Stromboli ’49, lo sguardo di Patellani
Fotografia Da Humboldt Books un libro che raccoglie gli scatti del fotografo per «Tempo», sul set del film di Roberto Rossellini con Ingrid Bergman
Fotografia Da Humboldt Books un libro che raccoglie gli scatti del fotografo per «Tempo», sul set del film di Roberto Rossellini con Ingrid Bergman
Nuova pubblicazione legata al cinema della casa editrice Humboldt Books è Stromboli 1949, libretto che raccoglie una serie di fotografie che Federico Patellani (1911-1977) aveva scattato per il settimanale Tempo, come servizio dedicato a Roberto Rossellini e Ingrid Bergman durante le riprese del film Stromboli – Terra di Dio (1950).
Come raccontano Kitti Bolognesi e Giovanna Calvenzi (gli altri contributi scritti nel volume sono di Alberto Bougleux e Goffredo Fofi), Patellani «a Stromboli aveva pensato e lavorato in grande, realizzando circa trecentocinquanta immagini in bianco e nero, di grande e medio formato, e una sessantina a colori. Si era mosso con dimestichezza sul set, registrando i momenti di lavorazione, le pause, i paesaggi, gli abitanti dell’isola che avevano partecipato alle riprese e quelli che avevano osservato. Aveva realizzato poi una serie di ritratti di Bergman e Rossellini, da soli o insieme, diventati in seguito vere e proprie icone».
In un suo testo uscito nel 1943 dal titolo Il giornalista nuova formula (lo si trova consultabile e scaricabile online), Patellani elabora un discorso che potremmo definire il suo pensiero sul giornalismo fotografico, arrivando ad invocare una sorta di necessità di avvicinamento al linguaggio del cinema, in virtù delle sue potenzialità «di selezionare ed analizzare i valori successivi di ogni atteggiamento e di ogni movimento dell’uomo, delle macchine che egli ha creato e di tutto ciò che vive attorno a lui.» Chiaro, niente di più semplice a dirsi e, allo stesso tempo, difficile a farsi. In sintesi, per il nostro, si poteva trattare di riuscire a catturare un’idea di realtà visiva in grado di riflettere e mantenere uno sfondo complesso. In merito, le foto del set rosselliniano possono fungere da buon esempio. Ci sono i personaggi principali, sia isolati sia in coppia, e poi c’è il set, e infine il set del set, ovvero quelle digressioni che si rivelano squarci nel contesto locale. Ma in ogni foto, al di là della possibilità di estrarre una o più informazioni – ciò che potremmo definire la funzione giornalistica – c’è, spesso, anche un di più che l’occhio può cogliere. Si guardi per esempio a certi istanti in cui il divertimento delle persone di fronte alla macchina fotografica viene reso in forma surreale da chi era dietro quella, cioè Patellani (le foto 73, 75 e 77).
Niente di apparentemente più lontano dall’estetica che, in genere, si associa al cineasta. E invece, quelle immagini sono indice di qualcosa che è esistito e che, in un certo senso, arricchisce il nostro immaginario sul cinema di Rossellini.
Oggi, fare fotografia è certamente un’altra storia. Eppure, la vecchia lezione di Patellani può risultare ancora utile, nella misura in cui la commissione, quando rima con costrizione, può permettere una sperimentazione dentro questo o quel genere, cosa che la postmodernità non garantisce a priori.
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