Sudafrica, un racconto noir intimo e collettivo
Scaffale «Il ventre» di Francesco Malgaroli, pubblicato da EllediLibro by Arpod
Scaffale «Il ventre» di Francesco Malgaroli, pubblicato da EllediLibro by Arpod
La sconfitta dell’African National Congress nell’ultimo confronto elettorale dopo trent’anni di maggioranza assoluta nel parlamento sudafricano ha certificato la crisi, in parte ben nota del movimento fondato da Nelson Mandela che, negli anni, ha assunto sempre più un posizionamento non del tutto coerente con le idee (e lo stile) del fondatore. Una sconfitta bruciante che rivela plasticamente le contraddizioni e la complessità di un paese come il Sudafrica capace di contenere nel suo corpo infinite differenze. Come spesso capita, la letteratura può arrivare in soccorso chiarendo senza semplificare, ma anzi unendo in maniera originale una serie di elementi anche sotto il segno del genere noir come sa fare nel suo ultimo romanzo Francesco Malgaroli con Il ventre (EllediLibro by Arpod, pp. 327, euro 19).
PROFONDO CONOSCITORE della politica e della società sudafricana, l’autore ha seguito per circa un trentennio il movimento anti apartheid e proprio da quelle cronache capaci di intrecciare vita quotidiana e politica prende vita Il ventre. Narrare un momento storico per il Sudafrica, ma anche le innumerevoli minime storie che vi furono legate ha portato Malgaroli a dare vita a una storia che ha nella sua struttura il racconto classico e avvincente di un crime ambientato negli anni Novanta, quando tutto sembra sull’orlo di esplodere: la società sta mutando, ma il cambiamento sta anche portando in luce inedite contraddizioni. Protagonista del romanzo è un ex commissario, afrikaner e bianco la cui esistenza è un garbuglio di errori e sconfitte, sia dal punto di vista personale che professionale.
Pius Graaff rappresenta in qualche modo la sconfitta e il tentativo di riscatto di una nazione sempre in bilico tra liberazione e senso di colpa, il tutto all’interno di una violenza difficilmente riducibile.
LA MORTE TRAGICA e atroce di un bambino di dieci anni si trasforma così nell’occasione per Graaff di ritrovare un senso per sé e per la propria storia. Malgaroli ha una lingua diretta, rapida, a tratti velocissima, che non perde tempo, ma che sa mettere a fuoco il proprio soggetto con occhio fotografico, dando forma a immagini efficaci e potenti.
Un paese a fine corsa e un paese che rinasce, un contrasto difficile da affrontare, ma importante e decisivo da raccontare. L’autore affida a Graaff la voce e l’inquietudine di una parte sbagliata che fu dominante e feroce e che dovette assumersi per la prima volta la responsabilità di una restituzione. L’indagine, più o meno consona, a cui si dedica Graaff diviene così l’ultima vera possibilità di un riscatto civile e morale, intimo e collettivo.
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