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Su vaccini e controllo, l’antidoto è nella politica e nel conflitto sociale

Su vaccini e controllo, l’antidoto è nella politica e nel conflitto socialeMurales – Welinoo

Opinioni Senza la garanzia della estensione globale della tutela della salute e della sicurezza collettiva, emergono forme di auto-organizzazione aristocratica dei poteri

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 29 luglio 2021

Chi sono oggi i cittadini più sacrificati e minacciati nella pandemia? I liberi pensatori che non vogliono sottomettersi a pratiche che definiscono «sovietiche» quali il Green pass?

Come fanno intendere Massimo Cacciari e Giorgio Agamben nella loro lettera in difesa dei diritti violati dalle decisioni governative,o i malati, alcuni dei quali, con percentuali che variano ma restano comunque instabili, diventano deceduti?

La domanda mi pare inevasa nel dibattito, soprattutto a sinistra. I tremori dei sindacati, dinanzi alla prospettiva di vaccinazioni di massa sul posto di lavoro, fanno capire come il tema risulti assolutamente contrastato e incerto nella base sociale più organizzata del movimento del lavoro.
Vengono al pettine nodi che da mesi, fin dall’inizio della pandemia, sono stati esorcizzati ed accantonati a sinistra. E forse ancora da molto prima. In sostanza si riaffaccia, con una crudezza e inesorabilità la discussione sul dualismo fra diritti e conflitti che da molti anni sta deviando e deformando l’identità stessa dell’idea di sinistra.

La pandemia ha reso ineludibile sciogliere questo nodo. Fino ad oggi ci eravamo illusi di poterne farne a meno. I vaccini avrebbero risolto il problema per noi, ci siamo illusi, ripristinando la situazione ante contagio. Non è così. Da tempo una scuola di pensiero scientifica ci sta spiegando che viviamo non una crisi, come scrive Andrea Crisanti nel libro Caccia al virus (Donzelli) che abbiamo scritto nella primavera scorsa, che prima o poi finirà, ma una transizione che ci accompagna in un nuovo mondo.

Un mondo in cui l’endemicità della minaccia di contagio ci porta a riorganizzare le principali forme di convivenza sociale, dal lavoro alla scuola, per ridurre, mitigare dicono gli esperti epidemiologi, la forza del virus.
Premessa di questa riorganizzazione è l’estensione, su scala globale, e non solo nel salotto di casa o nel centro storico della propria città, della tutela della salute e della sicurezza collettiva. Senza questa garanzia gli Stati perdono autorevolezza e riconoscimento ed emergono medievali forme di auto-organizzazione aristocratica dei poteri.

Lo sbandamento culturale a sinistra su questi temi ci mostra da una parte come ormai non ci siano zoccoli duri nell’identità sociale e politica del fronte democratico e progressista, e dall’altro come si proceda al buio nelle decisioni del momento. Il movimento No vax, per la sua grottesca e caricaturale posizione tardo complottarda non produrrebbe alcun effetto sulla scena se non riuscisse a catturare, o almeno a provocare, pretesti per distinguo consistenti nel campo opposto.

Le posizioni di Cacciari e Agamben sono un esempio, ma più in generale veniamo da un silenzio generale della sinistra su temi fondamentali. Pensiamo alla vicenda di Immuni che langue sui nostri telefonini, mentre in Inghilterra l’app locale ha contribuito fortemente a frenare e rintuzzare il ritorno di fiamma delle infezioni. Immuni nasce morta anche perché a sinistra si era levata la voce di chi temeva il grande fratello, paventava l’allestimento di un data base per controllare ogni nostro passo che poi avrebbe usato Salvini tornato al ministero degli Interni.

Questo mentre gruppi privati, che vendono tanto al chilo le proprie informazioni a chiunque, scannerizzano ogni atto della nostra vita, mappando movimenti, destinazioni, e attività, e dunque anche preferenze politiche e culturali, di ognuno di noi. Su questo silenzio assoluto, sul fatto che Immuni non abbia potuto ridurre la mattanza di vittime che abbiamo avuto fra la prima e seconda ondata nessun commento.

Ora assistiamo ad un’inversione dei valori. La destra, tradizionalmente statalista e autoritaria, abbraccia l’anarco individualismo e si fa avanguardia di una richiesta di meno Stato e meno tutele collettive, la sinistra, timidamente si nasconde dietro ai decreti del governo del momento per chiedere almeno una strategia legittima e legale.

Se siamo, come ci dicono gli scienziati più accreditati, solo nella fase iniziale di un periodo di vari anni, in cui convivere con il virus, come vogliamo acconciarci? Possiamo riverniciare il darwinismo sociale che è sotteso alla richiesta di ognuno per sé e Dio per tutti che viene sollecitata dalle più diverse forze neo liberiste o vogliamo darci una bussola per spingere la riorganizzazione sociale in una direzione più inclusiva e democratica? Il motore di questa seconda scelta non sono la codifica di diritti individuali ma l’innesto di conflitti sociali in grado di controllare e negoziare i processi terapeutici e tecnologici.

Vaccini e algoritmi sono oggi i due principi del sapere che si propongono come base di un nuovo potere, tendenzialmente privatistico, che tende a sostituirsi allo spazio pubblico. La sinistra deve invece ricostruire proprio uno spazio pubblico, che sia il punto finale di un processo di relazioni e patti sociali che assorbano vaccini e piattaforme in un modello inclusivo di tutela e gestione delle relazioni comunitarie, di auto-organizzazione territoriale, in cui riprenda forma una soggettività politica forte.

Le prossime elezioni per il sindaco nelle grandi città, possono essere da questo punto un banco di prova. A condizione che quel patto di omertà che sta escludendo il nodo della pandemia dalla campagna elettorale sia rotto: cosa pensano di fare a Napoli, Roma, Milano e Torino i candidati del centro sinistra? Quale forma urbana vogliono proporre, visto che il sindaco è il responsabile della sanità nelle città? Sarebbe un modo per dare la parola alla politica per rispondere alle domande dei filosofi.

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