Il puro piacere di maneggiare la materia, tra giocosità e maniacalità, per trasformare oggetti del quotidiano in opere d’arte è alla base del linguaggio artistico di Stefano Arienti (Asola, Mantova 1961, vive e lavora a Milano) fin dai suoi esordi, a metà degli anni ’80. «Mentre gli artisti maschi della Transavanguardia urlavano, lui procedeva senza protervia, silenziosamente. Studiava virologia vegetale alla facoltà di agraria e faceva i suoi primi lavori», afferma Fabio Cavallucci, curatore della mostra Altana (fino al 31 gennaio). Pacchetti, Ondine, galleria Claudio Poleschi Arte Contemporanea San Marino (ph Manuela De Leonardis) REALIZZATA nell’ambito di «SM-Art. Sensibilità artistiche...