Studenti, precari e nuovi poveri. Come cambia il voto a sinistra
Europee 2014 In Grecia e Spagna le proteste contro l’austerity hanno premiato Syriza e Podemos. E sembrano indicare il ritorno di un «voto di classe»
Europee 2014 In Grecia e Spagna le proteste contro l’austerity hanno premiato Syriza e Podemos. E sembrano indicare il ritorno di un «voto di classe»
Alle elezioni del 25 maggio scorso la Sinistra Europea, pur non riuscendo ad imporsi come terza famiglia politica continentale, è decisamente avanzata.
Ma chi sono gli elettori che hanno votato per la proposta d’alternativa dei partiti del Gue/Ngl? Anzittutto, si conferma una tendenza già nota: in Europa la sinistra radicale raccoglie consensi sopratutto nel ceto medio riflessivo, altamente scolarizzato e ben informato; quello che non vota con la pancia e non è perciò sensibile al binomio paura-ordine. Un elettorato di nicchia, che non è più quello tradizionale della sinistra comunista, ma semmai quello tipico della sinistra radicale «rifondata», ibridata con il pensiero femminista, ecologista e altermondialista. Una sinistra che deve competere con grandi partiti socialdemocratici e sconta limitate capacità di mobilitazione del corpo sociale, per via di strutture organizzative deboli e poco ramificate e dell’esclusione dai flussi della comunicazione di massa.
Tuttavia, in parziale contrasto con questo dato generale, emerge dal voto anche una seconda tendenza, strettamente legata allo scoppio della crisi economica e alla proletarizzazione delle classi medie: nei paesi in cui la società è più vivace e mobilitata contro le politiche d’austerità, il messaggio della sinistra radicale esce dal perimetro del ceto medio riflessivo, consentendo ai partiti del Gue di allargare la loro base sociale, radicandosi anche presso i ceti medi impoveriti dalla crisi e le classi basse.
Ciò è avvenuto con particolare forza in Grecia e Spagna, dove la protesta contro l’austerità è esplosa con maggiore intensità. Nel 2004, Syriza raccoglieva appena il 3,4 per cento dei consensi, ottenuti essenzialmente fra i giovani tra i 30 e i 40 anni, inurbati e con un alto livello d’istruzione mentre oggi, a conclusione di un ciclo di lotte che ha scosso la società greca, la base sociale del partito include non più solo studenti e giovani precari ma anche settori ampi della classe lavoratrice, e rappresenta fasce d’età diversificate, compresa quella dei pensionati. Syriza è divenuta maggioritaria anche nei quartieri più poveri di Atene e di altre grandi città, che costituiscono le aree del paese in cui gli effetti della crisi economica sono più devastanti. Il suo allargamento è avventuto soprattutto a spese del Pasok, il partito di centrosinistra che oggi è imploso, punito per aver portato il paese al collasso. Basti pensare che ancora nelle elezioni europee del 2009 il Pasok vantava il 36,7 per cento dei voti, mentre nel 2014 ne conta appena 8,4 per cento. Dall’inizio della crisi, anche il Kke, partito comunista ortodosso, gerarchico e chiuso, vede la lenta erosione della propria base sociale, peraltro ormai costituita prevalentemente da pensionati. L’8 per cento raccolto nel 2009 si è trasformato nel 6 per cento con una certa migrazione di consensi verso Syriza, che con il 26,6 per cento dei suffragi ha ormai assunto il volto della sinistra popolare europea pre-anni ’90.
Tendenze simili si riscontrano anche in Spagna, dove, dall’inizio delle proteste contro l’austerità, Izquierda Unida ha continuato ad espandere i propri consensi, fino a quasi triplicarli rispetto al 2009 (3,7 per cento) con il 10 per cento del 25 maggio. Si può ragionevolmente ipotizzare che Izquierda Unida abbia attratto una parte consistente dell’elettorato che un tempo votava per il Psoe, il quale, a causa delle scelte pro-austerità, è calato del 15,5 per cento rispetto al 2009.
Il secondo elemento che rende rilevante il caso spagnolo – mettendo in evidenza il legame tra politicizzazione del corpo sociale e voto a sinistra – è la nascita (e il successo) di Podemos, il nuovo partito creato da alcuni gruppi di base che avevano animato il movimento degli Indignados. In soli quattro mesi di vita Podemos ha ottenuto l’8 per cento dei voti a livello nazionale, raggiungendo punte del 14 per cento nelle Asturie, del 11,3 per cento nella regione di Madrid e imponendosi in ben cinque regioni come terzo partito. La presenza di Podemos sembra aver contribuito a frenare l’astensionismo in aree in cui si prevedeva una bassissima affluenza alle urne. Questo significa che il partito è riuscito a riattivare settori sociali in fuga dalla politica che non si riconoscevano in nessuna delle formazioni esistenti. Inoltre, come pure Izquierda Unida, nelle grandi città Podemos è stato votato soprattutto nei quartieri poveri e più colpiti dalla crisi dove si registrano i più alti tassi di disoccupazione (mentre i residenti nei quartieri ricchi hanno votato compattamente per il Partito Popolare). Questo nuovo partito ha anche catalizzato il voto giovanile, raccogliendo ampi consensi tra i ragazzi con meno di trent’anni, ma non solo: con il suo appello post-ideologico, Podemos è riuscito a rastrellare voti nella base del Psoe (è nei distretti urbani dove il Psoe è calato maggiormente che Podemos è stato più votato).
Se gli sviluppi in Grecia e Spagna sembrano indicare un ritorno del «voto di classe», nei paesi in cui la protesta contro l’austerità è rimasta bassa e la sinistra partitica è organizzativamente debole, la sinistra d’alternativa ha faticato ad affermarsi (Italia), è rimasta stabile (Germania e Francia), o è decisamente retrocessa (Portogallo) e rimane legata ad una base sociale altamente scolarizzata e perlopiù composta da lavoratori cognitivi.
In Francia, il Front de Gauche ha sì portato al voto il proprio elettorato, già fortemente indentificato, ma non ha intercettato neppure una parte di quel 58 per cento di elettori del Ps di Hollande che ha scelto l’astensione. Il malcontento legato alla crisi è stato catalizzato dal Front National, che ha mobilitato gli strati sociali più deboli – operai (43 per cento), lavoratori salariati (29 per cento), disoccupati (37 per cento), e persone con un livello d’istruzione inferiore al diploma (37 per cento) – depoliticizzandone le domande: ben il 64 per cento dichiara di aver votato Le Pen allo scopo di fermare l’immigrazione (dati Ipsos).
Infine in Italia la neonata lista «l’Altra Europa» – penalizzata da un forte oscuramento mediatico – è stata votata prevalentemente da giovani di età compresa tra i 18 e i 34 anni, laureati o diplomati, con una chiara collocazione a sinistra, che usano la carta stampata e internet come principali fonti d’informazione. Quanto alle categorie professionali dei votanti, si è trattato prevalentemente di studenti, impiegati e insegnanti (dati Ipsos). In sostanza, il profilo sociale di questa nuova formazione politica ricorda quello della Syriza degli esordi.
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