Il pallottoliere conferma: 169 voti per la fiducia, un margine di 8 voti sulla maggioranza secca. Al Senato non è poco, tanto più se si tiene conto degli astenuti e degli aiuti che, in caso di difficoltà estrema, arriverebbero probabilmente da Forza Italia. In parlamento il governo Conte bis è solido, più di molti altri che pur potevano vantare una chiara affermazione elettorale.

È UN’ULTERIORE conferma del paradosso che accompagna la nascita di questo governo. La maggioranza si è formata quasi per caso, sotto la sferza della paura. È composta da partiti che faticano molto a superare le reciproche diffidenze e le ostilità di lunghissima data. La maggioranza parlamentare è limpida e la legittimità costituzionale del governo è indiscutibile, ma è anche vero che nel Paese il rapporto di forza è probabilmente capovolto. Eppure proprio un governo che sulla carta dovrebbe risultare debolissimo è stato accolto trionfalmente, ancor prima che nascesse, dai temuti mercati e gode di una solidità in parlamento maggiore di molti predecessori, inclusa al Senato la defunta maggioranza gialloverde.

Non è solo questione di spread e di voti parlamentari. Il governo per certi versi più esile che si sia insediato in tempi recenti è anche quello che si propone le mete più ambiziose. Il programma, come sempre in questi casi, sconta una inevitabile genericità. L’indicazione di fondo, la rotta che la nuova nave intende seguire è però chiara. La stella polare è la riconversione ecologica. Una politica ambientale radicalmente diversa che, nelle speranze del governo, dovrebbe riguardare non solo l’ambiente ma anche il lavoro, la creazione di occupazione, il rilancio dello sviluppo. La stessa speranza di un rapporto diverso con l’Europa implica soprattutto l’auspicio che la nuova Commissione possa accettare di non computare gli investimenti per il risanamento ambientale e la riconversione ecologica nel rapporto deficit/Pil.

È un orizzonte che, quanto a intenzioni o velleità di trasformazione, va molto oltre quello di qualsiasi altro governo precedente a eccezione del primo governo Berlusconi, nel 1994, che poteva però contare su un trionfo elettorale nelle prime elezioni della seconda Repubblica. In un certo senso Conte e la sua maggioranza non potrebbero muoversi con obiettivi più modesti, pena il confermare l’accusa leghista di voler solo restare «imbullonati alla poltrona». Le politiche ambientali e la riconversione del modello di sviluppo, inoltre, sono il principale, se non unico, terreno sul quale le forze di maggioranza registrano realmente, pur con notevoli zone d’ombra, quel «sentire comune» che nel dibattito parlamentare sulla fiducia è stato più volte invocato e affermato.

RESTA LA BIZZARRIA di un governo i cui elementi di fragilità sono evidenti e che tuttavia intende misurarsi con obiettivi estremamente ambiziosi. È una scommessa azzardata, che però può essere vinta dalla nuova maggioranza. Il governo può contare infatti su una contingenza estremamente favorevole in Europa, dovuta in parte alla crisi tedesca e a sprazzi di resipiscenza ma in buona parte proprio alla paura che Salvini ha suscitato non solo nel parlamento italiano ma in tutte le capitali europee e a Bruxelles. Gode del sostegno dei mercati, incubo di tutti i governi precedenti, e di una stabilità parlamentare derivata dalla coscienza condivisa che la sconfitta non significherebbe perdere una battaglia ma la guerra.

Gli elementi di debolezza sono però altrettanto marcati. Prima di tutto una divisione e una latente ostilità nella maggioranza, non solo tra i due partiti maggiori ma anche e forse soprattutto all’interno di ciascuno, che mal si concilia con il livello molto elevato del progetto e anche con la rischiosità implicita nella scommessa.

In secondo luogo un’ambiguità che è in fondo la stessa che ha portato alla morte del governo M5S-Lega e che ruota intorno a un ministero specifico: quello delle Infrastrutture. Proprio l’ambiguità sul modello di sviluppo e in particolare sulle infrastrutture ha provocato il collasso del primo governo Conte ed è di nuovo la vera bomba a orologeria che minaccerà in futuro la nuova maggioranza.

LA SCOMMESSA del nuovo governo non è affatto persa in partenza. Ma, tanto più con una raffica di elezioni locali potenzialmente deflagranti nei prossimi mesi, resta a massimo rischio. L’esito dipenderà in buona parte da quanto i protagonisti della nuova maggioranza si renderanno conto della difficoltà della partita e della portata della posta in gioco.