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Successo e mugugni, le lettere editoriali di Dino Buzzati

Successo e mugugni, le lettere editoriali di Dino BuzzatiDino Buzzati, «Il babau», 1957

Novecento italiano Per il 50° della morte dello scrittore di Belluno, Fondazione Mondadori pubblica a cura di Angelo Colombo la corrispondenza 1940-1972 con Arnoldo e Alberto Mondadori

Pubblicato più di un anno faEdizione del 19 marzo 2023

A oltre cinquant’anni dalla scomparsa di Dino Buzzati la sua figura si viene sempre più delineando in maniera definita, soprattutto in funzione dei testi postumi che, di volta in volta, trovano accoglienza in raccolte organiche. Si pensi, tanto per fare qualche esempio, alla «Nera», alle Cronache fantastiche o Con il papa in Terrasanta che riuniscono contributi apparsi sul Corriere della Sera e altri periodici, assemblati da Lorenzo Viganò facendo opportune ricerche di archivio. Esce ora, ben curato da Angelo Colombo di cui va segnalato il meticoloso saggio introduttivo, Il romanzo, «la stessa mia vita» Carteggio editoriale Buzzati-Mondadori (1940-1972) (Fondazione Arnoldo e Alberto Mondadori, pp. 408, € 24,00) che documenta il rapporto che legò l’autore bellunese alla casa editrice di Segrate dal ’40 appunto fino alla morte, raccogliendo parte del materiale presente nell’Archivio storico Mondadori.

Il primo titolo proposto, a un paio d’anni di distanza dal Deserto dei Tartari, edito da Longanesi nel 1940, fu la raccolta di racconti I sette messaggeri, accolta nella collezione «Lo Specchio. I narratori del nostro tempo» mentre l’ultimo, Le notti difficili, con riprodotta in copertina l’immagine del «babau» che sorvola la città addormentata, venne pubblicato nella collana «Scrittori italiani e stranieri» poco prima della morte dell’autore, avvenuta nel ’72. Buzzati, in una lettera indirizzata a un’amica, si lamentò del fatto che quest’ultimo libro non fosse stato accolto, come i precedenti, nelle «Opere di Dino Buzzati», facenti parte della collana «Narratori italiani».

Tra i due estremi una serie di nuovi titoli e ristampe, di cui il carteggio rende testimonianza, basandosi sui rapporti di Buzzati con Arnoldo Mondadori e il figlio Alberto, nonché con il poeta Vittorio Sereni, direttore letterario. Per motivi di carattere anagrafico si creò con Alberto un rapporto più confidenziale, anche se le lettere presentate non sono esenti da certo formalismo, facendo riferimento quasi esclusivamente a questioni di carattere editoriale. Lo stesso Buzzati, generalmente brioso e divertente negli scambi epistolari che si conoscono, sembra risentire del sussiego dei propri interlocutori, non uscendo mai dal seminato e concentrando le proprie riflessioni al mero ambito professionale. Molto differente è il carteggio con Neri Pozza, editore vicentino con il quale pubblicò, su licenza della Mondadori, la raccolta miscellanea In quel preciso momento presentata in due differenti versioni: nel 1950 con particolare dal Pinturicchio e, in forma arricchita, nel ’55, con disegno di Callot a contrassegnare le relative sovracoperte (in quella stessa collana «Narratori moderni italiani» videro la luce Il ragazzo morto e le comete di Parise nel ’51 e Il primo libro delle favole di Gadda nel ’52). Con Neri Pozza si instaura un rapporto quanto mai amichevole, documentato dal registro ameno delle lettere che si scambiarono, laddove il confronto sul versante editoriale si stempera in toni più rilassati che non disdegnano divagazioni ironiche o surreali. L’editore vicentino e la moglie Lea Quaretti saranno d’altronde testimoni delle nozze con Almerina, avvenute a Milano l’8 dicembre 1966.

Si passano in rassegna, cadenzate di volta in volta dalle singole missive, le vicissitudini legate alla storia editoriale di Buzzati: dall’approccio di Arnoldo del settembre 1940 quando l’autore si trova imbarcato a bordo dell’incrociatore Gorizia a Taranto come corrispondente di guerra del Corriere alla succitata pubblicazione dei Sette messaggeri, dalla ristampa del Deserto dei Tartari, alle difficoltà incontrate per l’allestimento della nuova edizione della Famosa invasione degli orsi in Sicilia, originariamente uscita per Rizzoli nel ’45 e ristampata da Martello nel ’58. La favola sarà accolta nel catalogo Mondadori solo dopo la scomparsa dell’autore. Gli editori sollecitarono a più riprese lo scrittore per pubblicare un romanzo che, in qualche modo, confermasse il successo ottenuto con il Deserto dei Tartari, ristampato nel 1945 in due collane diverse: «Lo Specchio. I narratori del nostro tempo» e «La Medusa degli italiani». L’autore dovette effettuare il lavoro inverso di ripristino del «lei», come figurava nella versione originaria del romanzo, rispetto al «voi» imposto dal fascismo che contrassegna l’editio princeps longanesiana, incombenza della quale si occupò l’amico Arturo Brambilla su incarico dello stesso Buzzati che si trovava in Africa.

Si dovette approdare al 1960 per vedere pubblicato il romanzo fantascientifico Il grande ritratto, in quanto Buzzati si concentrò in quegli anni soprattutto nella stesura di racconti, licenziando le raccolte Paura alla Scala (1949), Il crollo della Baliverna (’54), Sessanta racconti (’58), cui seguiranno Il Colombre (’66), La boutique del mistero (’68) e il succitato Le notti difficili. Bisogna inoltre ricordare la pubblicazione nel ’53 nella «Medusa degli italiani» della pièce teatrale Un caso clinico che riprendeva il racconto Sette piani e che fu rappresentata due anni dopo al Théâtre La Bruyère di Parigi con il titolo Un cas intéressant, con regia di Georges Vitaly e traduzione e adattamento di Albert Camus.

Buzzati non fu soddisfatto della maniera di promuovere Il grande ritratto, come documentato dalla lettera «di mugugno» inviata ad Alberto in data 22 febbraio 1961, in cui si contesta in fatidici quattro punti l’operato dell’editore: «Ritardo nella ristampa del Grande ritratto», «Scarso lancio del libro», «Disinteresse dell’editore verso di me», «Assurdità del contratto». Il narratore bellunese imputava alla Mondadori la gestione deficitaria di un testo su cui faceva molto affidamento. Nel 1963 esce il controverso romanzo Un amore, definito dall’autore «la stessa mia vita», a proposito del quale Alberto, memore delle pregresse rimostranze, tende a blandire, a rassicurare il suo interlocutore: «Caro Dino, avrai il lancio strepitoso. (…) È un privilegio raro per un editore, che un autore tanto riservato, tanto discreto, tanto schivo come te, gli abbia lasciato intravedere un lato così segreto di sé». Ma i riscontri maggiori, anche se non sul piano critico, si ebbero con la pubblicazione del Poema a fumetti (1969), sorta di riscrittura in chiave moderna del mito di Orfeo ed Euridice (i protagonisti si chiamano Orfi ed Eura), i cui modelli furono il pittore Antonio Recalcati e la moglie Almerina. Con questo titolo Buzzati anticipa il graphic novel, come sottolineato ora in Buzzati Album di una vita tra immagini e parole a cura di Lorenzo Viganò, uscito nella collana «Oscar Moderni Baobab» di Mondadori (pp. 420, € 30,00). Il lavoro, ragguardevole non solo sul piano iconografico, riprende e integra il precedente Album Buzzati, allestito nel 2006 in occasione del centenario della nascita (ma si potrebbe citare en passant lo splendido Pianeta Buzzati, stampato per le Edizioni Apollinaire nel ’74). Viganò ricostruisce sapientemente la biografia di Buzzati attraverso un numero rilevante di immagini, accompagnandole con brani tratti dalla sua opera e dalle sue agende, spesso inediti. In calce al volume figura un’appendice a colori contenente alcuni esempi dell’arte figurativa buzzatiana.

Non resta che segnalare I miracoli di Val Morel, sempre nella stessa collana mondadoriana (pp. 120, € 20,00), con prefazione di Indro Montanelli e postfazione del medesimo Viganò, che presenta in nuovo formato l’eponimo lavoro apparso per Garzanti nel ’71 (ma esiste un’edizione del ’70, apparsa presso la Galleria del Naviglio di Milano, che reca il titolo Miracoli inediti di una santa), incentrata su trentanove ex voto approntati dopo una serie di miracoli immaginari di Santa Rita da Cascia. La penna e i colori di Buzzati qui si sposano a meraviglia, riuscendo a trasformare le tavole realizzate P.G.R. in manufatti surreali e spiritosi, tanto che Montanelli scrisse: «Si proponeva di comporre un album di scherzi, e invece ha scritto con il pennello la sua poesia più bella. Vi ha preposto una spiegazione che vorrebb’essere una burla, e che invece è uno dei suoi più magici racconti».

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