la prevista questione di fiducia. Non un dettaglio, visto che contro una legge elettorale approvata con la fiducia (quella di Renzi) i 5 Stelle hanno anche fatto appello alla Corte costituzionale. Anche in questo caso potrebbero essere stati solo due i voti a salvare l’esecutivo, quelli della senatrice Bonino e del senatore Richetti che hanno votato no senza confondersi con la destra uscita dall’aula. Per Calderoli il numero legale non è stato neanche raggiunto e la votazione andrebbe annullata. In ogni caso la fiducia incassata tanto faticosamente dal governo Conte è stata la più bassa di sempre. Appena 145 sì, undici in meno dell’ultima fiducia in senato di due settimane fa e soprattutto 16 voti meno della maggioranza assoluta senza la quale sarà difficile andare avanti.